DICIOTTO

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NOTA: uno dei miei capitoli preferiti <3 commentate quanto volete, se volete! xoxo

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Con l'inizio di Giugno, a un mese prima della fine della scuola, furono avviati diversi corsi pomeridiani dal preside in modo che gli studenti potessero recuperare crediti o cose così. Questo teneva impegnati anche alcuni professori fino al pomeriggio, infatti era da un po' di giorni che Taehyung tornava a casa da solo e pranzava da solo — imbronciato.

Jimin se ne stava seduto dietro la cattedra con le gambe accavallate mentre aspettava che la classe finiva l'esercizio che aveva appena assegnato. Erano lezioni di ripetizione o meglio recupero di matematica, insomma non il suo forte vista la sua poca pazienza. E per questo erano rare le volte in cui riusciva a tornare a casa prima che facesse buio o a fare visita a sua madre in ospedale per più di cinque minuti e questo lo metteva ancor più di cattivo umore.

Si morse l'interno guancia mentre il suo sguardo vagava per tutta l'aula, annoiato, fino a quando non notò una catenella d'argento incastrata nel cassetto della cattedra. Alzò un sopracciglio e la afferrò. Ricordava di averla già vista da qualche parte.
«Oh, ha ritrovato il bracciale del professore Min!» Esclamò una ragazza, notandolo.
«Silenzio, finisci l'esercizio.» E la ragazza abbassò di nuovo la testa al suo ordine.
Ma effettivamente aveva ragione; gli occhi di Jimin si illuminarono improvvisamente al ricordo di quel braccialetto attorno al polso di Yoongi e, rigirandoselo fra le mani, si accorse che anche Yoongi aveva ragione, che quel giorno stava davvero ficcando il naso fra le sue cose solo per trovarlo.
La sua espressione cambiò del tutto, si sentì colpevole come non mai nell'aver incolpato subito Yoongi senza credergli. Non era da lui ammettere di aver sbagliato, ma questa volta era diverso.

Senza neanche farlo apposta, vide con la coda dell'occhio — dato che la porta era aperta — Yoongi passare davanti alla sua classe, guardando dritto davanti a sé e percorrendo il corridoio con le mani nelle tasche dei pantaloni; erano le tre e molto probabilmente stava per tornare a casa.
Jimin si alzò di scatto e qualcuno lo guardò male.
«Huh, voi continuate, io torno subito.»
Uscì dalla classe e raggiunse Yoongi a passo svelto.
«Yoongi!» Lo chiamò — hyung non esisteva, per lui.
Il maggiore rimase più che sorpreso nel sentire la voce di Jimin, e si voltò, concedendogli finalmente tutta la sua attenzione.
Il biondo gli si parò davanti e gli mostrò il braccialetto tenendolo tra indice e pollice di fronte al suo viso.
«L'ho trovato nella seconda A, era incastrato nel cassetto.»
Yoongi lo prese delicatamente fra le sue mani, visibilmente contento di averlo ritrovato, ma dopo qualche secondo alzò lo sguardo verso Jimin, uno sguardo tagliente e severo come a dirgli te l'avevo detto.
Jimin sospirò. «Avevi ragione. Mi dispiace.»
«Lo so che avevo ragione.»
«Scusa.»
A Yoongi non parve vero che Jimin si era appena scusato ben due volte di seguito e si sentì in difficoltà, non voleva farglielo pesare, non voleva rientrare in quel circolo vizioso in cui non facevano altro che mordersi la coda a vicenda, facendosi del male.
Anche Yoongi sospirò dopo minuti di silenzio. «A che ora finisci?»
«Cinque e mezza.» Jimin si morse la lingua per aver risposto così velocemente.
È difficile da spiegare, ma il minore aveva un luccichio di speranza negli occhi. Era rimasto solo per troppo tempo.
«Ti aspetto.» Disse soltanto Yoongi, e girò i tacchi per proseguire verso l'uscita.

Jimin rimase immobile in mezzo al corridoio per qualche secondo, sorpreso, poi tornò in classe.
Inutile dire che era impaziente e corresse i compiti velocemente, si mordeva la lingua mentre spiegava e soprattutto non si arrabbiava quando gli venivano poste domande "stupide." Che importava quando stava per rientrare nell'auto di Yoongi?

Alle cinque e mezza fu Jimin a lasciare l'aula di corsa prima di tutti, lasciando gli alunni straniti.
Jimin si infilò la giaccia della divisa ed issò lo zaino in spalla per poi uscire. Non dovette neanche cercare l'auto di Yoongi, era esattamente di fronte a lui fuori dal cancello. Gli era mancata.
Forse entrò con troppa euforia nell'auto perché spaventò il maggiore che chiuse improvvisamente il libro che stava leggendo e sgranò gli occhi. Il biondo arrossì.
«Non farlo mai più.» Scherzò Yoongi. Poi mise in moto l'auto e quel pomeriggio soleggiato sembrò una qualsiasi altra mattinata, una in cui i due si sopportavano e non litigavano ed erano sereni. Ed erano Yoongi e Jimin.
«Oggi per la prima volta non ho considerato stupida la domanda di un mio alunno.» Jimin mise le mani sotto le cosce e volse lo sguardo verso il finestrino per osservare beato la strada e i palazzi. «Cioè, per me lo era, ma per loro no perché stanno ancora imparando. A volte lo do per scontato.»
«È okay, è solo il tuo primo anno come insegnante, anche tu stai ancora imparando, per assurdo, non fartene una colpa.»
Jimin girò di nuovo la testa verso di lui a bocca aperta ma nemmeno un grazie ne uscì fuori.

