Capitolo 51

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LEXI

Quando apro gli occhi, devo impiegare parecchi secondi prima di mettere a fuoco e ricordarmi dove mi trovi. Mi basta scorgere la scrivania di Cole per farmi tornare tutto alla mente.
Eravamo tutti all'ospedale quando all'improvviso il panico ci ha travolti. Karol era circondata dal personale medico e il suo monitor sembrava impazzito. Non sapevamo cosa stesse succedendo nello specifico, ma tutti sapevamo la nostra amica a cosa stesse andando incontro. Non so dire di preciso cosa mi sia preso, ma l'ansia ha fatto da sovrana dentro di me, non volevo continuare a guardare e a assistere al finale che mi terrorizzava, così sono uscita fuori. Continuavo ad andare avanti e indietro mentre pregavo che andasse tutto bene. Il mio pessimismo era più forte dell'ottimismo.
Da quando sono arrivati i genitori di Karol, sono stata attenta a non piangere, a non farmi vedere spaventata. Ho cercato di mostrarmi forte e positiva perché sentivo che era la cosa giusta da fare. Karol non avrebbe voluto vedere i suoi genitori in preda al panico. Ma qualsiasi cosa io avessi potuto fare non avrebbe mai diminuito la preoccupazione che provavano. Chi è che sarebbe tranquillo nel non sapere quando la propria figlia possa riaprire gli occhi?
Ma una volta uscita da lì, nella solitudine che circondava me e la pioggia, mi sono lasciata andare.
Ricordo che dopo un tempo che mi è sembrato interminabile, mi ha raggiunto Cole. Non volevo ascoltarlo, troppo spaventata di sentirgli dire che la mia amica non ce l'avesse fatta. Non ero pronta. Non volevo sentirlo. Accettarlo. Ma poi mi ha detto che era viva, che Karol ce l'aveva fatta e un'ondata di sollievo ha spodestato la paura. Non sapevo se urlare di gioia o piangere per lo stesso motivo, così ho fatto un mix.
Mi sentivo sopraffatta da tante emozioni diverse, ero quasi ko ma non volevo ammetterlo. Per questo ho minimizzato la cosa davanti a Cole, che invece cercava di convincermi a tornare a casa. Avevo fatto una promessa: sarei rimasta finchè Karol non si fosse svegliata.
Non ho mantenuto fede a questa promessa, ma credo che lei possa capirmi. Non c'erano le condizioni per ritornare in corsia dopo tutta l'acqua che io e Cole abbiamo preso lì fuori. Dovevamo asciugarci, cambiarci e il phone di certo non sarebbe stato di grande aiuto. Da dove mi è uscito poi il phone non ne ho idea. Ma lui aveva ragione, avevo bisogno di riposare, anche se poco, ma dovevo e sono grata di avergli dato retta. Nei giorni precedenti non avevo chiuso occhio, un po' per la preoccupazione che non lasciava il mio corpo e un po' perché le sedie dell'ospedale erano non scomode, di più.
Ora però mi sento bene. Ho dormito, tanto - o almeno credo - e mi sento più energica. Ma per questo credo che debba ringraziare i tramezzini di Cole. Ne ho divorati cinque. Mi ci voleva proprio.
Abbasso la mano e mi scontro con quella di Cole. Guardo verso il mio ventre e vedo il suo braccio cingermi la vita.
Sorrido.
Gli accarezzo la mano con il pollice prima di girarmi verso di lui il più delicatamente possibile, per non svegliarlo.
Ma quando mi volto, capisco di non dover preoccuparmi di questo. Cole è già sveglio. Una mano ancora su di me, mentre l'altra gli sostiene la testa.

<< Buongiorno>> sussurro.

<< Buongiorno>> mi accarezza il fianco.

<< Come ti senti?>>

<< Molto meglio>> ammetto. << Avevi ragione, avevo bisogno di riposare>>

Lui sorride, soddisfatto.

<< Da quanto tempo sei sveglio?>>

<< Abbastanza>>

<< E perché non mi hai svegliato? Potevo farti compagnia>>

Ieri sera sono crollata. Non sono riuscita a finire nemmeno tutti i tramezzini che ho sentito l'esigenza di stendermi sul letto. Volevo aspettarlo sveglia ma i miei occhi si alzavano ed abbassavano a loro piacimento, così ho finito per addormentarmi senza accorgermene.

<< Era un miracolo che stessi dormendo, non volevo svegliarti>>

Tutti i torti non ha, non volevo nemmeno tornare a casa, figuriamoci dormire.

Una melodia perfettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora