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Il vento di settembre mi scompiglia i capelli, e mi accompagna mentre cammino per andare andare a scuola.

Mi è rimasto un solo anno. Un anno e poi non farò più tutti i giorni questa strada a piedi. Non so se provare nostalgia o sollievo, ho sempre amato andare a scuola ma l'idea di cambiare mi elettrizza.

Arrivata all'ingresso mi appoggio ad un muretto e caccio una sigaretta dal pacchetto.
Ho preso questo brutto vizio, un paio di anni fa, credevo che provare non portasse a nulla. E invece eccomi qui.
Mi tasto le tasche in cerca dell'accendino, ma non lo trovo, e mi maledico mentalmente per non essermelo portato.

Prima che io possa riposare la sigaretta nel pacchetto, un ragazzo mi allunga un accendino.
Ha i capelli mossi, castani, e di quel colore sono anche gli occhi. Lo riconosco subito, si chiama Mario.

Mia madre mi racconta sempre che da piccoli eravamo inseparabili. Però lui ha sempre avuto problemi con gli assistenti sociali, e si è trasferito a Milano per un po'.

È tornato da un paio di mesi, e da allora sembra essere il più popolare della scuola, e pensare che è cominciata solo oggi. Solo per il fatto che fa rap, riscuote un sacco di successo tra le ragazze, che sembrano cascare tutte ai suoi piedi.

"Grazie." Accenno un sorriso per poi restituirgli l'accendino.
Lui non risponde e continua a fumare in silenzio, e così anche io.

Sento la campanella suonare, e nel mentre getto il mozzicone, arriva Sara, mia compagna di banco inseparabile.
"Dai Bea su andiamo altrimenti facciamo tardi." Mi trascina su per le scale per andare a lezione.
"Ma perché stavi con Mario?"
"Mi ha chiesto l'accendino." Le spiego.

Attaccata al muro, mi perdo a vedere la meravigliosa Genova dalla finestra. Il sole batte sulle vetrate e riflette ovunque, sembra quasi estate. La realtà però mi colpisce duramente appena la professoressa mi richiama, riportandomi a pensare che dovrò passare 9 mesi lì dentro.

A ricreazione per svagarmi decido di fare un giro fra i corridoi. Sovrappensiero finisco addosso a qualcuno.
"Oh scusami non-"
"Oltre all'accendino hai perso anche il senso dell'orientamento?"
Alzo lo sguardo ed è ancora lui.

Divento paonazza e non so cosa rispondere.
"Non ti avevo visto." Ammetto mettendomi le mani nelle tasche, vorrei scomparire nella mia felpa.

"La prossima volta fa più attenzione-" Viene interrotto.
"Mario andiamo a fumare in bagno?" Gli balza sulle spalle un ragazzo, sicuramente suo amico.
Io prendo la palla al balzo e mi defilo per tornare in classe.

All'uscita Sara mi accompagna a casa in macchina. La sua 500 mi riaccompagna a casa da quando ha preso la patente, è diventata routine.
Adoro la sensazione del finestrino abbassato e del vento tra i capelli, mi mette di buon umore.

"Bea, usciamo stasera? C'è una serata in centro, dobbiamo assolutamente andare." Mi supplica facendo gli occhioni e io acconsento.
"Va bene però mi vieni a prendere." Mi fa la linguaccia e se ne va.

-

Guardo allo specchio il vestito corto nero, non convinta della mia scelta. Mentre sto per cambiarmi sento squillare.
"Bea sto qua sotto!"  Mi appare il messaggio di Sara sul telefono. Abbandono l'idea di cambiare outfit, metto di fretta un paio di tacchi e prendo una borsa per poi precipitarmi all'uscita.

Non vedo la macchina di Sara e mi guardo un po' intorno, fino a che non sento un clacson suonare.

Salgo sull'auto nera, e vedo lei sul posto del passeggero davanti e un ragazzo, Andrea, suo fratello.
"Sei finalmente tornato da Milano." Saluto Andrea e lui ricambia.
"È un piacere rivederti, peste."

