Non aveva fiato per urlare. Non aveva lacrime da versare. Aveva solo vuoto in sé, un silenzio inanimato. Fissava Vjana con la bocca spalancata, immobile, attonito, una statua priva di battito, priva di respiro.
«Mi dispiace tanto, figlio mio. Ho fatto quello che ho potuto, ma le sue condizioni erano disperate. Solo un miracolo avrebbe potuto salvarla, e purtroppo raramente il cielo ce li concede...» Non udì sua madre che gli parlava.
«Era inevitabile, Erik. Non c'era modo di sottrarla al Fato. Almeno se n'è andata senza soffrire, lasciando il mondo in un dolce sonno, a cavallo di un sogno.» Non sentì nemmeno Joyra.
Sentiva solo il sussurro del nulla.
Nulla e tutto erano la stessa cosa, dopotutto. Lui era tutto, lui era nulla. Lui era vivo, lui era morto. Lui era padrone del suo corpo, lui era uno spettro vagante. Vjana era al suo fianco, Vjana era lontana. Lei ancora gli parlava, ne udiva il bisbigliare roco, il tremolare delle corde vocali, eppure le sue labbra non si muovevano, rigide nel sonno mortale.
Fece ciondolare la testa, con gli occhi stralunati.
«No...»
Il ragazzo esalò quelle due lettere con un moto di forza che non credeva più di possedere. Si fece sfiorare dal soffio freddo di uno spiffero.
«Lei è ancora qui...» gemette.
Cercò nella lieve carezza della corrente il tocco di Vjana, nel muto canto la sua risata, nel vuoto il suo sorriso. Non trovò nulla.
«Deve essere ancora qui!» gridò.
Si accasciò in terra, ansimando. Serrò i pugni e li scaraventò più volte sul pavimento in legno. Un gesto futile, ma necessario. Ancora non riusciva a piangere, come Joyra di fronte alla morte di suo fratello. Era come impazzito; il suo cuore era malato.
«Vjana! Vjana!»
Ora sì che l'aveva persa davvero. Se prima c'era stata speranza di salvarla, ora anch'essa era svanita, incenerita da un sole nero.
Vjana l'aveva abbandonato.
E Riwal, il mostro dall'anima putrida come acqua melmosa, era fuggito, libero e impunito. Lui che non si era accontentato di troncare il futuro di Hector, strappandoglielo dal corpo e gettandoglielo in un precipizio senza fondo: aveva voluto negare al mondo anche quell'ultima luce, quella briciola di bontà e innocenza, spegnendola in un lago di sangue, in un mare di veleno verdognolo.
C'era ancora tanto di cui le voleva parlare, tanti segreti di cui voleva farla partecipe, tanti dubbi e perplessità. Voleva plasmare il suo carattere, spazzare via la timidezza dai suoi occhi, aiutarla ad aprirsi, come quel bocciolo che era, sul punto di fiorire tra le sue mani. Voleva parlarle e sentirla rispondere, come la notte precedente, su quella roccia, avvolti dal fresco alone di un raggio di luna e da un ricamo di stelle.
Ora, però, era tutto finito.
Lei non sarebbe più tornata.
«Vjana! Vjana!»
Invocava ancora il suo nome, lo gridava a pieni polmoni. Rivolgeva il volto straziato verso l'alto, a quell'impalcatura che copriva il cielo. Batteva il suolo, il petto, la testa. Alba e Joyra provavano a placarlo, ma lui le respingeva con furia.
Nessuno l'avrebbe soccorso dal tornado che lo sbatacchiava tra pietre sempre più affilate.
Nessuno avrebbe rischiarato le tenebre che si allungavano verso di lui.
Nessuno avrebbe resuscitato la sua voglia di vivere.
Vjana non si sarebbe più risvegliata dal profondo sonno che, ormai, si era impossessato delle iridi che nascondevano così tanti segreti, verità che avevano voluto rivelare solo a lui.
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L'erede di Frost Soul
Fantasy"La tua discendenza sarà condannata. I tuoi occhi saranno la tua rovina, e con essi collasserai. Coloro che hanno il ghiaccio nell'anima saranno odiati, temuti, sterminati. Non uno sarà accolto, non uno incontrerà la pace, non uno si salverà dalla n...