18. Se solo Veronica avesse detto un NO assoluto alla prima dannata sigaretta

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Il regolamento scolastico prevedeva che tutti gli studenti dei primi tre anni delle superiori andassero a fare "pratica" in agricoltura, per dare una mano agli agricoltori e proprietari di frutteti.

Gli anni scolastici iniziavano con questa "pratica" e nel primo anno si dedicavano sempre più settimane che negli altri anni. Nell'ultima classe non si praticava, lasciando agli studenti il tempo necessario per lo studio e la preparazione per l'esame di maturità.

Nell'autunno si andava a dare una mano alla raccolta dei prodotti anche nelle classe medie, per quelli che abitavano e studiavano in campagna, come lo dovevano fare anche gli operai delle fabbriche, nei comuni limitrofi alle città che lavoravano. 

Alle superiori, i licei essendo solo nelle città, si andava sui campi della provincia.

Ogni liceo aveva contratti con diverse società agricoli.

Il liceo dove studiava Veronica aveva un accordo con un comune molto noto per i frutteti, specialmente per la raccolta delle mele e altri frutti.

Erano collocati nei dormitori con letti sovrapposti, a volte, tutte le femmine della classe nella stessa stanza.

C'era la gioia generale di far passare in questo modo parte dell'anno scolastico e Veronica non faceva eccezione di essere contenta di stare insieme alle compagne, lontana dai suoi incubi e ore di studio, anche se il lavoro era faticoso, assai pesante. Ma siccome lei era abituata ai lavori duri, andava tutto perfettamente bene.

La sera, anche se non ci stavano tutte le compagne nella stessa camera, una classe di quasi solo femmine, si radunavano per chiacchierare.

Le compagne della città erano senza paragoni più "emancipate" delle povere ingenue campagnole. Le prime fumavano già, avevano sempre le scorte di "qualcosa di buono" e i loro atteggiamenti erano piuttosto di aspiranti principesse, negli occhi di tante altre umili camerate.

Anche Veronica le guardava come fossero le compagne dell'infanzia arrivate attrici di grande successo. Questo anche vedendole fumando, secondo lei, con molta grazia.

Nessuna delle compagne cresciute in campagna fumavano e neanche avevano accettato di provare farlo quando furono invitate a prendere una sigaretta e provare.

La sola che accettò fu Veronica, stramaledetta peggiore scelta fra soltanto due: accendere o no la prima sigaretta a soli poco più di quindici anni e mezzo.

Erano More, sottili, maroni ed irresistibilmente invitanti per la disgraziata di Veronica che prese una, la accese e non si fermò affinché non arrivò al filtro.

Le altre ragazze erano rimaste in un silenzio totale, smettendo di parlare e di fare quello che facevano e la guardavano, incredule nel sentire quello che Veronica le diceva: "Non ho mai acceso nella mia vita una sigaretta!"

L'incredibilità e lo stupore erano ancora più forti perché non aveva emesso alcun suono di tosse o accennato alcun gesto di fastidio.

Il grossissimo problema era che a Veronica piaceva, sì, le piaceva troppo la sensazione che sentiva mentre fumava e le sembrava di aver trovato una beata consolazione per il suo tremendo essere.

No, non le aveva manco sfiorato l'idea o il pensiero di riflettere sulle conseguenze della dipendenza. Voleva vivere intensamente il momento e basta, sentirsi "sofisticata", come lei vedeva le altre che fumavano. Nessuna delle presenti, fumatrici o no le aveva impedito di farlo, detto, fatto rimarcare che una volta accesa la prima dannata sigaretta non sarebbe finito lì.

Anzi, sembravano incantate del fatto che nonostante non aveva mai fumato, era riuscita farlo senza alcuna minima seccatura.

Sì, stupidamente, sono quelle sensazioni e decisioni di provare nuove esperienze, senza riflettere sulle conseguenze e nemmeno tenere alla propria persona, salute, dignità di ragionamento e di buon senso.

