Capitolo 20

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Chloe

«Accetto!»
Avevo accettato.
E ne ero felicissima.
Dopo il racconto di Noah riguardo a Julie io ho capito. Ho capito perché cercasse di allontanarmi, perché mi evitava. Perché voleva che io lo odiassi.
Non posso credere che suo padre sia potuto arrivare a tanto solo per averlo disubbidito.
Mi pento di tutto, ora!
Di averlo attaccato, insultato. Non potevo immaginare che uno stronzo così potesse avere un'infanzia dolorosa al punto da farlo diventare come il suo aggressore.
Lui non è uno stronzo. È solo un ragazzo che crede di portare dolore nelle vite di chiunque gli si avvicini. Si sbaglia.
Io mi sento protetta.
Al sicuro.
E ora il motivo è più chiaro.
Il bambino con cui giocavo sempre.
Che mi faceva sorridere nonostante il mondo intorno a me mi distruggesse.
Mi proteggeva in segreto dagli altri che dopo la loro "conversazione" con il mio amico non mi guardavano più nemmeno in faccia.
Per tutto questo tempo era....lui.
Noah mi ha sempre protetto.
Mi ha sempre pensato.
Mi ha sempre amato.
E per questo dopo il mio incontro con James ho fatto il grande errore di ignorarlo e allontanarmi da lui.
E me ne pento tantissimo.
Se fossi stata con lui, forse, la sua vita sarebbe stata più leggera.
Invece, l'ho abbandonato e ha dovuto trasportare un macigno sulle spalle.
Da solo.
E immerso nel dolore.
Mi voltai verso di lui che giaceva tranquillo nel letto.
Ieri sera era stato gentilissimo e abbiamo passato una notte meravigliosa.
Non c'era solo amore tra noi, però.
C'era passione, c'era dolore, c'era confusione.
E c'era anche la nostalgia per gli anni persi, quando eravamo lontani ma comunque uniti.
Rimpiango di aver scelto l'amore al posto dell'amicizia e vorrei poter rifare tutto da capo.

Noah mi passò un braccio attorno alla vita e mi avvicinò a lui.
«Buongiorno, bambi.» disse con voce bassa.
«Buongior...»
Non feci in tempo a finire la frase che lui mi afferrò la nuca e mi baciò in modo poco casto.
Successivamente posizionai le gambe attorno alla vita e iniziai a muovermi sul tessuto della tuta.
«Bambi!» disse in tono severo.
Io in risposta gli lasciai un bacio sul collo.
Cambiammo posizione e lui mi sovrastó con il corpo possente.
E poi...
Successe tutto così velocemente che neanche me ne accorsi.
Lui iniziò a ondeggiare il bacino verso di me in modo lento.
«Mmh...»
Continuò a farlo ripetutamente senza aumentare la velocità e questo mi creò un certo fastidio.
Era una tortura.
«Puoi...ti prego....»
«Cosa? Cosa vuoi bambi?»
«Più più veloce...ti prego.»
«Non credo di poterti soddisfare oggi. E poi... così...» disse spingendo il bacino verso di me facendomi ansimare.
«...si gode di più.» sussurrò al mio orecchio.
A un tratto il cellulare squillò.
«Chi è?»
«È Greg, io mio compagno di squadra. Non posso rifiutare la chiamata essendo il capitano, quindi ti consiglio di fare silenzio.» disse con un ghigno sul volto.
Lui rispose alla chiamata.
S

tavano parlando della partita di oggi.
Cominciò a spingere il bacino verso il mio facendo scontrare le nostre intimità.

«Cazzo!» urlai sovrastata dal piacere.
Noah e io eravamo sdraiati sul letto.
Avevamo saltato la scuola.
Questa notte avevamo dormito in un piccolo hotel.
Ci alzammo e cominciammo a prepararci.
Io feci una doccia mentre Noah uscì a comprare la colazione.
Quando tornò mangiammo insieme i cornetti con la Nutella, i miei preferiti.
«Erano quelli che ti piacevano di più. Te li portavo ogni mattina. "Con Nutella e tanto zucchero" dicevi sempre.»
Delle lacrime di gioia si insinuarono nei miei occhi colmi di gioia.
Lo aveva ricordato.

«Ci vediamo dopo.» disse il mio segreto ragazzo recandosi verso la palestra.
Nessuno doveva sapere di noi. Le voci girano e arrivano sempre a tutti compreso il famosissimo John Wood.
Dio lo odio così tanto.
Perché? Perché ha fatto questo a suo figlio?
Che razza di padre mai lo farebbe?
Ignorando i miei pensieri mi diressi di corsa alla mensa sedendomi a un tavolo con delle ragazze che ormai conoscevo benissimo.
«Ciao ragazze.»
«Stavo per chiamare la polizia» disse Holly con aria preoccupata.
Esagerava sempre.
«Che ti è successo?» continuò Lily.
«Ti abbiamo cercato per tutto il liceo. Se la prossima volta non avvisi giuro...»
«Calmati Ruby. Scusa ho dimenticato di mandare un messaggio ma non succederà più. Ve lo prometto.»
«Sarà meglio. Noi siamo le tue amiche e abbiamo il diritto di sapere dove sei e con chi sei. Potresti essere rapita. Può succedere di tutto nelle strade si New York.» concluse Ali.
Decisi di raccontare l'accaduto alle mie fedeli cretine e raggiunsi l'affollata pista di hockey.
Lessi il cartellone, "Silver King vs Red Jaguar".
Mi misi ai primi posti con Lily mentre le altre tre uscirono per prender un gelato.
In inverno.
A volte sono un po'folli.
Però non posso negare che anche io lo avrei fatto.
I giocatori entrarono in campo uno alla volta.
Il primo della fila fu, ovviamente, il capitano che indossava una maglietta blu e sulla schiena il cognome e il suo numero, il 72. Le scritte spiccavano argentate.
Il casco era, anch'esso, blu.
Indossava pattini e protezioni bianche.
«Greg vieni qui!» gridò il coach Robinson.
Quindi era quello il famoso Greg.
Castano e occhi scuri.
Lui si mise in posizione.
Credo sia un difensore.
Tutti si posizionarono sulla pista ghiacciata facendo stridere i pattini sulla superficie.

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