30. Il quotidiano vissuto da una futura ragazza madre

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Scoprire di essere incinta fu la goccia che traboccò dal vaso già stracolmo di avvilimento.

"Mai dire mai!" e c'è sempre posto per il peggio!

Non poteva dirlo a nessuno, considerando le sue luride avventure e comunque nessuno l'avrebbe aiutata. Era la sola responsabile delle conseguenze e da sola doveva trovare qualche soluzione.

Innanzitutto doveva cercare un lavoro, in quanto appena adesso aveva un motivo reale per quale non tornare dai suoi genitori, che sarebbero mancati di crepacuore per quello che era inammissibile per la gente per bene. Ma lei non era una donna per bene, niente affatto, e appena adesso era punita e doveva pagare per quello che era.

Gli aborti erano ancora vietati e puniti severamente, se mai qualcuno usasse provocarli o aiutare ad essere portati a buon fine.

Usare da sola i ferri era impensabile, fisicamente impossibile di procedere.

Il destino fece di incontrare Crystal, la sua migliore amica del liceo, che non vedeva da qualche anno. Si incontrarono nel quartiere e furono entrambe felicissime di rivedersi.

Chiacchierando, Veronica venne a sapere che Crystal alloggiava in quartiere da una famiglia, ma che non andava d'accordo per nulla con loro, non potendo accettare certi comportamenti della signora di casa.

Non era sicura che la sua proprietaria avrebbe accettato di accoglierla per stare insieme a Veronica, ma le promise di parlarle, ottimista nella riuscita.

I rancori di Crystal sembravano svaniti e non parlarono mai dell'accaduto di tre anni prima.

Per la sua infinita felicità, la proprietaria fu d'accordo che stessero insieme, contenta di avere la sua amica con sé.

Le confessò della sua gravidanza e Crystal le riferì che la signora dove aveva vissuto prima conosceva una donna che faceva di mestiere proprio quello di quale Veronica ne aveva bisogno. La avvertì che non era qualificata, ma che lo fa da anni e che si può fidare.

Andarono insieme dalla ex proprietaria di Crystal e così capì a volo che questa si lamentava del marito che l'avrebbe come una barbabietola da zucchero, per cui andava in giro per il mondo alla ricerca di una carota, ma con la conseguenza che doveva rivolgersi a quella donna per abortire.

La conclusione era che si fidava e che era sicura che accettasse di risolvere anche il suo problema.

La mise in contatto con questa e decisero il giorno in cui si sarebbe presentata all'alloggio di Veronica per provvedere.

Crystal era riuscita trovare un posto di lavoro in fabbrica, così la signora fu contenta di essere soltanto con Veronica.

Inutile dire i discorsi interminabili e le avvertenze di non dirlo ad anima viva, rischiando tutte e due la libertà, a quali Veronica la rassicurò del suo silenzio totale.

Arrivò anche il grande giorno e la signora le disse frettolosamente di sdraiarsi sul pavimento del bagno, avendo molta premura di andare da un'altra che bisognava dei suoi servizi. 

Le spiegarono un po' quale fosse la procedura, ma viverla in persona era tutt'altro.

Con una mano cercava di prendere l'utero e con le nocche dell'altra schiacciava fortemente sulla parte bassa e si sarebbe fermata quando avrebbe sentito sulle dita i segni che quella innocente  vita lasciava il corpo disonesto.

I dolori erano laceranti e Veronica ad un certo punto non resistete più ed iniziò avere delle convulsioni. Per prima sentì una sensazione strana alle labbra, come si fossero addormentate, poi un dolore alle dita delle mani, notando che si erano contorti. Non poteva più respirare e si sentì mancare. 

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