Capitolo 20

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Isabelle

Quattro anni prima...

Ogni giorno a scuola era diventato un incubo. Non che quelli precedenti fossero stati meglio. 

Le bravate di mia madre si erano fatte sentire per tutta la durata del primo anno e quasi anche per il secondo, ma avevo imparato a gestire quegli sguardi pieni di disprezzo dalle ragazze più popolari e dalle cheerleader. Sicuramente l'aiuto della mie amiche era stato prezioso. 

Ma quell'anno si stava rivelando peggiore degli altri. 

Vivevo in completa solitudine e i giorni in cui riuscivo ad alzarmi dal letto erano diventati nettamente minori. 

Stavo accumulando una serie di insufficienze nei test, per non parlare delle assenze. Il problema era che non riuscivo a concentrarmi su nulla. 

Forse perché quel periodo mi sentivo più debole del solito, forse perché dopo quei due anni infernali i miei demoni erano venuti a saldare il conto solo in quel frangente, ma mi sentivo davvero male. 

Come se avessi accumulato una serie di incubi durante quel tempo per poi viverli ad occhi aperti solamente dopo. 

Non sapevo né capivo da dove provenisse tutto quel malessere. 

Mia madre era sparita ormai da due anni, anche se a volte chiamava mio padre durante la notte. Una volta mi era perfino parso di sentire la sua voce tra le mura di casa, ma sapevo che se avessi chiesto spiegazioni non ne avrei avute. Papà vedendomi sempre più debole cercava in tutti i modi di evitare che mi agitassi o che mi sentissi peggio di come già mi sentivo. 

Forse perché quel grigiore del cielo invernale aveva velato i miei occhi di malinconia, ma quel giorno avvertivo la mancanza di mio nonno in un modo talmente crudo che mi doleva la testa. 

Ero sempre stata legata a lui, lo avevo sempre considerato un secondo padre. Mi aveva insegnato la gentilezza e la bellezza che si celava dietro una Polaroid, ma mi aveva anche donato tanto amore e devozione. 

E quel giorno mi mancava un po' di più. 


Caro diario,

Credimi se ti dico che le cose non stanno migliorando né cambiando. 

Le giornate si susseguono tutte allo stesso modo, come se il tempo fosse crollato su sé stesso. 

Ho fame. Fame di emozioni, di vita. 

Eppure, non riesco a trovare il modo di soddisfarla. 

E non riesco a dormire la notte. Continuo a girarmi tra le lenzuola per trovare una posizione più comoda, ma non la trovo mai. Come se fossi scomoda perfino dentro la mia stessa pelle. 

Quando ero più piccola la vita era più leggera, così fresca da lasciarmi un ricordo pieno di serenità. 

Ora è diventata pesante come un macigno sul cuore. 

Io voglio tornare indietro, a quando mi sentivo complice con lei. 

A quando ridevo di gusto. 

Ora non riuscirei nemmeno a riconoscere quel suono. 

E oggi, nonno, mi manchi un po' di più. 

Non penso che tu saresti felice della persona vuota che sono diventata e so anche che se te lo chiedessi non potresti rispondermi. 

Ma venderei perfino l'anima al diavolo affinché tu possa farlo. 

Se avessi a disposizione cinque minuti con te non saprei nemmeno cosa dirti. 

Probabilmente ti guarderei e basta, crogiolandomi nei tuoi occhi pieni di gentilezza e amore. 

E magari ti chiederei di raccontarmi ancora di come ti sei innamorato della fotografia. 

Si sta bene lì dove sei? Sei felice?

Io qui ci provo, un po' malamente ma non demordo del tutto. E il tuo ricordo a volte mi spinge a voler fare qualcosa che mi aiuti ad uscire da questa gabbia senza sbarre. 

Ti penso sempre. 

Un giorno ci rincontreremo. E quel giorno sarà il più bello di tutta la mia vita. 


Mind (Soul spin-off)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora