L'aurora lasciò spazio a un'alba chiara, spenta, incapace di perforare l'oscurità di una foresta già buia, tanto che l'unica fonte di luce effettiva erano le iridi pallide di Erik, unite a quel baluginio misterioso che le sue vesti parevano emanare. Il ragazzo avanzava senza paura, illuminato dalla speranza, tra i fusti imponenti e le fronde fruscianti, che schioccavano a ogni alito di vento. Con lo sguardo verso il basso, seguiva la scia delle sue orme fangose, sicuro che l'avrebbe ricondotto all'accampamento.
"Che fortuna ho avuto a inzaccherarmi così le scarpe! Almeno in questo modo ho una pista da seguire" pensò, senza distogliere gli occhi dal suolo.
«Sì, bravo cagnolino, bravo, segui la pista, fiuta, fiuta...» lo schernì la sua anima, ridendo sfrontata.
"E io che pensavo che te ne fossi andato a dormire..." replicò mentalmente il giovane, annoiato. Il fatto che l'entità non fosse intervenuta per infastidirlo durante la visione lo stupiva più che rallegrarlo. Non gli sarebbe dispiaciuto provare la sua forza d'animo a colei che già più volte aveva provato a sottometterlo. Ora che tornava a sentire quella voce squillante, però, avrebbe preferito rimanere sott'acqua, nel silenzio avvolgente e nelle umide tenebre.
«Nah, ho fatto solo una piccola pausa, tutto qui» esclamò lo spirito.
"Bene, dunque, ora che sei bello riposato, dammi una mano o sta' zitto!"
«Sai quanto ti posso aiutare... Ti ricordo che io sono la tua anima, mica un segugio!» si lamentò l'ombra, piccata.
«Allora sta' in silenzio!» concluse Erik ad alta voce.
«Va bene, va bene, non c'è bisogno che ti scaldi!» disse l'ente.
Calò la quiete nella mente del ragazzo, che poté tornare a concentrarsi. Quella breve distrazione, tuttavia, era stata fatale: davanti a lui non c'erano più impronte scure, ma solo foglie colorate, aghi, terriccio, ombre oblunghe. Smarrito e terrorizzato, guardò dritto davanti a sé: vide solo alberi disposti a schiere, come soldati che gli lasciavano il passaggio. Si rivolse a destra, e ad accoglierlo vi fu lo stesso panorama. Così a sinistra, così alle sue spalle. Era tutto uguale.
I sentieri si intrecciavano come fili in un gomitolo di lana, biforcandosi o riunendosi. Non aveva idea della propria posizione, non c'erano punti di riferimento a cui affidarsi. Nessun tronco dalla forma bizzarra, nessun cespuglio peculiare, nulla. Solo un'infinita distesa di monotonia, un mare di legno e di terra, un labirinto di larici e faggi.
Era perduto.
«Santi Naxum, dove sono? Aiuto!» urlò, cominciando a correre forsennatamente.
La foresta risuonava dell'eco dei suoi strepiti e lo fissava muta, incurante. Imboccò un sentiero sulla destra, lo seguì per diversi minuti, finché non sentì le gambe cedere per lo sforzo. Girò quindi a sinistra, poi di nuovo a destra, discese lungo una pista a spirale, risalì un fianco sdrucciolevole, aggrappandosi come poteva al suo bastone o alle radici sporgenti, pur di non ricadere all'indietro. A ogni passo che faceva, sentiva di allontanarsi sempre più dalla sua meta, eppure la disperazione lo costringeva a continuare a muoversi, a sprecare energie. Gridò più volte il nome di Vjana, si sgolò fino a che la voce non divenne flebile, ma intanto lei, troppo lontana, non sarebbe mai arrivata.
«Che c'è, amico mio, ti sei perso?» biascicò lo spirito, falsamente premuroso.
Erik neppure se ne premurò, troppo affannato. «No, no, no!» strillò, battendo i pugni contro un fusto e ritirandoli sanguinanti e pieni di schegge. Si morse le nocche fino a sentire dolore, strizzò le palpebre e ringhiò così forte che la selva parve attraversata da un improvviso brivido. Per quanto disperato, non volle cedere alle lacrime: non avrebbe dato alla sua anima questa soddisfazione.
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L'erede di Frost Soul
Fantasy"La tua discendenza sarà condannata. I tuoi occhi saranno la tua rovina, e con essi collasserai. Coloro che hanno il ghiaccio nell'anima saranno odiati, temuti, sterminati. Non uno sarà accolto, non uno incontrerà la pace, non uno si salverà dalla n...