Capitolo 37

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Tutto ciò che Lexa voleva fare era tenere Clarke e non lasciarla mai andare. Sfortunatamente, non poteva farlo subito perché la polizia aveva delle domande, la tempesta era ancora forte e la sua ragazza aveva bisogno che le sue ferite venissero curate. Il solo vedere il sangue sul suo viso le faceva ribollire il sangue. Voleva colpire qualcosa, preferibilmente Finn di nuovo, ma visto che era morto, non era più possibile. Le dava conforto il fatto che non potesse più ferire la bionda, ma il senso di colpa gravava sul suo petto perché non era riuscita a proteggerla come aveva promesso.

"Sei venuta per me" la voce di Clarke la distolse dai suoi pensieri a spirale e il tocco della sua mano dal suo avambraccio le fece diffondere calore all'interno.

"Non abbastanza presto" Lexa ricacciò indietro le lacrime, ma una le scivolò lungo la guancia.

"Mi hai salvata, Lex" Clarke si spostò dalla sedia, senza preoccuparsi che gli altri fossero vicini e si sedette sulle sue ginocchia. Le asciugò la lacrima dalla guancia e si sporse per baciarla dolcemente.

"Attenta, amore, sei ferita" Lexa avvolse attentamente le braccia attorno al busto di Clarke.

"Non è così male. La maggior parte dei colpi e dei lividi sono dovuti alla mia caduta quando ho provato a scappare da lui" Clarke appoggiò la testa contro la sua. "Se n'è andato, tesoro" fece una smorfia. Lexa sapeva che stava soffrendo più di quanto lasciasse intendere.

"Non devi essere forte per me" la presa di Lexa si strinse leggermente. "Ero così spaventata, Clarke" ammise in un sussurro e si guardò intorno nella cucina. Sembrava che Anya e Raven se ne fossero andate e il detective Cartwig stava dando loro le spalle, parlando con Lincoln e Gustus. Gli altri stavano badando ai cavalli prima di accucciarsi ad aspettare che la tempesta finisse. Quindi in quel momento erano sole, o tanto sole quanto potevano esserlo.

"Lo so e mi dispiace così tanto di averti spaventata" Clarke la baciò dolcemente. "Ero terrorizzata di non rivederti mai più. Lui... era pazzo. Non l'avevo mai visto così prima. Però gli ho tenuto testa, come mi hai insegnato. È così che sono riuscita a scappare".

"Sono orgogliosa di te, Clarke" Lexa fece un respiro profondo, aveva bisogno del contatto per ricordare che Clarke era al sicuro lì tra le sue braccia. "Ti amo così tanto".

"Ti amo anch'io" mormorò Clarke contro le sue labbra.

"Scusate l'interruzione" il detective Cartwig si avvicinò al tavolo della cucina.

"Va tutto bene" Clarke si voltò per guardarla in faccia, ma rimase in grembo a Lexa. La bruna non riuscì a impedire che il sorriso si diffondesse sul suo viso. La sua ragazza era lì tra le sue braccia. Era sana e salva ed era quello che aveva bisogno di ricordare.

"Verrai alla stazione dopo che la tempesta si sarà calmata per finire di rispondere alle domande?" chiese Cartwig.

"Sì, posso farlo" rispose immediatamente Clarke. Lexa si tese, non volendola fuori dalla sua vista. "Ma Lexa viene con me" le prese la mano e unì le loro dita.

"Va bene" Cartwig annuì. "Dovrei andare. La tempesta sembra peggiorare di minuto in minuto".

Lexa scosse la testa. "Dovresti restare qui. Non è sicuro là fuori in questo momento. Abbiamo molto spazio".

Cartwig guardò fuori dalle finestre e vide che la neve le ricopriva e si accumulava contro la casa. "Se non è un inconveniente, lo apprezzeremmo".

"Nessun problema, grazie per essere venuti" Lexa era grata che Cartwig avesse scattato le foto e fosse stata lì per vederlo in prima persona. Se non fosse stata lì, non era sicura di cosa avrebbe fatto o fino a che punto.

LA CADUTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora