{𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 18}

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«Ti ringrazio tantissimo giovanotto. Ormai la mia povera schiena non ce la fa più.»
«Si figuri, è un piacere.»

Non avendo nulla da fare, il giorno sucessivo dopo le ore scolastiche mi ero offerto di aiutare a risistemare le aule vuote.
Continuavo a fare quell'incubo in continuazione, ripetendosi all'infinito e riducendo le mie ore di sonno. Non volevo tornare a casa, per qualche assurda ragione il mio istinto continuava a raggelarmi ogni volta che arrivavo davanti alla porta d'ingresso.
Come se volesse avvisarmi..
Ma da chi?
Da mia madre? Impossibile. Lei non farebbe male ad una mosca.

«Hey, ragazzo.»
Le rivoglo un cipiglio confuso.
«Stai dormendo a dovere?» La voce fiebile dell'anziana ora era impregnata di preoccupazione.
«Sto bene.» Le risposi. Lei non si fece convincere immediatamente, ma dopo innumerevoli rassicurazioni lei aveva annuito e mi aveva invitato a tornare a casa.

Che stanchezza.

Alzai lo sguardo verso il cielo constatando quanto quel tramonto assomigliasse ad una tela del cielo, dove i colori caldi vanno in contrasto con il paesaggio spoglio della natura.
Nascosi il naso sotto la grande sciarpa gialla che mia madre aveva preso nel corso degli anni precedenti.

«Dek- Midorya?»
Arrestai la camminata. Era come se all'impovviso le scarpe si fossero fuse al pavimento, rendendomi impossibile alcun movimento.
Sebbene fosse a qualche metro da me, la sua presenza mi soffocova.
Dall'accaduto nel locale, io e Bakugo non ci siamo più rivolti la parola.
Non che non lo facessimo già di nostro, ma da quel giorno iniziai ad avere un po' di timore.
Continuai ad osservarlo diffidente e, notando che non proferivo parola, decise di farlo lui.
«Devo parlarti.»
Strinsi le bratelle dello zaino determinato a non voler spendere ulteriore tempo con persone come lui.
«Ho fretta.» Mentii.
«Ci metterò poco.» Disse speranzoso. Probabilmente aveva anche capito che era una bugia, dato che stavo uscendo da scuola un'ora dopo finite le ore scolastiche con un passo fin troppo calmo per essere uno che andava di fretta. Ma non lo disse.
Tirai un lungo sospiro, poi mi decisi ad annuire seppur riluttante.

____________

«Che vuoi dirmi?» Chiesi.
Quando avevo accettato la sua richiesta, mi aveva scortato in un parco pubblico al centro della città di Tokyo, invitandomi a sedere in una della panchine nella zona.
C'erano per lo più anziani e bambini nel parco, donando un'aria tranquilla e viva anche nel bel mezzo di Novembre.
Lo aveva fatto per non mettermi paura, per spiegarmi che non mi avrebbe fatto del male.
Lo avevo subito capito perchè lui da sempre odia i bambini.
Anche quando eravamo piccoli, lui non vedeva l'ora di crescere.
Lo ha fatto per me.

Perchè?

«𝑴𝒊 𝒅𝒊𝒔𝒑𝒊𝒂𝒄𝒆.»
In un altro contesto farebbe ridere la velocità con la quale mi girai con occhi spalancati nella sua direzione, ma in questo un po' meno.
Specialmente se, una voltati girato verso di lui, lo sorprendi già ad osservarti.
«Non volevo spaventarti. Non so cosa mi sia preso.»
Ah, sta parlando di quell'accaduto.
Avrei preferito si fosse scusato per avermi fatto passare l'inferno fino all'anno scorso ma sono felice lo abbia fatto per ciò.
Insomma, un Bakugo che chiede perdono non capita tutti i giorni.
«Tranquillo.» Lo rassicurai con un tono fin troppo calmo rispetto all'agitazione interna «E grazie.».
Lui strabuzzò gli occhi confuso da quel mio ringraziamento.
«Per?»
«Per avermi aiutato con quel signore.
Se non ci fossi stato..molto probabilmente-»
«Prego.» Si affrettò a dire, non volendo che finissi la frase.
Portai lo sguardo in avanti e iniziai ad osservare pensieroso il paesaggio spoglio del parco.
Pensai che, dopo avermi detto ciò, avrebbe preso e se ne sarebbe andato ma invece rimase lì, seduto affianco a me, a fissare un punto indefinito davanti a sè.
Presi a scrutarlo con attenzione: le soppracciglia aggrottate, gli occhi assottigliati e il labbro inferiore, in preda ad una presa salda dei canini, fecero constatare quanto irritato fosse in quel momento. Sembrava voler dirmi qualcosa di importante, ma alla fine si abbandonò ad un lungo sospiro frustato.


 𝑵𝒐𝒏 𝒂𝒏𝒅𝒂𝒓𝒕𝒆𝒏𝒆 {𝑏𝑎𝑘𝑢𝑑𝑒𝑘𝑢}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora