VENTIQUATTRO

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Jungkook stava cercando di ricordarsi se aveva mai trovato Taehyung attraente in quel senso. Che Taehyung sembrasse una statua greca lo sapevano tutti, e lui glielo diceva anche in faccia, ma esserne attratto sessualmente era un altro conto.

Doveva compilare dei fogli da portare al preside, in realtà, mentre la sua classe recuperava una verifica in silenzio, ma non riusciva a pensare ad altro: aveva mai visto Taehyung in un altro modo che non fosse da amico? Era per questo che l'altra notte si erano lasciati andare per la prima volta? Da ubriachi si dice sempre la verità e l'impulso fa compiere azioni sempre volute nel profondo, perciò lui aveva sempre voluto—
Sbatté il palmo della mano sulla fronte così forte che gli alunni alzarono il capo verso di lui, straniti. «Scusate.» Sussurrò in imbarazzo.
Avrebbe voluto togliersi il dubbio una volta per tutte, ma non c'era modo di farlo, dipendeva tutto da lui.
Per lo stress, il giorno dopo l'accaduto, si fece addirittura un piercing al labbro — sua madre non approvò molto, Taehyung quasi svenne — e adesso giocherellava sempre con la lingua con quell'anellino quando era nervoso o sovrappensiero.

Si ricordò di quella volta, due anni fa, quando portò Taehyung con sé in un club. Bevvero e ballarono fino alle cinque di mattina, bei vecchi tempi. Tra alcuni dei tanti ubriachi iniziò una specie di gara di ballo di canzoni kpop. Taehyung andava pazzo per il kpop. Da sobrio non avrebbe mai preso parte a quella sfida, ma in quel momento era tutto tranne che sobrio, così si lasciò Jungkook alle spalle ed attirò l'attenzione di tutti su di sé quando partì Love shot degli Exo. Ogni passo di Taehyung era perfetto e sensuale; le sue curve sinuose in movimento, gli occhi felini, i capelli arruffati e tutti quei body roll e quel mordersi le labbra avevano lasciato la sala incantata. Jungkook compreso. Ricordava di essere più distante dalla folla, ormai stanco, seduto su un divano a gambe divaricate come suo solito mentre osservava il suo amico ballare, e gli venne caldo quando, per qualche breve secondo, fecero contatto visivo. Jungkook si morse le labbra senza neanche nasconderlo e fece scorrere i suoi occhi dall'alto verso il basso del suo corpo più e più volte.

Quel giorno lo ricordava bene, a differenza degli altri in cui ritornava a casa ubriaco fradicio. Se si sforzava, riusciva ancora a vedere gli occhi scuri e profondi di Taehyung cercare la sua anima attraverso i suoi, di occhi.
Quello valeva come trovare il proprio amico sexy abbastanza da andarci a letto insieme? Ma Taehyung era suo amico, diamine.

Ringraziò il cielo quando la campanella suonò giusto in tempo prima che si strappasse i capelli per la quarantesima volta quella settimana. Gli alunni si alzarono e gli porsero i compiti, li salutò tutti, poi si diresse verso l'ufficio del preside al piano terra.
Bussò un paio di volte alla porta ed entrò prima di ricevere una risposta.
«Papà.» Salutò, annoiato.
«Lo sai che non devi chiamarmi così quando siamo a lavoro.» L'uomo spostò lo sguardo dallo schermo del computer a Jungkook, notando subito il nuovo piercing e inarcando le sopracciglia in disapprovazione.
«Non sei venuto il giorno del mio esame.» Ignorò quello che gli aveva detto e passò subito al sodo.
«Beh, ero impegnato, molti giornali hanno voluto parlare con me per pubblicare degli articoli sulla scuola. Ma sapevo che saresti passato.»
«Avresti potuto chiamarmi.»
Suo padre non si era ancora scusato. Jungkook non sentì dispiacere nella voce di suo padre.
Si erano sempre supportati l'un l'altro, dalla costruzione della scuola al trasferimento, in tutto, e adesso non poteva neanche spostare delle interviste per poter assistere a uno degli eventi più importanti della vita di suo figlio.
«Ti ho detto che non è stata colpa mia.»
Jungkook sospirò e rilassò i muscoli. Forse era davvero solo stressato e stava dando troppa importanza alle cose sbagliate.
«Questi sono i fogli che dovevo consegnarti, così siamo apposto con tutto.» Glieli posò sulla cattedra ed uscì dall'ufficio.
Aveva proprio bisogno di un caffè. O di stuzzicare un altro po' il suo piercing.

