«E così la roccia si è alzata in alto, fino a toccare il cielo!» esclamò Erik, gesticolando mentre masticava una radice di Kyuru. Era da poco rientrato nel campo con Veluna e, fin da subito, non aveva avuto altro obiettivo all'infuori di quello di raccontare l'intera sua esperienza ai compagni. «Poi, ho afferrato con la mia magia anche la polvere, e i sassolini, e le foglie. Tutto vorticava, e vorticava, e vorticava... Ero l'occhio della tempesta!» Si sollevò e protese le braccia verso l'orizzonte, da cui cominciavano a sbucare, esitanti, i primi raggi di luna. Guardò verso l'alto, nuotando nell'infinito, affogando tra nuvole di spuma argentina, riemergendo tra le acque limpide degli occhi di Vjana, che subito si ritrassero, guizzanti come meduse luminescenti.
Quei pozzi trasparenti erano erranti pianeti, che sfuggivano ai suoi soli, eclissandosi dietro una coltre di arruffati boccoli scuri. Erano due perle, le palpebre le valve di un'ostrica. E lui era l'avido cacciatore. Lei era così bella, ma così fragile, come un cristallo, come le sue iridi d'acquamarina. Lui sentiva il fuoco in sé, in quei rari momenti in cui riusciva a intercettare la di lei attenzione. Che sentimento era, quello? Non era più l'affetto che provava per Clio, altrettanto forte, ma dal sapore diverso. Quell'emozione era acidula, gli pizzicava la lingua, virava sull'amaro e poi sul dolce. Irritante, ma anche gradevole.
Scosse il capo e scorse le espressioni delle altre Anime Gelide, aspettandosi un qualche complimento, anche solo accennato.
«Beh, non c'è che dire, hai fatto progressi...» biascicò Hector in uno sbadiglio. Tarven l'aveva trattato con l'ultima fiala che gli rimaneva del suo unguento miracoloso. Era ancora debole, poiché l'effetto non era stato rapido come sul principe, ma non era più in pericolo di vita. Poggiò la schiena contro il fusto alle sue spalle, rilassando i muscoli intorpiditi. Piegò le ginocchia fino ad avvicinarle al petto e abbassò un poco le palpebre, da cui sbucava un minuto spicchio. «Ora andiamo a dormire?»
«Pigrone...» borbottò Joyra fissando il fratello, ma anche lei era affaticata, glielo si leggeva nel volto smunto e nelle profonde occhiaie. Si rivolse poi a Erik, con un sorriso stanco. «Comunque, complimenti, Erik. Ci sono Anime Gelide che impiegano anni a imparare come controllare i poteri...» Si bloccò, giocherellando con le mani. Divenne pallida e la piccola increspatura delle labbra svanì. «Io stessa... io...» Una scia gocciolante le inumidì la fronte contratta. Scoccò una rapida occhiata al fratello, che ora dormiva per davvero, pur senza russare.
Anche Vjana era dolcemente assopita, con la testa reclinata su un ciuffo di muschio e la bocca appena divaricata, da cui, talvolta, sfuggiva un soffio che le agitava il ricciolo ribelle. Erik si intenerì a quella vista, ma fu solo un istante. Joyra aveva avvicinato il volto al suo orecchio, tanto che poteva sentire il suo fiato delicato solleticargli i timpani. Sentì un brivido scivolargli lungo la schiena, quando i capelli dorati, spighe di grano, sfiorarono il suo collo sensibile. Poi, con voce piattissima, a mala pena percettibile, la ragazza mormorò: «Io non controllo i miei poteri».
Il giovane si ritrasse, sorpreso. Lei si fissò le dita affusolate e nodose. «Lo so cosa pensi – sussurrò – Che io sia un'incapace. Anche mio fratello lo penserebbe, se lo sapesse.»
«Come mai lui non lo sa?» domandò Erik, abbassando la voce.
Joyra scosse la testa. «Ci alleniamo separatamente, per cui gli ho sempre fatto credere di essere un'esperta. Lui si fida di me, per cui non mi ha mai chiesto di provarlo, dettaglio che apprezzo molto in lui.» Arricciò un poco i margini della bocca.
«Tu hai l'anima spezzata, per cui puoi comunicare facilmente con il tuo Nam, ma per me, che non ne ho la possibilità, è tutto più difficile. Io ho un Num dispettoso e aggressivo. Quello di Hector, al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, è più riservato, per cui può concentrarsi e collegarsi alla propria mente senza sforzo, anche senza l'aiuto del Nam. Ciò gli consente di avere un buon controllo delle proprie capacità. Io, invece...» Ingollò la saliva, per mandar giù quel nodo che le impediva la respirazione. «Ho troppa paura per tentare un contatto più profondo. Il Num prova subito a insinuarsi nel mio cervello, e io non so come respingerlo. Harya, colei che mi allena, ha cercato di spiegarmi l'importanza della costanza e del coraggio, la necessità di credere e sperare, la fortuna che ho avuto a non essere Anima Spezzata, ma cosa ne può sapere lei?» Si alzò in piedi, le lacrime scavavano il suo viso di seta. «Certe volte vorrei averla, l'anima spezzata.»
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L'erede di Frost Soul
Fantasy"La tua discendenza sarà condannata. I tuoi occhi saranno la tua rovina, e con essi collasserai. Coloro che hanno il ghiaccio nell'anima saranno odiati, temuti, sterminati. Non uno sarà accolto, non uno incontrerà la pace, non uno si salverà dalla n...