Capitolo 4

354 5 1
                                    

Isabelle

Quattro anni prima...

La psicologa mi aveva consigliato di tenere un diario, per documentare i miei progressi e sfogare i miei pensieri. Mi aveva anche detto, con un sorriso dolce sul volto, che quando sarei stata meglio avrei potuto sfogliare quelle pagine e toccare con mano le mie piccole vittorie. 

Ero nella mia camerata, mentre mio padre stava cucinando. Un leggero aroma di alloro danzava per tutta la casa, ma non avevo fame. 

Almeno non di cibo. 

Guardavo quel diario che mi aveva comprato mio padre con tanto amore. Aveva la copertina che sembrava di pelle, di colore marrone e le pagine al suo interno erano ingiallite. 

Presi una penna che avevo poggiato sul comodino dopo aver finito di studiare e iniziai a scrivere. 


Caro diario, 

Non saprei nemmeno da dove cominciare. 

Sta arrivando l'estate con le sue giornate calde e solari, ma io sento solamente freddo. 

Mi riesce difficile uscire di casa, vedere persone e ascoltare i rumori di Brooklyn. 

Ho sempre amato avvertire i suoni del mio quartiere, perfino il clacson di un'automobile mi faceva sentire meno sola al mondo. Ora, il discorso si era completamente capovolto. 

Ho iniziato un percorso con una nuova psicologa, una donna molto gentile e cordiale. Mi fa sentire meglio parlare con lei, mi sta regalando tante risposte. 

È riuscita a spiegarmi che i miei attacchi di panico sono dovuti da una bambina, precisamente la me bambina. Quella che ero. Mi ha raccontato che lei adesso mi sta chiedendo aiuto. Ma come faccio ad aiutarla se non riesco nemmeno ad aiutare me stessa? 

Il suo pianto e le sue lacrime hanno un potere crudele. Mi rendono una persona diversa di quello che vorrei. Perché non mi lascia in pace? 

Sono arrabbiata. 

Sono arrabbiata con lei, con il cielo, con il mondo che continua ad andare avanti mentre io non ci riesco. 

Sono delusa da me stessa, soprattutto. Nonostante io sia un'adolescente, non so cosa significhi prendersi cura di sé stessi. Forse perché non l'ho mai fatto veramente, sempre pronta a regalare cerotti a chi servivano e non mi sono mai disinfettata le mie di ferite. Piuttosto, le ho lasciate lì. Mentre continuavano a bruciare e farmi del male, io facevo finta di nulla mentre continuavo a salvare gli altri, ma non l'ho mai fatto per me stessa. 

Mi guardo intorno e vedo così tanti colori, ma non mi trasmettono nulla. 

Vorrei solamente piangere, urlare, rompere qualsiasi cosa mi circondi e poi scoppiare di nuovo in lacrime. 

Sono contornata da persone che mi vogliono bene, ma la bambina non li vuole. A volte l'ho anche sentita piangere, chiedendomi aiuto per far sì che restassimo da sole mentre il panico ci dilaniava. Vuole sempre rimanere da sola con me, ad abbracciarci a vicenda quando i tremori sono troppo forti per entrambe, a leggere libri in cui la protagonista cavalca dei draghi e ascoltare un po' di musica quando i pensieri sono troppo forti. 

Lei vuole solamente questo. Che a volte può anche andare bene, ma sta capitando così spesso che non capisco più la differenza tra la realtà e la finzione dei libri. 

Lei ha fame. Fame di storie, racconti, musica, affetto. 

Ma per colpa di quella bambina, per colpa mia, mi sento svuotata. 


Mind (Soul spin-off)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora