Capitolo 10

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Isabelle

Quattro anni prima...

Ero chiusa nella mia cameretta, come ormai accadeva troppo spesso. Potevo ascoltare il leggero canto degli uccelli e dei ragazzi della mia età che passeggiavano per le strade del mio quartiere. 

Mentre io mi sentivo solamente un'estranea nel mio stesso corpo. 

Papà quel giorno aveva delle commissioni da fare, quindi il silenzio che regnava dentro la nostra casa non mi era affatto d'aiuto a zittire la mia testa. 

Guardai quel diario sulla mia scrivania come fosse la mia salvezza. Ultimamente avevo sempre la penna in mano a trascrivere i miei pensieri più angoscianti. A volte aiutava, a volte meno. 

In quei giorni ero anche riuscita a sorridere alle battute del mio papà e a chiacchierare un po' con lui. 

Ma, mentre il mondo viveva fuori dalla mia camera, io mi sentivo solamente un guscio vuoto. 

Senza pensare oltre, ripresi in mano quel piccolo diario e iniziai a scrivere di nuovo. 


Caro diario, 

Per un piccolo frangente ho creduto che le cose stessero andando meglio. 

Non è così. 

Non saprei nemmeno spiegarti come mi sento realmente, è così difficile. 

Vedo il mondo girare, il sole sorgere e tramontare, la luna che illumina imperterrita la notte scura per donare un po' di conforto. E poi ci sono io. 

Già, io cosa faccio invece? 

Mi sveglio, mangio quello che riesco, leggo, scrivo su queste pagine, mangio di nuovo e poi ancora leggo per focalizzarmi su una vita che non sia la mia. 

Trovo conforto solamente nello scriverti e nelle pagine di un libro per non vivere questa vita che ha preso le sembianze di un loop infernale. 

Ho sempre amato la vita, tutti i miei amici mi consideravano un fuoco. Impetuosa, prepotente, in grado di distruggere tutto e così bella da rischiare di bruciarti se ti fossi avvicinato troppo. 

Inutile dire che non sono più nessuna di queste cose. 

Le persone pretendono che io stia meglio. Perché mi vogliono bene, lo so. 

E io ci provo. Dio, quanto ci provo, ma ancora non ci riesco

Tutto mi fa paura, ormai mi sento al sicuro solo nel mio mondo composto da fotografie e parole. Ma, a volte, mi sento così sola. Ed è solamente colpa mia. 

Allontano tutti con il mio "problema", con il mio essere completamente spenta. 

Tutte le mie amiche ormai non chiamano nemmeno più, perché già sanno che rifiuterei qualsiasi cosa che non sia starmene per conto mio. Loro continuano a vivere la loro vita senza di me. 

E come biasimarle? 

È giusto avere una vita sociale piena quando si è adolescenti, è giusto divertirsi con le proprie amiche e andare alle feste del liceo dei ragazzi più grandi. 

Sono io quella anormale. Che si rifugia nelle pagine stampate di parole di altre persone. 

Mi odio.  

Odio la persona che sono diventata. 

Voglio la Isabelle di prima indietro, la voglio con me. Ma ogni volta che lei cerca di tendermi la mano, io non riesco a raggiungerla. 

Non ci riesco mai. 

E fa male vedere come mi guarda con delusione. La vedo sempre sorridente e truccata per bene, e poi mi guardo io. 

Un misero guscio vuoto, completamente svuotata. Il mostriciattolo che alberga nella mia testa si sta cibando di ogni mia piccola emozione, regalandomi solo stati di paranoia continua e pensieri oscuri. 

Vorrei solo non sentirmi così sola. 

Dove sei, nonno? 

Ti prego, aiutami. 

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