Stranamente, era Taehyung quello che ignorava l'avvenimento della scorsa notte. Quando si ritrovava ad abbracciare l'amico, dirgli parole dolci, o cose del genere, come d'abitudine, si sentiva una punta di imbarazzo da entrambe le parti, ma Taehyung era troppo stanco per potersi incolpare ancora e ancora. Cioè, era stata colpa sua, ma anche di Jungkook perché era troppo irresistibile.
Sì, cazzo, il suo migliore amico gli aveva fatto provare il miglior orgasmo della sua vita ed era quello che aspettava da sempre, e questo non cambiava il fatto che non sarebbero mai stati altro se non amici, per cui era meglio accettarlo come errore e andare avanti, nulla che non avesse già fatto, ecco perché non si stava tormentando, se non altro non più del solito.

Taehyung camminava a passo sicuro nei corridoi durante il cambio dell'ultim'ora in cerca dell'archivio della scuola per poter controllare quali quadri le sue quinte avessero presentato alla competizione d'arte negli anni precedenti in modo da non ripeterli quell'anno stesso. Taehyung sperava di poter proporre qualche opera di Munch.
Si fermò davanti a una porta in legno che riconobbe essere quella dell'archivio, la spalancò e accese la luce ma la spense un secondo dopo. «Che cazzo!»
Aveva appena visto Jimin premuto contro il muro, Yoongi su di lui che gli reggeva con una mano un fianco e con l'altra la gamba avvolta attorno al proprio bacino mentre si baciavano voracemente. L'aveva davvero visto, non era un sogno. E Jimin aveva urlato subito dopo Taehyung per lo spavento e spinto Yoongi lontano quasi a farlo cadere.
Dopo qualche secondo, Taehyung riaccese la luce per vederli adesso in piedi e composti, la camicia nei pantaloni e la cravatta al posto giusto. Il biondo nascosto un po' dietro il corpo dell'altro, palesemente irritato.
«Voi due non vi odiavate?» Chiese Taehyung, incredulo, mentre chiudeva la porta per evitare che qualcuno li vedesse.
«Non più, a quanto pare. Sei così sorpreso?» Chiese a sua volta Yoongi incrociando le braccia al petto — come se un minuto prima non gli fosse scoppiato il cuore nella cassa toracica perché pensava di essere stato scoperto da chissà chi.
Taehyung gesticolò verso la coppia. «Andiamo, proprio a scuola? Non siete degli adolescenti in calore.»
«Di solito non viene nessuno qui.» Borbottò il maggiore lì dentro.
«Basta, ne stai facendo una questione di stato, come sempre.» Jimin non poteva starsi zitto. «Che te ne frega di quello che facciamo noi? Non sei omofobo da quello che mi pare, quindi non rompere le palle a noi.» Si avvicinava al moro, minaccioso, a ogni parola che pronunciava; si sarebbero già scontrate le loro fronti se Yoongi non avesse trattenuto Jimin da un polso.
Yoongi sospirò. «Ascolta, Taehyung, non dirlo a nessuno, okay?»
Anche Taehyung sospirò. «Non l'avrei mai fatto.»

Si diresse verso l'enorme parete colma di cassetti fino al soffitto e ne aprì uno abbastanza in alto per poi tirarne fuori un fascicolo. «Ma sono serio, se proprio non volete essere scoperti magari evitate di fare qualunque cosa steste facendo qui a scuola.» Alzò un sopracciglio in loro direzione.
È che da quando si erano baciati con la lingua per la prima volta — ci volle un po' dato che Yoongi andava troppo lento, fino a quando Jimin si spazientì e prese in mano le redini della situazione —, Jimin era rimasto dipendente da quella sensazione. Ma forse doveva davvero darsi una regolata. Stava imparando a lasciarsi andare grazie a Yoongi, ma non voleva esagerare.

Taehyung uscì dalla stanza salutando la coppia e i due, rimasti da soli, scoppiarono a ridere.

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