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Se leggi questi versi, dimentica la mano che li scrisse: t'amo a tal punto che non vorrei restar nei tuoi dolci pensieri, se il pensare a me ti facesse soffrire.

- Shakespeare

Kira trovò Alyta proprio dove le aveva detto Kayra: sulla torre merlata più alta della Rocca delle Tigri, seduta su uno dei merli con lo sguardo perso verso il Santuario, del quale si vedeva solo la colonna di fumo che saliva dal fuoco che ardeva sul corpo senza vita di Yas.

La Rocca era vuota e per Kira era stato facile salire sulla torre, senza nessuno che la ostacolasse, ma sapeva che la parte difficile non era ancora arrivata: quella sarebbe stata parlare con Alyta.

«Ciao», disse salendo l'ultimo gradino della scala a chiocciola che portava sulla cima della torre.
Alyta non la degnò di uno sguardo. «Chi sei? Non voglio problemi».
«Ed io non voglio creartene», replicò l'altra. «Solo, voglio sedermi accanto a te». Senza aspettare la risposta della sorella di Kayra, si sedette sul merlo accanto a quello su cui era seduta l'altra ragazza, voltandosi con il busto verso l'esterno, proprio come Alyta.

Seguirono minuti di silenzio, poi Kira si alzò per sedersi con le gambe penzoloni nel vuoto anziché sul pavimento della torre.

«Potresti cadere», la ammonì Alyta, con una nota di ansia nella voce che fece compiacere Kira. Aveva la sua attenzione.
«Tu dici?», ribatté. «Io penso invece che sono piuttosto al sicuro». Si mise in piedi sul merlo ed allungò la gamba verso quello successivo, raggiungendolo con un balzello e preparandosi a fare lo stesso con quello ancora dopo. «Adesso rischio di cadere davvero, ma se riesco a non cadere voglio percorrere tutta la merlatura così...» Fece finta di perdere l'equilibrio.

«Non è divertente, protestò Alyta con voce tremante. Finalmente il suo sguardo era rivolto a qualcosa che non fosse il fumo del Santuario. «Faresti meglio a scendere».
Kira rimase in bilico su un piede, facendo penzolare l'altro nel vuoto. «Immagina se cadessi adesso». Si sporse in avanti. «O adesso. O...»

«Ferma!» Alyta si drizzò in piedi. «Non. Ti. Muovere».
Tese una mano verso di lei, ma vedendo che Kira non aveva intenzione di prendergliela, si sporse ancora più in avanti, arrivando perfino a mettere un piede sulla merlatura.

«Se vuoi fermarmi», replicò la ragazza delle Aquile, «vieni a prendermi. Oppure hai paura?»
Cercando di nascondere il tremore delle gambe - senza risultato -, Alyta salì con entrambi i piedi sulla merlata, sotto lo sguardo leggermente divertito di Kira.

«Ecco, sono salita», mugugnò la guerriera delle Tigri. «Adesso puoi scendere?»
Kira scese dalla merlata con un balzo, seguita da una molto più cauta Alyta.
«Una grande guerriera come te che ha paura dell'altezza?» Kira alzò il sopracciglio. L'altra abbassò lo sguardo. «Non ho sempre avuto le vertigini. Una volta sono caduta dalla torre e di conseguenza mi sono dovuta ritirare dalla battaglia. Ho finto la mia morte. Sono sparita per mesi. Forse, se non fossi caduta, se non mi fossi ritirata, sarei stata lì a proteggere mia madre da Kuhjiarth. Non sarebbe morta».

Tornò a fissare il fumo.

«Anche Kayra si dà la colpa, ma sai una cosa?», replicò Kira. «Forse dovresti solamente piangere. Trattenere le lacrime alza la tensione».
Alyta aggrottò le sopracciglia.
«Nessuno ti giudica», continuò la ragazza delle Aquile. «È morta tua madre e non l'hai ancora pianta. Ma puoi farlo. Non ti farebbe sembrare debole, o che so io. Anche io ho perso mia madre. E piansi. Mio padre pianse. Arik, il Capotribù. Non c'è bisogno che tu ti trattenga».

«Non mi sto trattenendo», replicò duramente la guerriera delle Tigri. «I guerrieri non piangono. Io non piango...»
Un attimo dopo stava singhiozzando come una bambina, aggrappata alla spalla di Kira.

Wilderness. Dark HeartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora