UNDICI

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Jungkook stava studiando in cucina come suo solito, il computer accesso e il quaderno degli appunti aperto — stranamente il tavolo non era in disordine. Camminava in tondo per tutta la stanza gesticolando e parlando al muro in inglese. Gli mancava un ultimo esame, quello orale a Giugno, ma gli mancavano anche sette capitoli di letteratura inglese del Novecento da studiare in un solo mese.
«And that's why Joyce... no, aspetta, non era così!» Si prese la testa fra le mani e si gettò a peso morto sulla sedia costringendo i propri occhi a rimanere aperti e rileggere gli appunti.
Non era proprio dell'umore adatto, chiaramente, dato che non sentiva la voce di Taehyung da più o meno due settimane se non quando gli chiedeva di spegnere la luce del corridoio di notte.
Provò in tutti i modi a capire il perché del comportamento esagerato di Taehyung, perché era davvero esagerato, insomma, che male c'era nell'avere uno scopamico? Cosa gli aveva fatto di male Jimin per farsi odiare così tanto?
Jungkook non poteva di certo sentirsi in colpa solo perché faceva sesso!
Certo, avrebbe potuto dirlo a Taehyung ed evitare i baci con lui dato che lo faceva già con qualcun altro, su questo era d'accordo, ma aveva avuto paura della sua reazione. Pft, dopo cinque anni di intensa amicizia ancora ci pensava due volte prima di dire qualunque cosa al suo migliore amico solo perché era un fifone insicuro che non voleva essere giudicato.
E parlando del diavolo...

Taehyung entrò in cucina, indossava la stessa t-shirt nera lunga da giorni, ovviamente senza pantaloni perché il caldo si faceva sentire fin troppo già a Maggio.
E come suo solito, scansò Jungkook, lo ignorò come se non fosse lì, come se non esistesse e non potesse ferirlo, come se non stesse là seduto cercando di non alzare lo sguardo su di lui.
Taehyung aprì il frigorifero davanti ai suoi occhi e ne estrasse un cartone di succo.
Provò a pensare a quello che avrebbe detto a Jungkook mentre riempiva il bicchiere se non avessero mai litigato, se non avesse mai visto quel succhiotto, se non avesse mai inscenato quel momento di gelosia, se non gli fosse mai piaciuto Jungkook.

Le dita gli tremarono improvvisamente a quel pensiero e gli cadde il bicchiere dalle mani, vetro e succo erano sparsi sul pavimento e il moro li fissò tremante, poi si accovacciò per raccogliere frettolosamente i pezzi che non sarebbero mai più stati un tutt'uno.
All'udire il rumore, Jungkook finalmente alzò lo sguardo dal quaderno e sgranò gli occhi, corse ad accovacciarsi anche lui ai piedi di Taehyung per aiutarlo a pulire quel disastro. Non poté fare a meno di notare uno dei pezzi vetro leggermente sporco di sangue.
«Taehyungie hyung, come hai fatto? Fa vedere.» Prese fra le sue mani quelle del maggiore il quale era rimasto imbambolato.
«Tutto okay?» Jungkook strinse leggermente la presa sulle sue dita per fargli capire che lui era lì. Cazzo, lui era lì! Taehyung si risvegliò dal suo stato di trance ed annuì appena con la testa. Così, Jungkook gli sciacquò la ferita che gli percorreva tutto il palmo sotto l'acqua del rubinetto e lo fece sedere in modo da inginocchiarsi davanti a lui e fasciargli la mano con quel che aveva trovato nella dispensa.
«Sta più attento.» Sussurrò.
Ma Taehyung voleva solo che stesse zitto. D'altronde, una delle caratteristiche di Jungkook era quella di essere loquace.
«Aspetti delle scuse da me?»
Zitto, zitto, zitto!
«Posso chiederti scusa per averti mentito, ma non per essere amico di Jimin.»
«N-non ho mai detto che non potevi essere amico di Jimin.» Strinse gli occhi quando il castano gli chiuse la fasciatura per poi sedersi accanto a lui.
«Ah no?»
«No.»
«Allora quali altre scuse ti aspetti?»
Come faceva Taehyung a dirgli che non voleva scuse ma solo baci?
Strinse la mano buona attorno al posto, fin dove arrivavano le fasce bianche, pur di non piangere.
«Io... sono io che devo scusarmi.» Poteva sentire lo sguardo di Jungkook addosso, ma lui, al contrario, osservava esclusivamente il tavolo, i capelli che avevano bisogno di essere tagliati coprivano la sua espressione affranta.
«Avevo paura che mi avresti sostituito con Jimin e non mi sono reso conto che quello che sto facendo adesso ignorandoti è proprio lasciare che questa paura si avveri.»
Jungkook lo guardava con grandi occhi teneri.
«Sono arrabbiato— ero arrabbiato perché... pensavo non mi volessi più.» Patetico, patetico, patetico.
«Non ti facevo un tipo geloso dei propri amici.» La buttò sul ridere il castano. Sorrise.
Anche Taehyung finse una risatina. Quanto odiava la parola amici, a volte.
«Jimin hyung è mio amico. Tu sei mio amico. Sono cose che possono convivere. Avrei dovuto dirtelo prima, ma, per piacere, prova ad accettare Jimin, okay? Mi dà noia questa situazione, almeno non litigarci.» Incrociò le braccia al petto.
Taehyung contò fino a tre nella sua testa, poi alzò lo sguardo titubante e annuì verso Jungkook. Aveva fatto male. Aveva fatto male perché si era arrabbiato con Jungkook per non aver detto subito la verità ma adesso era lui quello a mentire.
Era strano, perché agli occhi di Jungkook, Taehyung era sempre sicuro di se stesso, maturo, responsabile, riflessivo, ma in realtà il moro non sapeva che cazzo stesse combinando la maggior parte delle volte, gli piaceva solo il fatto di essere un punto di riferimento per il minore.
«Mi prometti che siamo apposto?» Sussurrò Jungkook avvicinandosi al suo viso.
Annuì.
«Davvero? Posso studiare liberamente, adesso?»
Il moro ruotò gli occhi al cielo accennando un sorriso e lo attirò a sé per un abbraccio stretto — anche se un po' scomodo da seduti. Erano apposto.

Taehyung pensò che non avrebbe mai dichiarato i propri sentimenti a Jungkook.
Mentre lo abbracciava, aveva capito che non l'avrebbe più baciato, che l'ultimo bacio era stato quello della notte in cui litigarono, quello dopo tanti altri baci con qualcuno che non era lui. Forse Seokjin aveva ragione, dovevo solo essere normali amici senza stronzate di mezzo e lui doveva solo farsene una ragione.
Quei pezzi erano di nuovo un tutt'uno — forse.

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