Capitolo 28

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Chloe

Non volevo farlo!
Non volevo farlo!
Ho dovuto mi hanno costretta!
Noah...
Ti prego, salvami.
Ho bisogno di te!

Mezz'ora prima...


Dopo la mia chiaccherata con Ali e Noah sono andata via lasciandoli da soli.

Mi incamminai verso casa notando di essere seguita.
Un furgone bianco mi seguiva per le strade di New York e io accelleravo il passo ogni minuto. Stavo andando a casa per organizzare una sorpresa a Jas. Tra due giorni sarebbe stato il suo compleanno.
Fui accecata, a un tratto, da una luce abbagliante. Fui distratta da questo permettendo ai proprietari del furgone di stordirmi mettendo un fazzoletto sul naso e la bocca.
Provai a liberarmi.
Scalciai forte ma era tutto inutile.
Alla fine mi arresi.
Riconobbi di aver perso.
E il buio mi invase insieme al silenzio.

Mi risvegliai in una stanza bianca.
Ero seduta su una sedia.
Al soffitto era appesa una piccola luce.
Non c'erano finestre.
Solo una porta in legno.
Davanti a me c'era una figura con un mantello bianco e una maschera sorridente.
Psycho.
Cazzo! Non ci posso credere.
Mi agitai. La tensione e la paura di fusero e mi ritrovai a respirare lentamente.
«Ciao Chloe
La sua voce era metallica e profonda.
Un brivido di terrore mi corse lungo la schiena facendomi ingoiare un groppo di saliva.
«C-che cosa v-vuoi? I-io non...non so niente. Lasciami in pace. Ti prego»
La mia voce era un sussurro spaventato.
Perché ero qui?
«Sai ho un piano che dovresti attuare per me.»
«Perché dovrei aiutarti? Tu sei una persona orribile. Hai ucciso James. Hai provocato un'incidente a mio fratello. Perché? Perché ce l'hai con me?»
Lui, o lei, rise.
Cazzo, si mise a ridere.
«Ascolta Chloe. Sarebbe un peccato se l'ultima cosa che il tuo ragazzo vedesse fosse una stanza d'ospedale. Però se preferisci così...»
«No!!!!! Ti prego no. Lui non c'entra niente.»
«Allora devi fare una cosa per me!»

Chiusi la chiamata senza nemmeno aspettare una risposta.
Avevo chiamato Noah dicendogli che Alison era scomparsa.
Psycho voleva che si preoccupasse.
Voleva attirarlo qui.
Voleva fargli del male.
E non potevo dare niente per impedirlo.

Tre giorni dopo...

«Ascolta. Attentamente! Io adesso ti lascerò andare. Mi raccomando fa la brava. Il gran finale si avvicina.»
«Che vuol dire?»
Psycho uscì dalla porta e del fumo iniziò a comparire nella stanza.
Io mi addormentai chiudendo le palpebre stanche.

«Chloe svegliati.»
Mia madre era qui con me, nella mia camera, nel mio letto.
«Mamma!!!»
La abbracciai forte.
«Si può sapere dov'eri?» urlò una voce familiare.
Ruby.
«Ragazze!»
Tutte corsero verso di me.
Sono qui, tutti qui.
Per me!
Questo pensiero mi fece commuovere.
«Noah? Dov'è? Sta bene?»
«Si, sta bene. Tu come stai?» domandò dolcemente Holly.
«Io sto bene.»
«Eravamo preoccupate per te. Sei sparita per tre giorni!»
«Tre giorni!?»
«Già. È terribile.» affermò Alison abbracciandomi.
Io ricambiai.
«Ehi ragazze, ha chiamato l'ospedale. Noah sta.....»
Mi paralizzati all'istante.
Noah...?
Aveva detto Noah??
«Che hai detto?» chiesi a mio fratello che fece capolino nella stanza stretta.
«N-niente...»
«Hai detto Noah. Che è successo a Noah?»
«Sta tranquilla Chloe, è a casa ora.»

