35. Chernobyl e danni collaterali

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Il 26 aprile fu il disastro del Chernobyl, però in Romania la notizia fu diffusa dopo 4 - 5 giorni e comunque alterata, modificata in base agli interessi politici.

Il 30 di aprile il vento cambiò bruscamente la direzione e la nuvola di radiazioni colpì la Romania. Il 1 Maggio era considerato, nel periodo comunista, "la Pasqua dei lavoratori", essendo vietato festeggiarla nella data prevista. In questo giorno migliaia di rumeni andavano a fare il picnic all'area aperta e siccome gli effetti erano stati nascosti piuttosto, nessuno fece caso dei rischi.

Il Primo Maggio fu convocata da Ceausescu una riunione epocale, per valutare le conseguenze sulla popolazione, informata, diciamo a metà della realtà, e fu decisa una commissione per il controllo della situazione, guidata "dallo scienziato di fama mondiale" Elena Ceausescu.

Dopo il 2 maggio, è stato consigliato alla popolazione di lavare accuratamente la frutta e la verdura e di evitare che i bambini uscissero all'area aperta. In seguito, fu lanciata una campagna nelle scuole per dare agli alluni "l'antidoto", che era una dose di iodio. 

Lo iodio divenne una panacea molto ricercata in quel periodo. Nelle farmacie e nei policlinici, dove veniva distribuito gratuitamente, le famigerate code non sorprendevano più nessuno. Le voci, tipiche della mancanza di informazioni ufficiali, stavano assumendo proporzioni da panico.

Secondo fonti indipendenti, si ritiene che il cancro alla tiroide abbia colpito circa 100.000 persone nelle aree interessate dalla nube radioattiva della Romania e che migliaia di bambini sono morti a seguito del cancro alla tiroide, nonostante è un cancro guaribile.

Sempre dagli fonti indipendenti se ne parlava moltissimo delle conseguenze sulle donne incinte e i loro nascituri.

A Veronica nessun medico o infermiera disse qualcosa in merito, come neanche le dessi qualche consiglio da seguire. Non era la sola disinformata, era a livello nazionale e gli effetti, purtroppo, erano più evidenti nella parte del nord del paese, dove anche lei viveva.

Nella vigilia della Pasqua, Crystal andò a festeggiare con la famiglia del suo ragazzo, per ciò Veronica era tutta sola. Prima di mezza notte sentì dei rumori sulla strada e quando guardò fuori vide la processione con centinaia di persone che portavano nelle mani delle candele accese.

Questa era una processione dei cattolici, che invece gli ortodossi, dopo aver "preso la luce" dal prete, cioè, accesa la propria candela da quella dal prete, a mezza notte, la devono mantenere accesa affinché arrivano a casa, per portare la luce e la benedizione per tutto l'anno successivo.

Camminavano lentamente e le loro preghiere si alzavano dolcemente al Cielo, insieme ai palpiti delle lumi. 

Veronica si appiccicò al vetro della finestra e guardò tutta quella gente, pensando che andavano poi a casa loro, dove qualcuno o loro stessi, avevano colmato il tavolo con tutte le specialità e le bontà tradizionali e che si mettevano intorno ad essa, gustando da tutto e chiacchierando allegramente del più e del meno.

Lei non aveva preparato nulla e da mangiare manco le interessava, perché anche la volpe disse che l'uva è marcia, in quanto non ci arrivava prendersela.

Preferiva stare da sola, nascondersi da bambina in quella capanna del giardino dei nonni, nascondersi dal mondo, in qualunque modo, però quella notte si sentì particolarmente triste e sola, troppo sola.

Le lacrime e i forti battiti del cuore appannarono il vetro e lei disegnò delle stelle sopra, desiderando essere piuttosto tra di loro.

Passò anche la Pasqua e passarono i prossimi mesi in un modo viscido, come viscida era la vita di Veronica. 

Un giorno fu chiamata dalla zia per ripeterle ancora e ancora quanto fosse vitale che lei decidesse di non tenere il bambino. Le rare visite ai genitori di Sebastiano continuarono, ma loro dicevano nulla nel riguardo.

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