Quando scegliamo di azionare in un modo o altro, dovremmo riflettere se mai saremo anche pronti e preparati per affrontare le conseguenze delle nostre decisioni, sia su di noi che sugli altri
Chi avrebbe mai immaginato invece che l'orgoglio di Veronica di non parlare se non correttamente e la sua permalosità potessero rinchiuderla in un mondo di irremovibili silenzi, di irrequietezza, oppressione e solitudine.
L'essere ubbidiente faceva parte dell'educazione e cultura, lei lo era in modo indiscutibile, era un dovere e quello che le veniva insegnato e lei non voleva affatto dare spiacere ai suoi genitori, anche se dentro la sua anima alloggiava un ben definito senso di libertà, ciò che la devastava quando doveva fare qualcosa contro la sua volontà. A nessuno piace che gli venga detto quello che deve fare o come lo deve fare, ma lei veniva sopraffatta di questo sentimento.
Aggiungendo la discrezione, diventò facilmente l'agognato frutto delle spregevoli manie dello zio paterno e anche suo padrino, Raul Miranda, molto più grande dei suoi genitori.
Veronica rimaneva spesso da sola a casa e Raul, essendo di famiglia, era molto bravo nel venire a sapere tutti i programmi dei suoi genitori, potendo cosi andare quando, come gli pareva, senza sollevare alcuna domanda.
Faceva l'infermiere, lì, nel paese, essendo una delle più stimate e di fiducia persone. Era tanto orgoglioso quando, per ignoranza o eccesso di considerazione, gli si rivolgeva con dottore, già che il vero medico veniva due o tre volte in settimana nello studio, non essendo del posto e così è rimasto tutt'ora, dopo più di cinquanta anni.
Chi si sarebbe mai chiesto come mai entra ed esce dal cortile dei genitori di Veronica, suoi cognati, a qualsiasi ora o per quanto si fermasse.
Lei, arrivando ad un'età più che matura, provò come per tutta la vita, con tutta se stessa ricordare qualcosa della sua infanzia, qualcosa di diverso dell'odore sgradevole, ripugnante di lui, come il suo repellente sapore, il suo sorriso insolente, la sua aria di possessione, prepotenza e presuntuosità, un involucro di sporcizia umana.
Non riusciva mai ricordare neanche suo fratello nei tempi di quelli anni, come non ci fosse mai a casa. Un solo episodio, era molto piccola, in una delle occasioni che i genitori erano troppo presi dall'ennesimo violento litigio, Veronica, spaventata e intimorita, piangeva in un angolo, da sola, e lui, Sergio e solo lui se ne accorse di lei e andò a tranquillizzarla. Ma questo bastò volergli bene per tutta la vita perché l'aveva vista, difesa, incoraggiata che poi, sentirsi in colpa, totalmente in colpa per tutto il male che poi il fratello vivrà in famiglia e nella sua vita.
I primissimi ricordi dell'infanzia giravano intorno a quei momenti delle visite del padrino, di struggente disperazione, frustrazione, impotenza, disprezzo, rancore e odio, dolore fisico e dell'anima.
Erano talmente vivi nella sua mente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, forti da portare disincanto, ombreggiando quelli pochi momenti di gioia infantilmente pura.
***
STAI LEGGENDO
Un destino
General Fiction∞ STORIA VERA ∞ Benjamin Button: "Ho nulla da lasciare, se non la mia storia, che è al quanto singolare", come d'altronde singolare è la storia di ogni individuo. C'è chi lascia delle proprietà, c'è chi lascia denaro in banca, però Veronica, dop...