4. La famiglia di Kathelene (madre di Veronica) e parte della sua infanzia

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La famiglia di Kathelene era ancor più numerosa, erano dieci fratelli, ma non sentivano la difficoltà fino a quel punto ed era tutt'altra atmosfera in famiglia.

Il padre di Kathelene lavorava tantissimo, lavorava le pellicce di pecora e poi faceva di loro bellissimi indumenti su quali cuciva poi dei fiori o altri modelli specifici che si usavano in quelli anni e quali si usano tutt'oggi per i costumi tradizionali.

Faceva ogni lavoro artigianale, con tanta passione ed era bravissimo, conosciuto e stimato anche in altri villaggi.

Faceva ogni lavoro artigianale, con tanta passione ed era bravissimo, conosciuto e stimato anche in altri villaggi

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D'estate si lavorava la terra, c'erano tutti i lavori da sbrigare fuori casa, ma nelle serate invernali era diverso: dopo aver mangiato, tutti insieme, tutte le bontà cucinate della mamma, seduti ad un tavolo rotondo, sugli sgabelli tondi, con tre...

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D'estate si lavorava la terra, c'erano tutti i lavori da sbrigare fuori casa, ma nelle serate invernali era diverso: dopo aver mangiato, tutti insieme, tutte le bontà cucinate della mamma, seduti ad un tavolo rotondo, sugli sgabelli tondi, con tre gambe, fatti con tanta dimestichezza dal padre e il fuoco che balbettava dolcemente nella stufa, nel profumo di mele cotte e focacce, il padre, mentre cuciva qualche cosa raccontava storie della guerra, della vita, delle persone conosciute strada facendo e le loro avventure, tutte con lo scopo che i figli potessero cogliere la saggezza, far tesoro delle esperienze vissute degli altri, distinguere il bene del male e quello che comportava agire nel nome di uno o dell'altro.

Comunque, c'era in tutto e per tutto la fede, ma quella fede che induceva i genitori e i nonni, da generazione in generazione, ad allevare i figli sin da piccoli nel rispetto e cura di sé, della famiglia, del prossimo e di tutte le meraviglie che ci circondano e, naturalmente, di Dio, della Vergine Maria e di Gesù Cristo.

L'intento della fede era di trovare l'equilibrio in tutto e in tutti.

Si lavorava incessantemente da lunedì fino a sabato sera, ma la domenica era rigorosamente dedicata al riposo, per andare in chiesa, pregare e meditare, riflettere sull'andamento della settimana, organizzarsi per quella che stava per iniziare, incontrare parenti e amici, liberare l'anima dai pesi delle azioni e responsabilità, ritrovare se stessi, quell'equilibrio che spingeva andare avanti con più saggezza, consapevolezza e fiducia nel giorno seguente migliore.

Se facevano i bravi, il padre li raccontava degli aneddoti e favole e dei racconti di Ion Creanga, che ha vissuto tra il 1837 e 1889, un noto scrittore, insegnante e diacono rumeno. Figura di spicco della letteratura rumena del diciannovesimo secolo, è noto per la sua autobiografia "Ricordi dell'infanzia", oltre che per i suoi racconti e novelle, donando un contributo principale alla letteratura fantastica e per i bambini che include racconti strutturati attorno a protagonisti eponimi quali dipingono un quadro di valori locali della zona di nord-est della Romania. Opere che sono poi anche studiate a scuola.

C'era "La figlia del vecchio e la figlia della vecchia", una di loro che era brava, diligente, lavoratrice, affettuosa e che adorava e si prendeva cura di ogni vivente, mentre l'altra era l'opposto totale, niente le andava di fare e non faceva che lamentarsi continuamente. Ad un certo punto devono andare via di casa per portare i viveri, i genitori essendo malati e anziani. Strada facendo, la brava figlia si dà da fare, curando case, fontane, alberi, forni, animali e cosi via, con tanto impegno, passione e amore, ma l'altra non muoveva un dito, nessun lavoro era da lei. Al fine del viaggio, nella soffitta di una casa trovarono dei bauli pesanti. Le viene detto dalla vecchiettina che ci abitava lì di prenderli, come riconoscenza del loro impegno. Quando la dabbene ragazza aprì i suoi bauli trovò un'infinità di bei regali che mai si aspettava, invece la sorella trovò dei serpenti e altri spaventosi animali selvatici, pronti ad attaccarla. Il morale è che ci si deve dare da fare se si vuole sopravvivere, con tenacia e passione per quello che si fa, mettere anima in ogni piccola o grande cosa che si fa, senza aspettative ma con la convinzione che un giorno si verrà appagati. Il bene porta al bene, il male porta alla distruzione.

