Capitolo 23

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Noah

Io e la bimba eravamo stesi sul mio letto soffice parlando del nostro passato.
Avevo scoperto quello che James le aveva fatto e adesso la mia rabbia verso di lui era aumentata.
«È davvero uno stronzo!» affermai riferendomi al suo ex.
«Anche tu però lo sei, a volte.»
«Io ho un padre di merda e una madre che se ne fotte di quello che faccio. Una vita di merda. Quale è la sua scusa?»
Lei era incerta così continuai il mio discorso.
«Non ne ha! Aveva una vita stupenda. Viveva nella ricchezza. Suo padre era morto quando era piccolo ma questo non lo giustifica perché ha una madre premurosa e gentile che farebbe di tutto per lui. E poi aveva una ragazza bellissima, intelligente, con un cuore dolce e affettuoso che però, non ha saputo apprezzare.»
«Non credo che io valga così tanto.» ribatté lei con un debole sorriso sul viso.
Era questo il mio punto debole.
Lei.
Vederla triste solo perché quel coglione di James le aveva fatto credere di non valere niente era la cosa più dolorosa a cui potessi assistere.
Non era giusto.
«Ti voglio raccontare una storia. Un ragazzo di nome Henry aveva conosciuto una ragazza bellissima, Margarethe. Non aveva niente, non era benestante quanto lui. Possedeva un'anima pura e nobile. Loro due decisero di fidanzarsi ma a Henry questo non bastava. La lasciò. Lasciò Margarethe. Inseguì, invece, Scarlett, che ricambiò il suo amore solo per ottenere la sua ricchezza. Cinque anni dopo, Henry, si presentò davanti a Margarethe chiedendole scusa per quello che aveva fatto. La sua amatissima Scarlett aveva trovato un uomo più ricco e benestante. Ovviamente la ragazza lo rifiutò e solo allora il giovane Henry capì la lezione più importante della vita.» conclusi io.
«Ovvero?» chiese lei curiosa.
A volte, alcuni dei suoi comportamenti la facevano sembrare proprio una bimba.
Una bellissima bimba.
La mia bimba.
Mia per sempre.
«"La lezione che puoi ricavare da questa storia è che, non sempre, le cose più belle e più costose sono le migliori. A volte ti basta la semplicità." mi diceva sempre mia nonna.»

Dopo la nostra conversazione io e Chloe scendemmo al piano di sotto.
«Ehi amico che si dice?»
Bryan sopraggiunse dal tavolo degli alcolici seguito da due idioti: Logan e Connor.
«Che l'alcol fa male agli innocenti come te Bryan.»
Gli strappai il bicchiere di mano e ne bevvi un sorso.
«Grazie, eh!» ribatté lui.
«Lo faccio per il tuo bene, Piccolo!»
Io e i ragazzi ci divertivamo a chiamarlo così da quando lo aveva fatto Lily.
Era il suo soprannome.
Si infastidiva sempre perché, secondo lui, stavamo insultando la sua ragazza.
Io gli davi ragione ma era troppo divertente vederlo sbollire di rabbia.
Era un ragazzo tranquillo e farlo arrabbiare era raro così sfruttavamo questo argomento.
«Se lo dici un'altra volta giuro che ti rompo il naso.»
«Ehi, ehi calmati Bryan, stavamo solo scherzando.» si giustificò Logan.

La festa proseguiva senza intoppi.
Una cosa però era strana.
Mio padre non aveva fatto niente per interferire e questo era piuttosto insolito.
Non faccio in tempo a spostare lo sguardo che i miei pensieri prendono vita.
Il mio caro papà si sta dirigendo verso un punto preciso della sala.
Verso il tavolo degli alcolici.
E non è una coincidenza che lì ci sia proprio la persona che avrei voluto non conoscesse.
Mi avvicinai a passo svelto a Chloe prima di lui.
Per fortuna era stato rallentato da alcuni ragazzi che andavano di qua e di là.
«Ehi Chloe, mio padre è qui!»
«C-cosa?»
«Mio padre è...»
«Qui!» disse lui spuntando davanti a noi.
«Ciao papà! Lei è Chloe Hayler, è nuova qui a New York. Chloe questo è John Wood, mio padre.»
Ero ansioso.
Il cuore batteva forte nel petto al solo pensiero che avrebbe potuto scoprire tutto.
Se fosse successo Chloe si sarebbe trovata in grossi guai.
E non intendo degli scherzi da idioti.
Avrebbe potuto rischiare la vita.
E non potevo permetterlo.
Da quando l'ho vista, quella volta a scuola quando mi è venuta contro, un lume di speranza ha acceso la mia anima.
L'ho sempre saputo.
Anche se ero geloso, infastidito, frustrato dalla sua relazione con James, ero felice che lei fosse provasse felicità.
«Piacere signor Wood.» si presentò lui porgendogli una mano ma lui non ricambiò il gesto.
«Piacere mio.» le disse con una nota di disgusto.
Ed ecco che entrava in gioco quell' emozione che non riuscivo a controllare.
La rabbia.
«Allora... Chloe...da dove vieni?»
«Vivevo a Londra, poi mi sono trasferita qui a New York con mia madre e mio fratello.»
«E tuo padre?»
«Mio...mio padre è...bè i miei genitori si sono separati molto tempo fa e...»
«Ora basta!» gridai fermando quella conversazione.
«Senti papà, lei è un'amica della ragazza di Bryan quindi ti prego di non importunarla.» gli sbottai furioso.
Doveva sempre rovinare tutto.
«E io ti prego di farti i fatti tuoi. Come mai sei così interessato a quello che le chiedo? Non credo sia di tuo obbligo proteggerla, o si?» mi rispose furbo.
«No, è vero. Io non ho l'obbligo di proteggerla, ma mi dà fastidio che tu infastidisca i miei amici o gli amici dei miei amici.»
«Chi ti ha inviato qui? La ragazza di Bryan non c'è, quindi mi chiedo come tu abbia fatto ad entrare in casa mia senza invito.»
Si rivolse a Chloe con un tono brusco e io mi infastidii ancora di più.
Cazzo, quanto avrei voluto tirargli un pugno in faccia.
«Sono stata io! Qualche problema, papà?» affermò mia sorella avvicinandosi a noi.
«Tu?» chiese indicandola.
«Si papà. La cosa che non sai è che lei è la mia migliore amica e anche la mia unica amica. Quindi è ovvio che abbia voluto qualcuno con cui divertirmi.» sbottò Grace.
Mio padre non rispose.
Mi lanciò uno sguardo rabbioso e si allontanò tra la folla.
«Grazie, stellina!»
«Prego, imbecille.» mi rispose allontanandosi.