«Noah ha subito un piccolo incidente. Era agli allenamenti di hockey e, non si sa come, la porta degli spogliatoi è crollata. Il coach ha detto che era stata allentata. Mi dispiace»
No....
Non è possibile....
Psycho.....aveva....aveva....era stato lui.
Lo sapevo.

Andai a casa di Noah.
Ero davanti alla porta d'ingresso.
La porta, finalmente, si aprì.
Oh cazzo......
Il signor Wood.
Cazzo! Si mette male!
«Salve! Sono qui per suo figlio. Ho saputo dell'incidente.»
«Mi ascolti. Lei non deve avvicinarsi a lui. Mi ha capito?»
Non aspettò una mia risposta che chiuse la porta sbattendola.
Non mi sarei arresa.
Feci il giro della casa cercando una porta secondaria.
Non c'erano.
Però.....
Guardi in alto.
Una scala di legno era nascosta tra i cespugli che cospargevano quel lato della casa.
Mi arrampicai prestando a fare silenzio.
Entrai nella stanza.
Noah.
Era la sua stanza.
Era sul letto.
Battei due colpetti sulla finestra e lui si accorse di me.
La sua espressione stupita e confusa mi fece ridere.
Aprì la finestra e mi aiutò a scavalcare.
«Chloe?!»
Mi abbracciò.
«Cosa ti viene in mente?»
«Ho dovuto. Ho saputo del tuo incidente e sono corsa qui. Ad aprirmi è stato tuo padre che, dopo avermi detto di non avvicinarmi più a te, mi ha sbattuto la porta in faccia.»
Lui strinse la mascella e si irrigidì.
«Aspetta qui.»
Uscì dalla stanza furioso.
Io lo seguì.
Avevo paura di cosa avrebbe fatto.
«Papà! È passata Chloe? Ha detto che stava venendo qui.»
«No Noah. Non è passata. Secondo me dovresti lasciarla stare.»
«Strano perché mi ha scritto che gli hai sbattuto la porta in faccia minacciandola.»
«Ho fatto quello era giusto!» affermò diplomatico.
«Ultimo avvertimento John: Sta lontano dalla mia vita e soprattutto dalla mia ragazza!»
«Altrimenti?»
L

ui gli regalò un sorriso maligno e salì le scale.
Mi prese la mano e mi portò verso la sua camera.

Entrammo dentro richiudendo la finestra.
Noah accese la radio a tutto volume dal quale partì la canzone "Play with fire".
Chiuse la porta a chiave e mi spinse contro il muro iniziando a baciarmi in modo tutt'altro che casto.
«Mi era mancato tutto questo bambi.» sussurrò iniziando a baciarmi il collo.
Dalla mia bocca uscì un gemito che lo spinse a sollevarmi da terra.
Mi mise sul letto e si sdraiò su di me.

La canzone e i suoi baci cercano un'atmosfera magica.
La mia eccitazione cresceva sempre di più.
E lui scendeva sul mio corpo.
Assaporava ogni angolo del mio corpo.
Poi si mise alla mia altezza e tornò a torturare le mie labbra.
Le mordeva. Le leccava. E infine le baciava. Mi baciava in modo selvaggio.
E io non facevo che aumentare il suo ego ansimando e gemendo senza ritegno. Senza vergogna.
Mi sentivo così bene.
«È arrivato il momento di scatenarci.» sussurrò slacciandosi i jeans.
Lui li tolse, insieme ai boxer, ed entrò in me. Io, in quel momento, mi sentì libera.
Mi sentì leggera. Con lui era così. Riusciva a farti sentire protetta. Nel posto giusto. Sempre.

Noah non riusciva mai a stancarsi.
Dopo minuti di spinte e schiaffi finalmente ci fermammo.

«È stato stupendo! Mi era mancato!»
«Anche a me, bimba.»

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