TRENTA

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Il sole caldo ma non troppo di Luglio rendeva più piacevoli le giornate passate all'aria aperta.
Seduto fuori un bar, una sigaretta fra le dita, indossando una maglietta a mezze maniche bianca, sorseggiare un cappuccino freddo era ancora più piacevole per Jimin grazie al ragazzo di fronte a lui — che tra l'altro gli aveva offerto la bevanda.
«Jungkook, te l'ho detto, rimarrò nella stessa scuola a Settembre. Persona mi ha proposto un posto, ma io sto bene qui e non voglio dividermi proprio adesso da Yoongi.» Gonfiò le guance il biondo.
Jungkook tirò indietro i suoi capelli ed annuì.

I due amici non scambiavano quattro chiacchiere da ben prima della fine della scuola, ma non si erano mai persi di vista, e approfittarono dell'estate per incontrarsi.
Jimin era appena tornato dalla casa famiglia in cui alloggiavano Sunjin e sua madre; andava spesso a trovarle e gli piaceva vedere tutte quelle persone essere aiutate in modo che non facessero la sua stessa fine. Gli si illuminavano gli occhi specialmente ogni volta che Sunjin gli veniva incontro mano nella mano con la sua nuova amica.

«Già, Yoongi. Va tutto bene con lui, no?»
«Sì, ma non voglio parlare di questo.» Jimin alzò gli occhi al cielo e arrossì lievemente — non era proprio bravo ad esprimersi su certe cose e Jungkook sorrise alla sua innocenza.
«Tua madre come sta?» Cambiò allora discorso.
«Bene, più o meno. Sta avendo qualche ricaduta e le hanno momentaneamente cambiato terapia. Per questo pensavo di lavorare da qualche parte questa estate per accelerare i tempi e il giorno dell'intervento — manca ancora qualche migliaio di won.» E finì il fondo del suo cappuccino.
«Non sforzarti troppo. E se hai bisogno di una mano verrò io da tua madre, mi piacerebbe conoscerla.» Jungkook gli rivolse un mezzo sorriso, sapendo fosse impossibile smuovere Jimin dal suo piano.
«Grazie, ma c'è già Yoongi. Un giorno te la farò conoscere.» Borbottò sotto voce. «Tu, piuttosto. Come va con Taehyung?»
Jungkook si strozzò con il tè che stava bevendo e risputò tutto nel bicchiere. «Cosa dovrebbe andare?»
Jimin alzò un sopracciglio, ovvio — e quella reazione aveva confermato tutte le sue ipotesi.
«Ti piace, no?»
«No!» Il castano agitò le mani in aria. «No, è soltanto un mio amico.» Puntò gli occhi sul fondo del bicchiere agitando il liquido rimasto — ormai inbevibile — con la cannuccia. «No.» Continuava a bofonchiare ogni tanto, pensieroso, più a se stesso che all'altro.
«Allora tu piaci a lui. C'è qualcosa di... diverso, in voi, lo vedono tutti.» Disse Jimin, e si poggiò sullo schienale della sedia a braccia conserte.
E lo vedevano davvero tutti, ma non tutti avevano la sfacciataggine di dirlo ad alta voce come Jimin.
«È una bugia, ma che ti salta in mente. Il fatto che io pensi che sia bello o che lui lo pensi di me non significa nulla. Ci troviamo molto bene insieme, insomma, amo quando cucina per me e quando guardiamo anime insieme e quando non protesta se lo costringo ad uscire e quando mi asciuga i capelli e quando chiacchiera con mia madre come se fosse la sua e— nulla di più.» Si ammutolì.
«Quindi gli hai detto quello di cui hai discusso con tuo padre?» Oh, Jimin sapeva già la risposta, gli piaceva soltanto provocarlo. Nonostante Jungkook fosse un tenerone, era difficile metterlo con le spalle al muro, e Jimin ci stavo riuscendo o perché lo conosceva abbastanza bene da metterlo a nudo o perché stava trattando un argomento sensibile.
Bingo, pensò.
«Ecco, no...» Jungkook si morse il labbro inferiore, colpevole. «Lo farò. Presto. Ho soltanto paura della sua reazione, sai, siamo abituati a stare insieme tipo trecentocinquanta giorni su trecentosessantacinque.»
«Però non ti piace, giusto?»

Jungkook ridacchiò. «Vaffanculo, Jimin hyung.» Trascinò la sedia sul marciapiede e si alzò in piedi. «Devo passare dal supermercato, meglio che vada. Ci sentiamo, bastardo.» Sorrise.
«Okay, già. Io devo andare da mia madre e poi a casa di Yoongi.» Si alzò anche lui, gettando la sigaretta ormai spenta per strada.
«Ooh, qualcuno qui scoperà?» Fece un movimento con le sopracciglia a dir poco inquietante e tipico di Jungkook.
Jimin diventò rosso — ancora una volta, soltanto Jungkook era in grado di metterlo in imbarazzo.
«Smettila di fare il bambino. E comunque non l'abbiamo ancora fatto.»
«Pivellini.» Lo prese in giro Jungkook. Gli pizzicò un fianco e corse via con un ghigno dipinto in volto lasciandosi il biondo alle spalle.

In realtà gli riempiva il cuore di felicità vedere il suo amico così in pace con il mondo e con se stesso in quel periodo.

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