Io e Chloe ci dirigemmo in pista per ballare insieme.
Era partita una canzone che conoscevo bene.
La ascoltavo sempre con mia sorella da piccolo.
La amavo anche perché era una delle principali canzoni della mia serie preferita, Stranger Things.
"Time after time" pensai.
«Adoro questa canzone!» esclamò felice posando le sue piccole braccia attorno al mio collo.
Le mie mani si aggrapparono alla sua vita tenendola a poca distanza da me.
«Anche io!» le risposi.
Poi appoggiò la testa sul mio petto e chiuse gli occhi abbandonandosi alla musica.
Mi guardai intorno.
Mio padre per fortuna non c'era.
Erano le undici meno dieci e mio padre a quest'ora era con gli amici.
Usciva tutte le sere.
Mi voltai verso la ragazza che tenevo tra le braccia.
In questo istante mi resi conto di una cosa.
Per tutto questo tempo mi era sempre mancato qualcosa.
Un pezzo.
Era come se in me ci fosse un pezzo mancante.
Non riuscivo mai a capire che cosa fosse quella sensazione di vuoto.
Però adesso lo sapevo.

Era lei.
Era la sua mancanza che mi distruggeva il cuore.
Era il pensiero di lei con un altro uomo che mi frantumava l'anima.
Era lei il mio pezzo mancante.
Non mi importava se qualcuno ci avrebbe visto.
Se avrebbe pensato che stiamo insieme.
Io adesso sapevo cosa volevo.
Di cosa avevi bisogno.
E avrei lottato.
Avrei sacrificato tutto pur di non perderlo.
Il suo profumo mi tranquillizzava.
La sua voce mi faceva trovare la pace che non riuscivo a provare durante la giornata.
I suoi occhi mi facevano sentire a casa.
E sarebbe stato sempre così.

«Adesso mi stai ascoltando! Ehi!»
«Come?» chiesi confuso.
«Non mi stavi ascoltando. Ti stavo parlando e mi sono accorta che eri nel flusso dei pensieri.»
«Si scusa, bambi.»
«Che succede?»
«Pensavo a te. Non voglio perderti.»
«Non succederà. Fidati di me.»
Chloe mi afferrò e posò le sue labbra sulle mie.
Purtroppo fummo costretti ad interrompere quel contatto prima di essere scoperti.
«Comunque, non preoccuparti. Se, in caso, io ti perdessi saprei come passare il tempo.» gli dissi con tono ironico.
«Sei un vero bastardo!» rispose con un broncio sul volto.
«Sai sei bellissima quando ti incazzi, bambi.» le sussurrai.
«Bene»
Come? Non capì cosa voleva dire con questa risposta fin quando non mi colpì allo stomaco con un pugno che mi provocò un po'di dolore.
Purtroppo la sua forza non era paragonabile alla mia e finì per farsi male.
«Ahia! Cazzo!»
«Dio sei una stupida. Che cosa ti salta in mente! Speriamo non sia rotta.»
«Mi fa malissimo!»
«Vieni con me.»

Dopo averle medicato la mano ci separano.
Vidi Logan in lontananza e lo salutai con un gesto della mano.
Il coglione si avvicinò.
Si era un coglione proprio come Connor perché non sapevano fare niente che non fosse provocare guai.
«Ehi amico!»
«Ehi, come va?»
«Bene.........Senti non è che potresti chiedere a Chloe se potrebbe darmi il numero di Ruby?»
Cosa cazzo ha detto? Ho capito bene? Il numero di Ruby? Dio questo su è già innamorato!
«Perché?»
«Per conoscerci sai....»
Vedendolo in difficoltà decido di intervenire.
«Ok glielo chiederò.»
«Si grazie mille, Noah. Ti devo un favore.»
Si allontanò con un sorriso da ebete sul viso.

Guardo verso l'orologio e noto che mancano solo pochi minuti a mezzanotte.
Quando manca solo un minuto tutti iniziano a fare il conto alla rovescia.
3!!!
2!!!
1!!!
«AAAAAAAAAA»
Un urlo proveniente dal piano di sopra ci catapulta sulle scale.
Io supero gli altri che mi lasciano passare spostandosi di lato.
Mi dirigo verso la palestra, da dove proveniva il suono.
Era l'unica stanza in quel corridoio.
Trovo però, la porta aperta e a luce accesa.
Davanti a un attrezzo c'è una figura.
Una ragazza.
Una ragazza dai capelli ramati.
Avvicinandomi capisco di chi si tratta e il cuore accellera.
È Chloe.
È stata lei a gridare.
Ai suoi piedi trovo la ragione per cui ha urlato spaventata.
Ai suoi piedi c'è un ragazzo con...con un lenzuolo stretto al collo.
Il viso scolorito e gli occhi gonfi di lacrime.
Ai suoi piedi c'era il corpo di James Brown, ormai morto.

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