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Quando William si risveglió, la luce del mattino era fioca e timida e con un primo spaesamento si accorse di trovarsi ancora in ospedale e non nel letto di casa sua, per poi accorgersi della presenza di Miller. Egli dormiva sulla sedia con il capo chinato da un lato e le braccia incrociate e per cui William provó gioia quanto dispiacere. Come giustificare di aver agito alle sue spalle ma di essere stato lieto che fosse venuto a prenderlo? Si sentí un pessimo compagno, non meritevole di Miller per poi cercare di ricomporsi e non lasciarsi andare alle lacrime. Cercó di rizzarsi sul letto, ma il dolore alla spalla fu acuto, e per la quale egli si era momentaneamente scordato, causandogli un gemito di dolore e per la quale Miller si sveglió:
-mmm...Will?- si portó una mano in viso per strofinarsi gli occhi per poi rivolgere l'attenzione al suo amato:
-agh...scusa, non volevo svegliarti, ma la spalla...-
-ti fa male? senti dolore da qualche parte?-
Miller si alzó per accostarsi a lui, vigile  e preoccupato-
-no...sto bene, io...-non seppe cosa dire, non credendo di sentirsi cosí vulnerabile come in quel momento, e guardare Miller cosí premuroso lo fece addolcire, al che si lasció andare su di lui per un un abbraccio consolante, e alla quale elgi ricambió con estrema delicatezza:
-sono qui, Will- egli inspiró il profumo dei suoi capelli, socchiudendo gli occhi al contatto con Will per poi dire:
-Noah mi ha raccontato tutto- 
-mi dispiace- disse William, chiudendo gli occhi e lasciando andare una lacrima silenziosa. Miller si sciolse da lui, guardandolo con occhi severi ma feriti, per poi dire:
-vado a chiamare l'infermiera. Penso che possiamo tornare a casa ora- William non disse nulla, ma annuí debolmente, certo che non se la sarebbe cavata con delle semplici scuse e che stavolta avesse profondamente ferito Miller.


Una volta dimesso, la spalla fu bendata e il braccio avvolto da un tutore, e il tragitto in macchina risultó teso per William, il quale non seppe da dove incominciare a giustificarsi:
-mi dispiace se non ti ho parlato dell'incontro con Cassie...volevo solo lasciarle gli orecchini e andarmene- ci fu un silenzio torturante per William, il quale continuó:
-non immaginavo che Victor si sarebbe comportato in quel modo...non sapevo neanche fosse fratello di Adam Sprouse.-
-cristo...-disse serio Miller e zittendo subito William: - io sapevo di suo fratello... ma che ti avrebbe potuto mettere le mani addosso...non mi sarebbe mai passato di mente. Che cazzo sarebbe successo se non fossi arrivato in tempo, William? Quel figlio di puttana era sul punto di ammazzarti, perché cazzo non te ne sei andato prima?- la sua voce era animata dall'incredulitá e rabbia, che fino a poco prima era rimasta assopita dall'apprensione, e per cui William si sentí indifeso:
-non...non pensavo che sarebbe potuto degenerare in quel modo!- 
-William non serviva arrivare a quel punto per capire che ti trovavi giá in una situazione rischiosa! Lo eri dal momento in cui hai messo piede in casa loro, e per giunta senza dirmi niente, perché sapevi che mi sarei incazzato. Cosa credevi che sarebbe successo? che avresti lasciato 40 milioni di dollare da Cassie e te ne saresti andato indisturbato?Giá il solo fatto che ti abbia usato, avrebbe dovuto farti capire che persona manipolatrice sia, lo capisci?!-

-lo so...-  William si sentí pieno di sensi di colpa: -volevo darle gli orecchini cosí da chiudere finalmente con lei...credevo sarebbe stato piú semplice cosí- la sua voce fu sommessa, al limite dallo spezzarsi:
-semplice per chi, Will? per Cassie?-
-per lei e per noi...consegnare quei gioielli alla polizia ci avrebbe fatto coinvolgere nelle indagini, anche se dopo ieri sera credo che questo sará inevitabile.-
-ci penseró io a questo- disse serio Miller: - gliela faccio a pagare a quel pezzo di merda; lo faró marcire in cella come un verme- disse bofonchiando con sé stesso
-cosa gli hai fatto ieri sera?- disse William esitante, ma una volta che giunsero a casa e parcheggiarono l'auto, Miller disse:

-niente che non meritasse. Ora entriamo- 

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Passarono due giorni da quell'incidente, la polizia venne informata dell'accaduto e i giornalisti furono interessati su William e Henry, specie perché una delle loro macchine era rimasta parcheggiata presso la villa di Sprouse, adducendo come prova alla loro relazione con Cassie Evans e Victor Sprouse. Quest'ultimo venne condotto al pronto soccorso, a rischio di coma, trovandosi la faccia piena di lividi e sangue, in aggiunta a due costole  rotte, sebbene non denunció la violenza subita da Miller, poiché  a mente lucida seppe che non gli sarebbe convenuto dato quanto lui stesso aveva commesso . Non gli sembró un uomo quello che lo aveva assalito ma una bestia pronta ad ucciderlo e solo le sue patetiche suppliche avevano fermato Miller dal commettere un vero e proprio omicidio. 
Miller nel complesso fece gestire tutto al suo dipartimento perché quella vicenda non trapelasse in giro, aprendo un fascicolo d'indagine anche contro Victor Sprouse, poiché la sua rabbia non si arrestó al solo assalto fisico: se doveva distruggere un uomo, sapeva perfettamente come fare, e nei modi psicologicamente piú tortuosi.  Non si scordó la pozza di sangue di William, il suo corpo troppo debole per reggersi in piede e la paura che non avrebbe potuto superare la notte in ospedale. Una paura del genere non l'aveva mai sperimentata dalla fine della guerra, e per cui credeva non ci sarebbe mai piú stata ragione di provare, sebbene tutto era cambiato nell'arco di una notte.

Il soldato e il tenenteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora