26. La confessione al prete - per l'ultima volta

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Forza di andare nei monasteri e chiese, sentì per caso di una chiesa dove il prete era molto noto per le sue capacità di "leggere nei libri religiosi", a cui si rivolgevano in tanti, per trovare la soluzione ad un problema, per sapere come dovrebbe agire in una certa situazione, comunque, per trovare la pace dell'anima sconvolta da chissà che disgrazia. Le servivano anche dei soldi, perché più è noto il sacerdote, più cresce la somma che gli viene data per il suo servizio.

Tutto talmente normale, visto che se vai in qualsiasi chiesa ortodossa e soprattutto nella zona dove lei viveva, devi comunque lasciare un soldo al prete, insieme ad un biglietto su quale scrivi i nomi per quali decidi che questo debba pregare, con i loro desideri e suppliche e/o un elenco con i defunti che li deve nominare e pregare per la loro anima. Più sono significativi i desideri, o più sono numerosi i nomi dei defunti, più alta deve essere la somma dovuta.

Diede una mano, più delle altre volte, a sua madre per i lavori a ferri e di conseguenza ebbe il coraggio di chiederle il necessario.

Dunque, si recò anche lei a questa chiesa, decisa di confessare il suo dolore e inquietudine, sperando di trovare un granello di pace dell'anima, di poter non focalizzarsi sul passato e i suoi mostri.

Perché il pellegrinaggio abbia i risultati sperati si doveva salire in ginocchia una piccola salita affinché si arrivava alla chiesa, fare tre giri di essa nella stessa maniera, dopodiché entrare in chiesa e procedere con il proprio intento.

Fece anche lei così e mentre strisciava sul pavimento di pietra le sembrò vedere delle macchie scure, immaginandosi le ginocchia ferite delle migliaia di credenti che passarono di là, le lacrimi di dolore che bagnavano quelle pietre testimone delle preghiere supplicanti per l'esaudimento di chissà che desideri o confessioni di chissà che peccati reali o immaginari.

Arrivò anche lei in chiesa e aspettò ottimista che toccasse il suo turno per entrare dal prete. Le tremava l'anima e tremava tutta come le foglie in piena tempesta, tempesta che la devastava dentro, però ci sperava sempre con tutta sé stessa che una volta confessati i suoi incubi, troverà la forza di andare avanti con la vita.

Per confessarsi, i bambini sono messi in gruppo, in ginocchia davanti al prete seduto, quale li mette il "epitrahil"/ "patrafir" (una specie di sciarpa lunga) sulla testa e dopo aver confessato tutti i peccati, il prete li mette la mano sulla testa come segno della mano di Dio che li perdona i peccati.
Gli adulti, avendoli diversi e di maggiore peso, sono invitati uno alla volta, con la stessa procedura.
Ci sono molte battute sul fatto di stare sotto il "patrafir" e i bambini, con la loro smisurata immaginazione riuscivano malapena trattenere e soffocare le risate. L'dea è che c'è l'impressione di stare sotto "la gonna" del prete che lascia correre diverse interpretazioni della fantasia.
Il regolamento dice che se il prete sta in piede, allora anche quelli che si trovano davanti a lui lo devono fare.
Quello prete ascoltava le persone in piedi, davanti all'altare, dove alle donne viene vietato di entrare. Soltanto per una volta, quando avviene la consacrazione di qualche chiesa.

Si aprì la porta dell'altare e il prete le chiese quale fosse il suo problema.

Iniziò raccontare delle molestie del padrino, della sua incapacità di poter convivere nella casa dei genitori che hanno in centro della loro attenzione questo e la sua famiglia, della sua sofferenza ed incubi e così via.
Certo, era quello che non le dava pace nell'anima. Tutte le altre sue avventure erano di secondo grado e non ci pensava affatto raccontarle a lui.
Non osava alzare gli occhi pieni di lacrime, ma lui si schiarì la gola ed involontariamente lo guardò.
Il disprezzo e le accuse gli spuntavano dagli occhi strizzati e lei inorridì in un'istante.
"Hai vissuto nella fornicazione, non voglio sentire altro! Vergogna! Dovresti continuare a fare tutto quello che ti dico per tutta la vita e non basterebbero per quanto sei peccatrice ..." Le sue parole le frustavano l'anima che sanguinava e il suo tono le sembrava forte come dover arrivare fino ai cieli, nonostante le parole erano gettate come gli spari in sordina.
Si vergognava da morire anche senza dirglielo il prete, però era incredula e sconvolta dalla sua reazione ed accuse, che, no, non se le aspettava.
Poté soltanto bisbigliare un sincero: " Oh, Dio onnipotente, aiutami! Dove sei?"
Le diede da fare centinaia di "mătănii" (mentre si fa la santa croce ci si inginocchia e si tocca il pavimento con la testa), tante preghiere e soprattutto digiuno, digiuno totale e quello dalla quaresima (quando il cibo deve essere esclusivamente vegano). Tutto quanto tutti i santi giorni.

L'atteggiamento e le accuse del prete non erano affatto quello che lei era convinta che rappresentasse un tale ruolo. Non era andata perché non fosse consapevole dei suoi errori o perché credesse veramente che con la sua funzione potrebbe mai perdonare al posto di Dio i suoi sbagli o degli altri. Ci sperava soltanto di liberare le pene dell'inferno che le bruciavano l'esistenza e il sano ragionamento.

Delusa e sconsolata, decise di non andare mai più da un prete per la confessione e così fece.

Pensò inorridita quanti delitti e crimini vengono commessi e confessati  ad un prete, che, avendo l'obbligo del silenzio su quello che gli viene detto lascia che quelli continuano tranquillamente la loro lurida vita, convinti che sono stati assolti dal peccato. 

Questo era uno degli aspetti che non trovava giusto, ma ancora più privo di ragionamento e giustizia divina in quale si vorrebbe sperare che i sacerdoti lo hanno, era che le vittime sono sempre quelle che devono pagare, all'atto e dopo, per tutta la loro esistenza.

Le vittime, come purtroppo viene dimostrato anche nei nostri giorni, sono sempre quelle colpevole, dalla parte del torto e che conseguentemente devono pagare e non con riferimento alla compassione avvenuta dalla voce ed anima pubblica, ma per quello che solo e soltanto loro pagano.

Il buio che alloggiava nella sua anima dopo essere uscita dalla chiesa era inesprimibile e il pensiero di dover continuare i suoi giorni con quel peso che la confessione non aveva fatto altro che aumentarlo le pareva insopportabile.

Volle sfruttare il silenzio dei boschi circostanti dove veramente poteva essere sé stessa e trovare un attimo di serenità. Imboccò la strada che portava a loro e si mise a riflettere seduta sull'erba lungo un ruscello.

Le ore passavano e lei non aveva la forza e neanche la capacità di trovare quel fioco di luce lungo il tunnel del suo futuro. Comunque girava il quadro della sua vita e delle possibilità di affrontarla, arrivava sempre e comunque alla stessa convinzione: doveva rimettersi a studiare per essere ammessa all'università, sperando che con ciò troverà un lavoro e si metterà l'anima a tacere. 

In tarda sera arrivò a casa, dove trovò molto preoccupati i suoi genitori, per tutte le ragioni.

Non erano da biasimare, erano presi dall'angoscia ogni volta che lei tardava e non si aspettavano a nulla di buono se così capitava.

***

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