Le fecero sempre le stesse domande, specialmente sul lavoro e le sue intenzioni nel riguardo, considerando che non aveva un contratto regolare e di conseguenza neanche il diritto alle ferie di maternità.
Che lei era preoccupata e spaventata per quello che non ci riusciva trovare una soluzione dignitosa, per la sua vita e la vita del bambino, non era necessario che le veniva detto e giudicato proprio dai genitori di Sebastiano, visto che lui sembrava, ed era alla fine, fuori ogni discorso.
Apparentemente erano due genitori premurosi a rimediare i gesti avventurosi del figlioletto preferito che comunque ne combinava sempre una.
Si sentiva molto a disaggio e si sentiva anche male, per la stanchezza e per tutto. Loro dissero che era anche normale, vista la notte trascorsa e non avevano del tutto torto.
Ad un certo punto sentì la sedia sotto di lei come fosse una bacinella con acqua.
Appena in quel attimo era indescrivibile il suo imbarazzo. Mortificata per aver bagnato la sedia antica e costosa a quale ci tenevano troppo, si alzò e disse quello che era appena successo.
La madre non poté fare a meno, anche se scherzando, notare che dovrà buttare via la sua sedia preferita. Le mise delle protezioni sotto e la invitò sedersi su una sedia senza imbottitura.
Cominciarono agitarsi per il fatto che il bambino stesse per nascere, però sempre la madre le disse di aspettare, che magari era semplicemente l'effetto della stanchezza e della situazione.
Le chiedeva continuamente se avesse dei dolori e visto che c'era niente di altro, le propose di rimanere da loro, nel modo di avere qualcuno vicino se avesse bisogno.
Alla fine rimase ancora due giorni da loro, mentre la madre le ripeteva continuamente che non c'era nulla da temere, se non ha dei dolori. Doveva solo aspettare e se continuasse a perdere dei liquidi e stare malissimo, era tutto normale, dovuto alla stanchezza.
Veronica le disse più volte che voleva andare dal medico, ma lei le venne con tutte le argomentazioni, inclusa la più convincente, che aveva partorito già tre figli e che non c'era affatto bisogno di un medico per dirle che tutto andava bene e che avrebbe dovuto soltanto aspettare che arrivassero i dolori.
Non lo comprese bene come accade, se furono loro ad aver ceduto alla sua volontà di andare a casa, o che lei non aspettò più la loro approvazione ed uscì di casa, tanto non aveva più alcuna importanza.
Prima di salutare i genitori di Sebastiano, il padre le aveva detto più volte di chiamarlo se mai avesse bisogno di essere accompagnata all'ospedale.
Certo è che il terzo giorno tornò all'alloggio dove non trovò Crystal, che le aveva lasciato un biglietto dicendole che era andata a trovare i suoi genitori per un po' di giorni.
Quelle rare fitte alla pancia che le aveva mentre era dai genitori di Sebastiano iniziarono essere più intense e più spesse. Presto sentì di non riuscire più a stare né seduta, né in piedi.
Chiamò al lavoro il padre di lui, però le venne detto che non l'avevano visto tutta la mattinata. Chiamò anche a casa loro, ma nessuno rispondeva.
Insistette ancora per un po' di volte, ma il risultato era sempre lo stesso, nessuno era disposto a risponderle.
Ormai avrebbe voluto aggrapparsi ai muri, come aggrapparsi ai vetri, perché il dolore era insopportabile. Non trovava più alcuna posizione in cui farla cessare almeno un pochino. Le aveva trovate tutte, anche di stare con la testa appoggiata ai pavimenti, mentre il corpo rimaneva appeso sul lato del divano ... niente non funzionava più.
Avrebbe dovuto chiamare l'ambulanza, però aveva creduto quando il padre le aveva detto che la accompagnerà quando ne avrà bisogno. Aveva già troppa paura e andare da sola non se la sentiva.
Voleva che qualcuno le stesse accanto, ma chi avrebbe mai potuto esserci!?
Aveva combinato tutto da sola e da sola doveva affrontare le conseguenze.
Alla fine, nel pomeriggio decise di chiamare l'ambulanza, che tardò molto, ciò che lei sapeva già che succedeva così. Era ancora un motivo per cui avrebbe voluto essere accompagnata da qualcuno.
All'ospedale erano riluttanti nel credere che le si sono rotte le acque circa 72 ore prima, però era la verità e basta.
La misero ad aspettare nella camera apposta per le donne che aspettavano il parto, con poca gentilezza e disponibilità nell'aiutarla, dopo aver appreso le informazioni della sua posizione da nubile e senza nessuno che la accompagnasse o aspettasse.
Era sera tardi, dopo qualche medicina e dolori laceranti se ne rese conto che non c'era più nessuno in giro. Il caso fece che era la sola ad aspettare il parto. Quelle ancora due donne che arrivarono dopo di lei furono già accompagnate a partorire.
Dopo le 11 di notte, comparve l'infermiera, quale alle sue suppliche di aiutarla, le brontolò qualcosa come: "... quando te ne sei concessa senza un marito non avevi dolori, adesso invece le hai e devi averle ..." (in mezzo c'erano tutte le parolacce usate nei casi simili), poi le disse di provare a non urlare più e di aspettare, perché il bambino non è ancora pronto per uscire e tanto meno lei ... Dio onnipotente, ma quanto e cosa aspettare!?
Di quanto liquido aveva lasciato in giro, un po' alla volta in quelle più di 72 ore, ne era rimasto un vasto deserto.
Dopo circa mezz'ora, che per Veronica furono mesi, ricomparve l'infermiera con una iniezione e le disse di trasferirsi nella sala del parto. Si vede che ebbe un processo di coscienza, oppure si annoiava e decise di farle qualcosa per farla partorire una volta per tutte.
C'era nessun medico, c'era nessuno, soltanto lei e l'infermiera che le fece quell'iniezione e ancora una dopo poco tempo.
Fu una lotta di spinge, tira e molla che presero ogni grammo di forza di Veronica e la pazienza dell'infermiera. Non bastava mai e così decise di applicare il taglio di qua e il taglio di là.
Veronica a pezzi letteralmente, l'infermiera a pezzi per l'angoscia, ma il maschietto nacque intero e bello come la luna, essendo la mezza notte passate.
Fisicamente era intero e normale, ricordando tutto quello che aveva dovuto subire mentre era al calduccio, ma non protetto, nel ventre di sua madre.
Andò sempre da sola all'ufficio competente dell'ospedale per la dichiarazione della nascita e rispose ormai rassegnata agli sguardi ironici che non c'è un padre e che il nome del bambino è Benedetto Franchettis, punto e basta, senza alcuna virgola.
***
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Un destino
General Fiction∞ STORIA VERA ∞ Benjamin Button: "Ho nulla da lasciare, se non la mia storia, che è al quanto singolare", come d'altronde singolare è la storia di ogni individuo. C'è chi lascia delle proprietà, c'è chi lascia denaro in banca, però Veronica, dop...