❦ ════ • ⊰⊱ Epilogo ⊰⊱ • ════ ❦

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"Quello che hai fatto è un'eresia! Sei un'insulto a me, alla tua famiglia, a tutta la Dinastia Heatherclaw... A Wilderness! Hai scelto di seguire l'eresia? Hai scelto di non avere figli? Bene. Ma che tu sia maledetta, Heatherclaw! Il primo figlio che nascerà dalla persona che più ti è vicina, sarà condannato a vivere con una famiglia che non è la sua, e smetterà di vivere per diciassette anni. Diciassette anni in cui i suoi genitori, o almeno quelli biologici, continueranno ad invecchiare, ma lui resterà congelato nel tempo, insieme alla famiglia in cui si trova ma che non è la sua. Solo dopo diciassette anni inizierà a crescere. Fino a quel momento sarà solo un neonato, e mai potrà incontrare la sua vera famiglia. Così che impari a tenersi più stretti i suoi genitori di quanto non abbia saputo fare tu, Heatherclaw, perché saranno gli unici ad amarla ed alla loro morte, che avverrà quando compirà diciassette anni, non sarà che un ragazzo solo, senza nessuno a cui importi della sua esistenza. Ecco cos'hai creato, Heatherclaw. Una creatura sola al mondo senza nessuno a cui importerà mai di lei".

Elise si avvicinò al camino, che le donò sollievo dal pungente freddo invernale. Fuori la neve cadeva senza mai fermarsi, trasportata da una vento gelido che penetrava sotto i vestiti e fin dentro le ossa.
Suo marito era là fuori, a caccia. Stando a quanto sosteneva, nella stagione invernale i cervi erano più facili da avvistare: si spostavano verso il territorio degli Squali, dove l'inverno era meno freddo, e lui si appostava vicino al confine, armato di arco e frecce.

Non avrebbe mai voluto essere al suo posto: stare fuori casa con quel freddo era l'ultimo dei suoi desideri. Preferiva aspettare il marito davanti al camino, per poi occuparsi di cucinare il cervo che avrebbe portato. I suoi genitori erano originari del Regno degli Squali e, oltre alla pelle scura, da loro Elise aveva ereditato la forte avversione per il freddo.

Suo marito era l'esatto contrario: amava passare giornate intere tra la neve, a caccia di lepri e cervi. Cheo, l'Animale-Totem dell'uomo, a dispetto di quanto tutti si immaginavano, prediligeva di gran lunga attendere l'amico umano insieme a Elise, accoccolato ai suoi piedi a prendere il calore delle fiamme ardenti.

Elise sentì la porta aprirsi.
«Sono tornato». La voce del marito le giunse alle orecchie. Cheo balzò in piedi e lo raggiunse entusiasta, ma ci pensò l'uomo a calmarlo. «Fa' silenzio una buona volta, per gli Spiriti!», esclamò. Il lupo uggiolò contrariato, ma rimase vicino al compagno umano.

«Edmund?», lo chiamò la moglie. Lui rispose con un grugnito stufato. «Cosa c'è, donna?»
«Dovresti... ehm, forse dovresti essere più paziente. Cheo è contento di rivederti...»
«Deve imparare le buone maniere», replicò Edmund sbuffando.

«È ancora piccolo e non è il tuo Animale-Totem da molto tempo», obiettò la moglie. Era vero: Hezel, la lupa che era stata affidata a Edmund quando aveva sedici anni, era morta di parto alcuni mesi prima.
La sciamana dei Lupi, Safir, aveva ritenuto opportuno assegnare a Edmund un nuovo compagno animale... E chi se non proprio uno dei figli sopravvissuti per miracolo di Hezel?

Avevano aspettato sei mesi, ma Cheo era comunque piccolo per gli standard d'età degli Animali-Totem, e l'uomo sembrava quasi considerarlo colpevole della morte di Hezel.
Se già prima era prepotente e irritabile - ed Elise sapeva bene che lo era - adesso lo era ancora di più.

Edmund era un omone alto e imponente, mentre Elise era gracile e minuta, e stava sempre molto attenta a come si rivolgeva a lui. Non poteva certo dimenticare come l'irascibilità violenta del marito le aveva deturpato il volto e l'aveva costretta a sette mesi di infermità e tutta la vita con le stampelle.

«È caduta dal balcone», aveva spiegato Edmund alla sciamana, allertata da un passante che aveva sentito le urla di Elise. Nemmeno avevano un balcone, ma lei non aveva potuto fare altro che reggere il gioco del marito.

Ma adesso, a distanza di quasi un anno, si era amaramente pentita di averlo coperto.

Edmund scaricò vicino alla moglie il cervo che aveva cacciato quel giorno e che da quando aveva ucciso stava tenendo sulle spalle.

Elise storse il naso nel vederlo.
Era piccolo. Fin troppo piccolo.
Quasi un cucciolo.

Stava per chiedere al marito perché non avesse ucciso un animale adulto, ma lui la precedette: «Muoviti, prendi quel cervo e vedi di prepararci qualcosa di buono. Ho trascorso tutta la mattina a caccia, sono affamato. E... hai comprato qualche bottiglia di Azvhori? Questa sera vengono i miei amici a cena, e non vorrai deluderli?»

Non gli risponderò.
Non gli risponderò.
Non gli risponderò.

Elise aprì la bocca, con una risposta acida pronta, ma sentendo qualcuno bussare alla porta si interruppe.
«Vado io», disse, e si avvicinò alla porta zoppicando, con Cheo subito dietro. Aveva imparato a non stare troppo vicino alle gambe di Elise mentre camminava, perché rischiava di farla cadere.

La donna, aprendo la porta, vide una ragazza che indossava un lungo cappotto nero allontanarsi di corsa. Stava per urlarle dietro di non fare questi scherzi, ma abbassando lo sguardo notò un neonato avvolto in una coperta abbandonato sulla soglia della porta.

Aveva la pelle di appena un tono più chiara di quella di Elise. Uno dei genitori del neonato doveva provenire dal Regno dei Lupi.
Se l'avrebbero cresciuto lei ed Edmund sarebbe stato credibile che fosse davvero loro figlio.

Elise lo prese in braccio con dolcezza materna, cullandolo delicatamente. Le sembrava di aver trovato il figlio che tanto desiderava ma che non aveva mai potuto avere.

«Edmund!», chiamò tornando in casa e chiudendosi la porta alle spalle. «Ed! Guarda!»
Il marito le venne incontro incuriosito. «Cos'hai trovato?», domandò con lo stesso tono che avrebbe usato con i suoi amici per chiedergli quale fosse il loro bottino di caccia di quel giorno.

"Che tu sia maledetta, Heatherclaw".

Elise sentì una voce, poi le gambe si appesantirono di colpo.

"Il primo figlio che nascerà dalla persona che più ti è vicina, sarà condannato a vivere con una famiglia che non è la sua".

Di nuovo quella voce.

Elise percepì la pesantezza del sonno gravare su di lei.

"E smetterà di vivere per diciassette anni..."

Tra le braccia di Elise, il neonato si immobilizzò, chiudendo gli occhi, in sottofondo ancora quell'inquietante voce.
«Ed...» Allungò un braccio verso il marito, per restare in piedi, ma vide che anche lui stava vacillando.

"...e con lui la sua nuova famiglia".

Le cedettero le ginocchia ed Elise finì accasciata in terra, seguita dal marito.
E tutto fu buio.

Restò solo quella voce.

"Che tu sia maledetta, Naomi Heatherclaw".

Wilderness. Dark HeartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora