PROLOGO

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Ai miei lettori.
Scusatemi per aver peggiorato il cliffhanger nello scorso libro.
Tenete duro. La terza volta è quella buona.
Forse.

Irwin si era svegliato mentre James stava mangiando un panino che sua madre gli aveva portato: aveva lasciato perdere immediatamente il suo cibo per gettarsi verso di lui, che lo guardava stanco, spaesato... confuso.

Aveva spalancato gli occhi e con un sorriso gli aveva detto, passandogli la mano ingioiellata tra i capelli: «Sei tornato.» Irwin, a quel tocco, aveva corrucciato le sopracciglia e si era scostato. James, lì per lì, non ci aveva fatto molto caso, pensando che fosse ancora intontito per il lungo coma. «Mi- ci,» si era corretto, «Hai fatto prendere un bello spavento, Irwin!»

Irwin si era passato nervosamente una mano tra i capelli, il suo elettrocardiogramma aveva cominciato a velocizzarsi. «Cosa è successo? Perchè sono in un ospedale?»

«Althea ti ha spinto contro un muro prima di morire- ti sei sacrificato per salvarmi, sei stato in coma per una settimana ma è tutto okay, starai bene.» lo aveva rassicurato e Irwin, a quello, aveva spalancato gli occhi.

«A-Althea? Ma chi diavolo è» Il re si era accigliato, confuso. «Che giorno è oggi? Abbiamo dovuto posticipare il-..."

Finalmente una domanda normale. Gli stava chiedendo se avessero dovuto rimandare il matrimonio. Era proprio incorreggibile. James aveva sorriso. «Non preoccuparti, lo abbiamo spostato. L'officiante non era favorevole, perciò abbiamo deciso che sarebbe stato Joan a celebrare il matrimonio.»

«Non sei molto divertente» lo aveva schernito, cosa per cui James si era corrucciato.- «Davvero, amico, dove sono? Perchè sono decisamente troppo giovane per sposarmi, io parlavo del party di Natale.»

«Irwin, cosa- il matrimonio è tra poco. Natale è a Dicembre. Siamo a Luglio.» aveva specificato, ed Irwin aveva scosso piano la testa.

«No, non è vero. Il party di Natale è tra quattro giorni e io...,» aveva corrucciato le sopracciglia, come se si stesse concentrando su un dettaglio che gli era venuto in mente solo in quel momento. Forse, finalmente, stava riprendendo la ragione? Era giusto essere un po' confusi dopo una botta del gener-... «Scusami, ma tu chi sei?»

Qualcosa nel petto di James si era rotto. Il mondo sembrava rallentare attorno a lui, ogni rumore si ovattava, e il suo cuore batteva all'impazzata, come se cercasse di sfondargli il petto. La mente si rifiutava di accettare quello che aveva appena sentito. Le parole di Irwin risuonavano nella sua testa, riecheggiando come un eco sinistro in una caverna vuota.

«Che- che intendi?» aveva balbettato, cercando di mantenere una parvenza di calma, ma la sua voce tradiva il terrore crescente. Si era allontanato di un passo, impaurito, sconvolto. Forse Irwin gli stava facendo uno dei suoi soliti scherzi? No, non stavolta. Era troppo serio, troppo confuso per stare scherzando.

Irwin lo fissava con sguardo inquisitorio, come se cercasse di decifrare un enigma. «Non sei un impiegato dell'ospedale perché sei vestito tutto di nero e- ed emani un'aura da strega oscura.» James aveva deglutito, sentendo un nodo stringergli la gola. La sua mente era un vortice di pensieri caotici, ogni speranza di normalità si sgretolava sotto il peso della realtà. Ogni momento passato insieme, ogni risata, ogni lacrima, sembravano improvvisamente spazzati via, come sabbia al vento. «Quindi, chi sei?»