Un'altra, che era la storia del bambino che chiese a suo padre di comprargli un paio di scarpe li aveva affascinati ma anche fatto riflettere, invogliarli sul da fare. Il papà di quel bambino gli aveva risposto che provvederà, ma che prima lui deve spostare il grano dai contenitori dove era, in altri, per metterlo a posto per l'inverno. Il figlio dimenticò in fretta il suo compito, non lo esegui e andò a giocare giorno dopo giorno, senza farci nemmeno caso. Dopo un tempo andò da suo padre per chiedergli quando avrà le sue scarpe. Lo prese per mano e gli disse di guardare e di avvedersi. Il papà traslocò il grano e, per lo stupore e rimpianto di non aver fatto lui il lavoro, il bambino scoprì che al fondo di uno dei contenitori c'era un paio di scarpe nuove, bellissime, proprio quelle che le aveva sempre sognato. Ma non le poteva avere affinché non dimostrava di aver ben compreso che ogni cosa si guadagna con il proprio impegno e lavoro.

C'era anche il noto personaggio, Hagi Tudose, che accumulava denaro e ricchezze nella sua casa affinché un giorno stava per morire perché non c'era più un minimo spazio per il suo vitale ossigeno, soffocato dalla propria tirchieria: devi essere generoso, aiutare e condividere con gli altri, con chi è disagiato, il tuo bene, altrimenti sarai sepolto dalla propria avarizia, uno dei sette peccati capitali, perdendo quello che veramente conta e non ha prezzo: la vita.

Un vecchio e saggio aneddoto narra che, nel momento in cui stai per ricevere un regalo, un dono, una qualsiasi cosa, mentre stendi la mano per prendere, le dita si dovrebbero tenere distanziate, non strette con il pugno quasi chiuso, nel modo che parte di quello che stai ricevendo possa arrivare anche a qualcun altro che ne avrebbe bisogno. Nel frattempo, tenendo la mano bene aperta ci si lascia posto per ricevere sempre qualcosa di buono, di nuovo, mentre tenendo il pugno chiuso e le dita strette, strette, rimani soltanto con quello che hai, non fai spazio a  null'altro.

Un altro proverbio rumeno simile dice che: "Dono dal dono diventa paradiso" - cioè, donando da quello che ti è stato donato è un encomiabile gesto di generosità, parte del divino paradiso (Eh no, non sono inclusi i regali non graditi di Natale ;). )

Trovare e porre in essere l'equilibrio tra il dare e ricevere.

"La stupidità umana" invece racconta come un marito che, sentendo piangere la moglie spaventata e disperata, che il loro figlioletto potrebbe morire se capitasse una disgrazia che lei presumeva potesse succedere, secondo lui essendo irragionevole, le diede della stupida e uscì di casa per cercare qualcosa di meglio. Viaggiò molto e nel suo cammino incontrò l'uomo che voleva portare il sole in casa con una botte anziché fare una finestra; un altro che intendeva portare la mucca nel fienile, su per la scala, perché era sopra la stalla, per darle da mangiare; uno ancora voleva caricare le noci con una forca con tre punti usato per raccogliere il fieno, e cosi via. Stanco, si mise a sedere sull'erba per riflettere e concluse che prima di andare in giro "a cambiare l'aria" ci si deve provare a comunicare e comprendere, trovare soluzioni e compromessi costruttivi con la propria compagna. Alla fine tornò dalla sua moglie che risultava sempre meglio dagli altri. Come quando: "Era meglio quando era peggio!"

Altri aneddoti o favole raccontavano come qualcuno, nel suo cammino, incontrava qualche piccolo insetto o animaletto che secondo lui doveva morire perché fastidioso ed inutile, mentre quest'ultimo riusciva dirgli in fretta che era la regina delle formiche o delle api o di quelli che apparteneva, supplicandolo di non ucciderla perché altrimenti la sua specie sparirà per sempre. Come ricompensa gli veniva promesso di essergli esauditi tre desideri, perché dotata da poteri divini. Oppure c'era qualche fiore, pianta, albero che chiedeva di essere bagnata e curata, sempre con la promessa dei tre desideri esauditi.

I figli, affascinati dalla voce del bravissimo narratore del padre, con gli occhi sgranati e massima attenzione, silenziosi, davano una mano per quello che c'era da fare, a prescindere dell'età, ciascuno in base alle proprie capacità e dimestichezza.

Ciascuno sapeva quello che aveva da fare, il suo compito e lavoretto da portare a buon fine, dando il meglio di loro e mai passandoli per la testa che sarebbe potuto essere diversamente, cioè, fare i disubbidienti, gli oziosi.

Li veniva detto ancora di salutare tutti, con rispetto e se mai quelli presuntuosi e arroganti manco rispondevano, li si poteva replicare con: "Buongiorno cappello, che il padrone ha perso la lingua!" e proseguire retti, a testa alta sulla propria strada.

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