Io, Andrea e Sara, siamo una squadra inseparabile. O quasi. Andrea è andato all'università, quindi diciamo che per un po' ci siamo separati eccome.

Arrivati si vede già il locale che straripa di gente, e in quel momento mi cominciano a venire i dubbi sul perché io abbia accettato di andare.
Ad ogni modo, ci facciamo largo tra le persone e riusciamo ad entrare.

"Tu cosa bevi?" Mi domanda Andrea all'orecchio perché il volume della musica è troppo alto.
"Un gin lemon." Rispondo avvicinandomi a lui e lo vedo ridacchiare.

Mi passa il drink, e lo guardo incuriosita.
"Perché ridi?"
"Pensavo fossi una tipa più snob."
"Pensa che ho preso un gin lemon solo perché mi sembrava poco elegante prendere una birra." Gli rivelo all'orecchio e scoppia in una risata più fragorosa.
"Così mi piaci."

Mi guardo intorno, e riconosco al bancone Mario, che siede da solo.
Con il pretesto di dovermi riprendere il drink mi avvicino al bancone e mi siedo allo sgabello, accanto a lui.
"L'alcol peggiora il senso dell'equilibrio." Dice freddamente dopo avermi riconosciuta.
"Il ghiaccio ti continua a raffreddare Mario."

"Sono Beatrice." Fa mente locale e mi passa il drink che nel frattempo ho ordinato.
"Abitavamo sulla stessa strada." Continuo a dire e gli scatta la lampadina.
"Sì mi ricordo di te."

"Sei sempre così imbronciato?" Gli domando poggiando il bicchiere vuoto sul bancone.
"Ti hanno mai detto che sei invadente?"
Alzo le mani in segno di resa.
"Ho fatto una domanda." Ribatto.

Non risponde e finisce anche lui il suo drink e si allontana, per andare verso le pista.
Io prendo un secondo cocktail e nel mentre si siede accanto a me un ragazzo evidentemente alticcio.

"Ti posso offrire da bere?" Biascica allungando le mani verso di me.
Non gli rispondo e mi scanso, ma lui mi attira a sé prendendomi per i fianchi.
"Ma che fai, la smetti?" Mi dimeno ma non sembra lasciarmi andare.

"Ti ha detto che la devi lasciare perdere." Mario lo spinge e lui alza le mani per poi subito girare i tacchi e andarsene.
"Grazie."
"Vuoi uscire un po' fuori?" Annuisco e mi accompagna all'uscita.

Mi passa una sigaretta e mentre mi sta per dare l'accendino, gli mostro il mio.
"Questa volta ce l'ho." Dico abbozzando un sorriso e per la prima volta lo vedo ridacchiare.
"Devi stare attenta quando rimani da sola." Mi bacchetta espirando il fumo.

"Era tutto sotto controllo."
"Non mi sembrava." Ribatte.
Faccio un tiro, e lo osservo attentamente. La luce della luna lo illumina e mi fa notare molte più sfumature di quante ne avessi notate stamattina.

Ha un'aria scontrosa, ma mi sembra solo una copertura. Altrimenti non si sarebbe nemmeno posto il problema di aiutarmi.

Annuisco e rimango in silenzio.
Nel mentre vedo uscire Andrea e Sara.
"Andiamo vi riaccompagno." Dice Andrea e squadra dalla testa ai piedi Mario.
"Ciao, grazie." Lo saluto con un cenno della mano e ci allontaniamo.

Il viaggio in macchina è silenzioso, e io appoggiata con la testa al finestrino mi sto per assopire.
"È stato un piacere rivederti." Mi dice Andrea e io accenno un sorriso.
"Anche per me, grazie della serata." Saluto entrambi e scendo dalla macchina.

Aspetto che la macchina riparta e mi appoggio alla porta di casa, per accendermi la mia solita sigaretta.
Ripenso alla serata, a Mario, e mi sorgono molte domande a cui non so dare una risposta.
Perché è così misterioso, chiuso, scontroso?
Senza accorgermene è finita un'altra sigaretta, getto il mozzicone e rientro, lasciando fuori anche quei pensieri.

WILD//TeduaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora