TRENTADUE

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NOTA: tw! presenza di contenuti espliciti e maturi, tuttavia non descritti dettagliatamente. sta a voi la scelta, buona lettura!

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Jimin era letteralmente spiaccicato sul corpo di Yoongi, sopra di lui, sdraiati sul divano ad elle in casa del maggiore.
Passavano la maggior parte del loro tempo lì, insieme. Il biondo amava il bianco e i pensili moderni di quella casa. Inoltre, era più in centro.
Quel giorno Yoongi era andato a trovare la madre di Jimin in ospedale — in qualità di suo amico visto che Jimin era indaffarato con il lavoro ma non voleva lasciarla da sola — poi era passato con l'auto a prendere Jimin dalla pasticceria dove lavorava come nuovo commesso e lo aveva portato a casa per una sessione di coccole — il gatto di Yoongi era giusto un po' geloso.
In questi anni Jimin si era dimenticato quanto amasse il contatto fisico. Stronzo scorbutico che amava le carezze. Il suo fidanzato gliene dava quante ne voleva.

I suoi capelli biondi venivano pettinati da delle lunghe dita mentre la sua guancia era premuta sul suo petto.
«Poi mi ha detto che un infermiere è andato in pensione.» Yoongi stava riferendo tutto quello di cui sua madre gli aveva parlato in ospedale. Fra una frase e l'altra alzava il viso di Jimin e lo baciava sulle labbra.
«Scommetto l'infermiere Kim.» Jimin ricambiò con un altro piccolo bacio.
«Non lo so.» Il maggiore lo attirò a sé cosicché Jimin dovesse circondargli i fianchi con le cosce e si baciarono di nuovo.
«Vuole che tu vada a mh trovarla.»
«Anch'io voglio.» Jimin lo guardò negli occhi da una distanza di appena qualche millimetro a dividerli. «Ma mi hanno messo dei turni del cazzo.» E si chinò di nuovo per baciarlo. Si baciavano, baciavano e baciavano ogni volta che stavano insieme, arrivavano al massimo a sfiorare la loro pelle nuda da sotto la maglietta ma adoravano tutto già così com'era. Cazzo, Yoongi era davvero dolce e Jimin aveva sempre pensato di odiare questo suo lato ma in realtà era il contrario.

Tuttavia, le loro bocche bagnate si divisero quando qualcuno suonò il campanello. Yoongi non aspettava nessuno alle otto di sera quel venerdì, per cui si alzò seguito da un lungo sbuffo. Jimin si mise seduto provando a sistemarsi i capelli quando sentì una voce squillante invadere la stanza.
«Yoongi!»
Una donna e un uomo di mezz'età entrarono in salotto portando con sé bagagli e odore di chiuso. Yoongi sembrava tranquillo, solo un po' scocciato.
«Mamma, papà, non sapevo sareste venuti.» Disse stranito. Non si offrì né di prendere le loro giacche — c'erano letteralmente trenta gradi là fuori?! — né di spostare le valigie.
«Oh, dici così tutte le estati.» Ed era vero. Quei due si presentavano puntualmente ogni anno a casa di loro figlio senza alcun preavviso pretendendo di ricevere una certa accoglienza. E puntualmente Yoongi si dimenticava di quelle visite per niente gradite. Quando da adolescente lo avevano rinchiuso in una clinica per "curarlo dalla sua omosessualità", non andarono mai a trovarlo, ma adesso che aveva una casa e un'auto era improvvisamente diventato il loro figlioletto.

Jimin, un po' a disagio non solo perché indossava dei miseri pantaloncini e una maglia che li copriva quasi del tutto, si rese conto che lui non sapeva nulla di Yoongi. Nulla della sua vita. Niente. Mentre lui gli aveva parlato del suo passato, quello che rimaneva della sua famiglia, i suoi problemi economici, la passione per la matematica, e adesso non sapeva che cazzo di rapporto aveva invece Yoongi con i suoi.

La madre di Yoongi si guardò intorno soddisfatta nel vedere le pareti appena ridipinte. Suo marito, d'altro canto, sembrava un po' annoiato.
«Oh?» La donna sussultò drammaticamente e fece finta di essersi appena accorta di Jimin seduto sul divano. In realtà l'aveva già guardato storto un paio di volte, ma lui non se n'era reso conto, troppo occupato a osservare i suoi piedi strisciare con nervosismo sul pavimento.
«Lui chi è? Salve, sono la madre di Yoongi, Taeji.» Ma rimase coi piedi puntati lì dov'era. La sua gentilezza era così falsa.
Jimin la raggiunse in un paio di passi. Insomma, si sa che lui l'avrebbe mandata a fanculo in quell'esatto momento se avesse voluto, Park Jimin non si interessava mica dell'opinione che una sessantenne potesse avere di lui. Però quei pensieri sul non conoscere molto di Yoongi correvano da una parte all'altra della sua mente e non poteva concentrarsi su altro se non il sentirsi una merda.
«Uhm...»
«Lui è Jimin, il mio ragazzo. Adesso gradirei che andaste via.»
Taeji scosse la testa ripetutamente. «Figliolo, quante volte te l'ho detto di smettere di fingere? Tu non sei... gay, vuoi soltanto farmi un dispetto. Non impari mai.» Ancora gentilezza falsa nella sua voce.
«Figliolo il cazzo, mamma.» Aggrottò le sopracciglia e sentì Jimin aggrapparsi al bordo della sua t-shirt, stringendo la presa.
«Se non hai nulla di carino da dire puoi anche andare via.» Sospirò.
Non era suo solito trattare male sua madre, nonostante tutto. In un'altra situazione le avrebbe offerto un caffè prima di cacciarla e costringerla a passare le vacanze in un hotel senza vedere più suo figlio, ma non adesso dopo aver messo Jimin a disagio.
«Quel ragazzo ti ha fatto il lavaggio del cervello.» Appena parlò, chiaramente riferendosi a Jimin, i suoi occhi si iniettarono di sangue e Yoongi prese la mano di Jimin fino a poco prima ancora appesa alla sua maglia. «Jiminie, vai di sopra, per piacere, torno presto.» Gli sussurrò.
Oh, Jimin non se lo fece ripetere due volte, si inchinò di sfuggita, senza mai alzare lo sguardo, e corse su per le scale fino in camera di Yoongi dove riprese a respirare.

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⏰ Ultimo aggiornamento: a day ago ⏰

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