Quando Yoongi si fermò nel parcheggio di fronte l'edificio malandato, Jimin alzò lo sguardo verso la piccola sporca finestra del suo monolocale, poi verso il lampione rotto, i muretti imbrattati, le bottiglie di birra vuote fra un cespuglio spoglio.
Aveva la mano pronta sulla maniglia dello sportello mentre Yoongi gli fissava la schiena, ma poi si voltò a fronteggiare il maggiore, titubante.
«Tu...» Deglutì. «Vuoi salire?»
Oh Dio, si sentiva così in imbarazzo per averlo invitato in un luogo così indecente, ma ormai era fatta. Non se la sentiva ancora di lasciarlo andare, non quel giorno, non dopo aver sistemato le cose così facilmente per la prima volta. O semplicemente, dopo intere settimane difficili, era diventato più vulnerabile perché era del tutto esausto, fisicamente e mentalmente, ed era sempre più difficile mantenere la sua corazza.
Yoongi accettò con un cenno del capo.

Jimin iniziò a pentirsene veramente quando uscirono dall'ascensore ed aprì la porta dell'appartamento.
«Jimin.»
Il biondo si accorse che gli tremavano le mani.
«Non mi importa dove abiti, non sono affari miei, non ti giudicherei mai per questo. Non l'ho fatto finora e non lo farò mai.»
Jimin annuì ed alzò lo sguardo. Erano entrambi silenziosi, ma il disagio stava via via sparendo.
«Uhm, ho della pizza surgelata in frigo.» Disse Jimin, notando che quello e un paio di carote erano l'unico cibo presente nel frigorifero.
«Vada per la pizza.»
Mentre Yoongi prendeva posto su una sedia, Jimin accese il microonde.

La pizza non era certo stata la migliore che avessero mai mangiato, ma la compagnia sì, lo era stata.
Tra un trancio e l'altro, parlavano del gatto di Yoongi, tinte di capelli, viaggi mai fatti, film visti per metà e scherzavano e scherzavano ancora. A Yoongi piaceva la risata dolce di Jimin.

Yoongi rimase a casa di Jimin fino alle undici di sera a parlare e basta, seduti l'uno di fronte all'altro. Avevano passato davvero una bella serata, ma entrambi avevano scuola il giorno dopo.
Jimin si poggiò con la spalla sullo stipite della porta mentre Yoongi era ormai sul pianerottolo.
«Grazie per stasera.» Disse Jimin. «Non cenavo con qualcuno... da un eternità.»
Fissò il maggiore da sotto le lunghe ciglia sperando di mostrare la sua gratitudine. Si era quasi dimenticato com'era mangiare in compagnia di qualcun altro.
«Non c'è di che. Possiamo rifarlo quando ti va, se ti va.» Yoongi sorrise e Jimin ricambiò.
Nessuno dei due, però, si mosse. Continuarono a guardarsi timorosi perché non volevano che quel momento finisse.
Lo stomaco di Jimin si riempì di mille farfalle quando vide Yoongi avvicinarsi lentamente al suo viso. Davvero molto lentamente, così lentamente che Jimin avrebbe potuto scostarsi quando voleva. E invece Jimin lo lasciò fare, lasciò che gli prendesse il viso fra le mani per poi poggiare le labbra sulle sue. Chiusero tutti e due gli occhi mentre provavano a calmare i cuori palpitanti. Per non far notare che le sue labbra stavano tremando dal nervosismo, Jimin iniziò a muoverle dolcemente e strinse fra le sue mani i polsi di Yoongi che invece gli accarezzava le guance con i pollici. Durò poco ma a loro sembrò tanto seppur non abbastanza. Yoongi si allontanò di poco e gli stampò un altro bacio. Dall'espressione beata del biondo non gli sembrava di aver sbagliato. «Buonanotte.» Gli sussurrò, e corse giù per le scale di fretta, imbarazzato.

Jimin si toccò le labbra con le dita mentre rientrava in casa e inevitabilmente gli spuntò un enorme sorriso sul volto. Saltellò un paio di volte sul posto, felice come una ragazzina con la sua cotta — ma se con Jungkook si sentiva un misero liceale, con Yoongi sentiva di star crescendo e diventando l'uomo che voleva essere.
Aprì la bocca per dire qualcosa, qualunque cosa, poi si ricordò che era da solo a casa, sua madre non c'era.
Gli sarebbe piaciuto vantarsene con lei.
Sospirò profondamente, calmandosi.
Senza neanche cambiarsi vestiti, si sdraiò sul letto e poggiò la testa sul cuscino inebriato del profumo di sua madre, contento.

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