Il dottore era entrato in quel momento, mentre James boccheggiava ed Irwin si guardava attorno, sempre più confuso, chiedendosi perché avesse tutti quei tatuaggi sul corpo. Lo aveva mandato via per cercare di capire cosa fosse successo al suo cervello, fino a che punto Irwin ricordasse. L'ultima cosa che ricordava era la settimana precedente al suo tredicesimo compleanno. Due settimane prima che incontrasse James. Tutto quello che c'era stato dopo era una frattura, un vuoto profondo.

«Il re è ancora troppo fragile,» aveva spiegato il medico, mentre Arcadia scuoteva la testa, affranta. Joan ed Eleanoire ascoltavano, attenti, mentre le nocche di Danny erano quasi diventate bianche. James percepiva che qualcuno gli stesse massaggiando le spalle, forse Logan, ma non ne aveva idea. Sentiva solo una sensazione di vertigine avvolgerlo, e il suo cuore stava battendo all'impazzata, cercando di ancorarsi a qualcosa di concreto.
«E' stato un brutto colpo alla testa, e ha colpito aree del cervello incredibilmente delicate: dobbiamo cercare di non sforzare troppo la sua memoria, e ciò significa che dobbiamo evitare di far riaffiorare in lui tutti i ricordi che potrebbero causargli emozioni incredibilmente forti, almeno per il momento.» aveva guardato in direzione di James e lui aveva capito immediatamente. Si sarebbe dovuto allontanare da Irwin. Non solo allontanare, però. Sparire dalla sua vita.

Le voci dei suoi amici erano un rumore di fondo distante, come un brusio indistinto. Le domande di suo padre, le parole di conforto di Oliver, le preoccupazioni di Jack, tutto si mescolava in un caos confuso e soffocante. Sentiva il suo respiro diventare più rapido e superficiale, il petto si stringeva in una morsa dolorosa. James si era passato una mano tremante sul viso, cercando di scacciare la sensazione di irrealtà che lo avvolgeva. Ma non poteva. La mente tornava ossessivamente al volto confuso di Irwin, al suo sguardo smarrito e alla domanda devastante: "Chi sei?"

Il dolore stava diventando più acuto, più penetrante. Il mondo attorno a lui stava crollando, e lui si sentiva impotente, incapace di afferrare qualcosa di stabile. La certezza di un futuro insieme ad Irwin si sgretolava, lasciandolo in balia di un abisso di solitudine e disperazione. Ogni sogno, ogni promessa, ogni speranza sembrava dissolversi nell'aria, come fumo portato via dal vento. James era sopraffatto. La realtà si era trasformata in un incubo dal quale non riusciva a svegliarsi, e la consapevolezza che Irwin non ricordava più di lui era una lama che continuava a trafiggergli il cuore.

«No, non esiste!» aveva protestato Danny, gli occhi gonfi dalle lacrime. Jack aveva provato a trattenerlo, invano, perché il ragazzo si dimenava e urlava così forte che le persone che passavano di là lanciavano loro delle occhiatacce. «Jam, mi ascolti?» lo aveva scosso per le spalle con convinzione come se fosse stato una bambola di pezza. «Voi due tornerete insieme, prima o poi. Te lo prometto! Tu ed Irwin non potete separarvi!»

James era confuso. Le parole di Daniel sembravano provenire da un'altra dimensione. Cosa stava farneticando? Si era accigliato, cercando di mettere a fuoco i volti dei suoi amici, ma tutto sembrava sfocato, irreale. «Perché dovremmo separarci, Danny?» la sua voce era un sussurro tremante, carica di confusione. I suoi amici si erano scambiati uno sguardo preoccupato, ma per James quel gesto sembrava accadere in un sogno. Le loro espressioni, i loro movimenti, tutto appariva rallentato, come se fosse immerso in un liquido denso e opprimente. Le sue stesse parole gli sembravano vuote, prive di senso, come se appartenessero a qualcun altro. «Piuttosto, andreste a cercare Irwin? Devo parlargli di alcune cose riguardanti il nostro matrimonio.»

I Ricordi Di Alvagar -Il Medaglione Di Alvagar 3-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora