Capitolo 18

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(Canzone consigliata: Had Some Drinks - Two Feet.)

Isabelle.

Quella era la terza volta che Nathan King bussava alla mia porta per chiedermi aiuto.

Ma era la prima volta che quando gli aprii la porta, dopo avergli mollato uno schiaffo in pieno viso, lo avevo lasciato entrare insieme ad Aaron, che non mi ero affatto stupita di trovarlo con lui.

In quel momento eravamo seduti al mio piccolo tavolo della cucina con due tazze di caffè davanti, mentre Aaron era in piedi in mezzo alla stanza con le braccia possenti incrociate sul petto. 

«Cosa devo fare, Isabelle?», mi chiese Nathan con una punta di fastidio nella voce.

Non mi stupii nemmeno del fatto che fosse infastidito, in fondo era dell'egocentrico quarterback della squadra di football di cui stavamo parlando. Non serviva certo un genio per capire che non si era mai ritrovato in una situazione del genere, in cui veniva continuamente rifiutato.

«Non lo so, Nathan.» Alzai un sopracciglio. «Evidentemente, questa volta l'hai fatta grossa.»

«È più complicato di così, credimi», mormorò mentre prendeva un sorso di caffè dalla sua tazza.

Guardai Aaron che era ancora in piedi in mezzo alla stanza con le sopracciglia aggrottate, come se tutta quella situazione non gli piacesse affatto.

Non che a me piacesse, ovviamente. Ma era una visione molto sensuale vedere il suo volto accigliato in un'espressione di nervosismo.

«Dalle un po' di tempo, come sto facendo io. Si è chiusa nella sua stanza e non riesce nemmeno ad entrare Mona, quella ragazza sta dormendo sul divano in questi giorni», sospirai. «Quindi aspetta che sia lei a venire da te.»

«E se non lo facesse?» Nathan chiuse la mano in un pugno. «Isabelle... Io devo vederla, cazzo. Devo parlare con lei.»

«Pensi che per me sia diverso, Nathan? Ma almeno dalle il tempo che le serve per elaborare qualsiasi cazzata tu abbia fatto.»

Continuammo a bisticciare ancora per un bel po'. Fin quando non ricevette una chiamata dal Dragon e se ne andò di corsa.

Rimanemmo io e Aaron, soli nella mia stanza.

La frase "sola in una stanza con Aaron" portava sempre degli sviluppi molto interessanti.

Continuai a guardarlo mentre ero seduta sulla mia sedia e il modo in cui mi stava guardando mi fece sentire potente.

Il suo sguardo ardeva di desiderio, per me.

E ammettiamolo, quando un uomo ti guarda in quel modo senti che potresti scalare il monte Everest per ben cinque volte.

«Hai intenzione di continuare a guardarmi in quel modo?» Mi alzai per riporre le tazze nel lavello.

«Vorresti che facessi qualcosa, mia piccola Belle

Alzai gli occhi al cielo per quel nomignolo che mi aveva affibbiato. «Magari smetterla di guardarmi come se realmente mi venerassi.»

Lui fece un solo passo verso di me e già mi fece perdere la salivazione. «Il fatto che tu non sia consapevole della tua bellezza, mi obbliga a dimostrarti quanto io ti veneri.»

Ridacchiai amaramente. «Come veneri anche tutte le altre ragazze del campus, se non del mondo intero? Sei bravo come adulatore e provocatore, Aaron... Ma non sono mica stupida.»

Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini, finché non sentii il suo profumo ambrato prendersi gioco dei miei sensi.

Il suo corpo era attaccato al mio.

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