VENTISEI

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Dal giorno successivo, per tutta la settimana, strapiena di entusiasmo essendo l'ultima, Jimin si presentò a scuola con Sunjin.
Mano nella mano col ragazzo, la bambina si sentiva persa fra le occhiate e i bisbigli di tutta la scuola mentre percorrevano il corridoio.
«È sua sorella? Sua figlia?»
Mentre Jimin li ignorava e basta fino a quando entrò in aula professori e tirò un sospiro di sollievo prima che—
«Jimin! Ma che fai?!» Yoongi lo guardò ad occhi sgranati ed attirò l'attenzione anche di Jungkook e il vecchio e scorbutico professore Son di letteratura, gli unici nella stanza.
«Non avevo altra scelta.» Disse Jimin, ignorando di nuovo quegli sguardi giudicanti mentre indicava alla bambina dove sedersi, poi estrasse dal suo zaino un album da colorare e glielo porse. Era vero, questa era l'unica soluzione che gli era venuta in mente.
«Sei impazzito, per caso? Non credo sia una cosa tanto legale.»
«Oh! Lui è il tuo amico con il braccio disegnato!» Esclamò Sunjin, indicando Jungkook il quale stava ascoltando la conversazione con discrezione senza però capirci molto. Jungkook sorrise a Sunjin.
Gli occhi di Yoongi si fecero ancora più grandi per lo shock. «Cosa? E lei quando vi ha visti? Quando è venuto Jungkook a casa tua? E come ha fatto a vedergli il braccio nudo?» Aveva alzato il tono della voce mentre gesticolava.
Sunjin non capiva.
«Prima calmati e poi ti dico tutto.» Jimin gli si avvicinò e si sedette tra Yoongi e Jungkook.
«Sunjin rimarrà con me per poco. Grazie ad alcune sue risposte so già dove cercare la madre, stai tranquillo.» Parlò a bassa voce ben sapendo che tanto Sunjin non lo sentiva e Jungkook non lo capiva.
«No che non sto tranquillo! Mi hai detto tu che quel tipo è pericoloso, non sei un poliziotto, non sai dove ti porterà questa cosa!» Yoongi invece non badava al suo tono di voce.
E allora Jimin capì che Yoongi era soltanto preoccupato per lui e il suo sguardo si addolcì. Si addolcì perché finora solamente sua madre aveva provato a proteggerlo, nessun altro. Perciò Jimin rimase senza parole ed abbassò la testa.
«Guarda! È uguale al tuo!» Ad interrompere quel silenzio, Sunjin mostrò il suo disegno a Jungkook: rappresentava il serpente tatuato sul suo polso. «Wow.» Esclamò lui. «È perfetto. Ti piace disegnare?»
«Sì. Da grande voglio anche io i disegni sulle braccia.»
Jimin si alzò improvvisamente dalla sedia. «Comunque, Sunjin, non muoverti da qui fino a quando non torno, per nessuna ragione, okay?» Sapeva che si sarebbe potuto fidare di lei quando annuì col capo.
«La controllerò anche io nella mia ora libera.» Disse allora Yoongi.
«E anche io.» Jungkook alzò una mano in aria. «Non so cosa sia successo, ma conta pure su di me.»
«A proposito, voi due non avete nulla da dirmi?» Disse Yoongi guardando entrambi sornione mentre si alzava dalla sedia per prepararsi ad andare in aula.
«Uhm—»
«Assolutamente no.» Rispose in fretta Jimin stringendo il suo zaino al petto.
«Jimin hyung.» Jungkook lo rimproverò in un solo sospiro. «Non va bene nascondere le cose. Quindi, Yoongi hyung, io e lui siamo andati a letto insieme per un periodo ma non ha significato nulla. Adesso, scusate, ma la prima campanella sta per suonare. Oh, e ricorda che a Jimin piace stare sopra.» E scappò letteralmente via. Sembrava ancora un ragazzino del liceo, a volte — beh, il più delle volte.
«Sopra dove?» Chiese Sunjin.
Ma sia Yoongi sia Jimin erano rimasti a bocca aperta, le guance leggermente rosse, si guardavano negli occhi, uno imbarazzato e l'altro anche leggermente geloso.
Fortunatamente suonò la campanella ed andarono via di lì senza dirsi nient'altro.

Mezz'ora dopo, invece, Seokjin e Namjoon entrarono in aula professori — iniziavano la loro giornata alle nove.
«Ti spiego quello che intendo—» Namjoon si bloccò bruscamente non appena sorpassata la porta e Seokjin seguì il suo sguardo fino a notare una bambina seduta a disegnare, concentrata, la quale alzò il viso verso i due sentendosi osservata ed arrossì.
«Uhm... non so neanche cosa dire.» Sussurrò il maggiore dei due.
«Ciao, io mi chiamo Namjoon, tu chi sei e che ci fai qui?» Le chiese in modo gentile, sedendosi di fronte a lei. Sfoggiò le sue fossette per metterla a sua agio.
«Mi chiamo Sunjin. Mi ha portato Jimin oppa qui.» Rispose soltanto. I due scossero la testa — avrebbero dovuto aspettarselo, quel ragazzo era imprevedibilmente strano.

Così, rimasero accanto a lei tutta l'ora mentre chiacchieravano fra di loro.
«Quindi, penso che nell'ultimo capitolo il protagonista morirà.» Affermò Namjoon, che parlava del suo libro anche a Seokjin perché, nonostante non avesse i mezzi per aiutarlo nella stesura, era pur sempre un suo grande amico.
«Non saprei.» Storse le labbra lui, non convinto. Accese il telefono per controllare l'orario e appena lesse la data sullo schermo sgranò gli occhi. «Oggi è giorno di puntura per Yieren, come ho potuto dimenticarlo.» Poggiò la fronte sulla mano. Doveva rimanere a scuola per i consigli di classe e non poteva stare con lei.
«Tranquillo, sono sicuro che capirà, e poi c'è tua moglie con lei. A proposito, come sta?»
«Meglio, più o meno. Ha trovato un lavoro part time in una cartolibreria. Anche se l'altro giorno ha pianto di nuovo nel sonno.» Sospirò. «Non solo si sente limitata e non realizzata perché non è per questo che ha studiato per tutta la sua adolescenza, ma è anche stressata perché non riesce più a rimanere incinta e io le ho detto che secondo me non è pronta e deve aspettare, ma lei si è arrabbiata. Non è mai stata così irascibile, a volte non la riconosco. Penso abbia bisogno di uno psicologo, ma ho paura a dirglielo.»
«Prova a parlarne con Yoongi, allora.»
«Io conosco Yoongi oppa.» Esclamò improvvisamente la bambina.
I due la guardarono un po' sorpresi e lei si sentì improvvisamente in colpa. «Non ho sentito quella che dicevate, giuro, mamma dice di non farlo. Ho solo sentito il nome di Yoongi.» Si giustificò. 

E proprio qualche secondo prima del suono della campanella, Jimin e Yoongi entrarono in aula insegnanti — avevano lasciato le classi leggermente prima per poter stare con Sunjin.
«Jimin oppa! Finito? Andiamo a casa?»
Jimin si accovacciò accanto a lei e le prese le guance fra le mani. «No, mi dispiace. Ti annoi?»
La bambina scosse la testa. «Mi servono solo dei pennarelli.»
Jimin corse subito a cercarli nello zaino.
Sunjin non aveva mai vissuto una vera infanzia; a cinque anni già sapeva fin troppo del lato buio della vita, e dopo tutti i dolori subiti e i sacrifici fatti non si permetteva certo di lamentarsi perché si annoiava. Faceva tutto quello che le veniva detto senza batter ciglio e resisteva. Aveva resistito tutta la vita.

«Huh, Jimin, non per farmi i fatto tuoi, ma non penso tu possa portare chiunque a lavoro.» Disse Seokjin — senza sembrare scortese dato che aveva paura di Jimin.
«Lo so, ma se nessuno mi scopre va bene, mi serve solo una settimana.» Rispose senza guardare il maggiore negli occhi ma aiutando la bambina a colorare.
«Jimin, vado in classe, ci vediamo all'ultim'ora.» Lo avvertì Yoongi, che sapeva non si sarebbero visti fino all'una. Avrebbe tanto voluto dargli un bacio.
Jimin non accennò alcuna risposta e decise di continuare a colorare per tutta l'ora di buca.

Namjoon e Seokjin sapevano che non gli si poteva dire nulla per smuoverlo dalle proprie convinzioni, e lo lasciarono fare sperando andasse tutto bene.

Sulla via del ritorno, Yoongi propose a Jimin di accompagnarlo a scuola anche all'andata, cosicché non dovessero svegliarsi troppo presto ogni giorno e non accettò un no come risposta.
«Grazie.»
L'auto si fermò come al solito nel grande e malandato parcheggio.
Jimin incastrò i suoi occhi in quelli di Yoongi. «Fidati di me, ti prego. Non tutto quello che faccio è avventato o egoista. Ti ringrazio per esserti preoccupato per me ma io so quello che faccio, l'ho fatto per anni e anni. Fidati di me.» Gli lasciò un lungo bacio sulla guancia ed uscì dall'auto con Sunjin.

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