Quella è stata l'unica sigaretta fumata per i prossimi circa tre anni, ma è anche vero che non era finita lì e sarà un altro cruccio da affrontare da parte di Veronica nella vita, vivendo eternamente comunque con il chiodo fisso di fumare appena possibile.

Per curiosità o convinzione di una qualsiasi motivazione ci si pensa: "cosa vuoi che sia una sola volta", che, in effetti, è la prima. Poi, certo, ci si può pensare che si sia tanto forte da non sentire il bisogno la seconda volta e senz'altro di riuscire a controllare l'astinenza.

Se così fosse, mi sto chiedendo, facendo uno più uno: la prima volta E' una singolarissimissima dannata volta. Non hanno ancora scoperto come fare per esistere due prime volte in ogni azione, fatto, avvento per ogni singolo umano. Allora, di conseguenza, se non si riesce rifiutare e astenersi per una - prima volta, quando la dipendenza non ha frantumato ogni propria buona volontà e intenzione di smettere, come ci si può pensare che si può essere forti tutte le altre migliaia, centinaia di migliaia di volte!?

Si starà male, per un motivo o altro si vorrà smettere, si proverà raccogliere i pezzettini della propria buona volontà e se la metterà tutta per riuscire, ma sarà infranta in milioni di pezzi, sparsi per tutte le stanze della dipendenza che, notando l'intento, spazzerà via i pezzi già raccolti con un semplice ma forte soffio di ogni stupida, assurda motivazione di non smettere.

Sì, la dipendenza è il demone che ha preso dall'inferno tutto quello che poteva essere di peggio: spregevolezza, malvagità, spregiudicatezza, crudeltà, perfidia e non perdona nessuno, nessuno.

Magari ci si riuscirà smettere per periodi più lunghi o corti, ma i suoi tentacoli ci troveranno ovunque, avvelenandoci ancora e ancora, quando ci si diventerà più sicuri di aver superato il tutto onorevolmente.

Certo, ci sono i centri specializzati con professionisti che aiutano le persone contro le dipendenze, ci sono le medicine e ci sono le strutture di disintossicazione, ma TUTTO discutibile.

Mi sto chiedendo, come semplice riflessione, se fosse fatta una statistica di quanti risulterebbero che non hanno iniziato o hanno smesso di fumare o di drogarsi, nel vedere le macabre figure esposte sui pacchi di sigarette o le propagande contro la droga. Ci sono in tanti, fumatori, che neanche non ci fanno il caso o le considera come vignette di cattivo gusto.

E' talmente scontato perché non si deve fumare, che si omette il perché mai ci si deve iniziare fumare o drogare. Prima di accendere la prima sigaretta o prendere una dose di droga, qualcuno si è mai seduto a riflettere perché mai lo dovrebbe fare!?

Anche in questo caso ritengo giusto che si vada alla radice dell'intenzione: perché vuoi accendere quella maledetta prima sigaretta o prendere la droga!?

C'è un'altra alternativa alla propria motivazione!? Sì, certo, come la luce del sole che c'è sempre un'alternativa a tutto, basta avere la dignità e la volontà, la consapevolezza di individuarla e metterla in pratica.

Se invece qualcuno ha smesso e dopo un tempo pensa o anche istintivamente ricade, trova senza difficoltà una qualsiasi motivazione per farlo, ma la cruda verità sta nella possessione della dipendenza, che ti sventola davanti al ragionamento, trattenendosi il subdolo sorriso, che sarà solo una sigaretta o una singola dose e niente più altro, convinta che basta solo quella unica volta, per ricominciare e spesso se non sempre, aumentando la quantità, come per recuperare quello che non si è consumato nel frattempo.

Se si ricomincia, è peggio di prima, non finirà mai e nessun centro anti dipendenza, medicina, iniezione o psicologo potrà aiutarti di smettere se non si dispone della propria volontà e consapevolezza del perché mai vuoi fumare o drogarti.

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