Il tempo sembrava trascorrere senza di me, come se fossi bloccata in un limbo senza fine. I giorni si mescolavano tra loro, e io non facevo altro che sopravvivere, senza realmente vivere. Il dolore dell'abbandono di Angela era un peso costante sul mio petto, un fardello che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Ogni pensiero, ogni respiro, era intriso di lei, di quello che avevamo condiviso e che ora non c'era più. Più cercavo di allontanare quei ricordi, più mi sembrava che fossero incisi nella mia anima.
Mi ero isolata dal mondo. Non rispondevo ai messaggi dei miei amici, evitavo le chiamate, e persino quando mio padre cercava di parlarmi, trovavo scuse per chiudermi in camera mia. La mia stanza era diventata una prigione sicura, un rifugio dal dolore esterno, ma anche una trappola che mi teneva intrappolata con i miei pensieri. Il mio letto era il posto dove mi sentivo più al sicuro, dove potevo permettermi di essere fragile e vulnerabile senza che nessuno vedesse quanto fossi distrutta.
Le giornate passavano, e io mi perdevo sempre di più nei ricordi di Angela. Rivivevo ogni singolo momento passato insieme, ogni risata, ogni sguardo, ogni tocco. E ogni volta, il dolore mi travolgeva come un'onda impetuosa, lasciandomi senza fiato. Come poteva essere così lontana? Come poteva avermi lasciata così facilmente? Non riuscivo a darmi pace, e questo tormento mi stava lentamente consumando.
Un giorno, mentre fissavo il soffitto, il mio telefono vibrò sul comodino. Ignorai il messaggio, come avevo fatto tante volte prima. Non volevo parlare con nessuno. Ma il telefono continuava a vibrare, come se qualcuno fosse deciso a non lasciarmi sola. Alla fine, sospirai e presi il telefono tra le mani.
Un nuovo messaggio da 'Holy'.
Il nome che appariva sullo schermo mi sorprese. Non avevo sentito Holy da mesi. Solo leggere il suo nome mi fece provare una strana sensazione. Era stato il mio amico d'infanzia, il ragazzo che conoscevo da sempre, che mi aveva sempre fatto ridere con le sue battute stupide e i suoi sorrisi disarmanti. Il suo messaggio era semplice: "Ehi, come stai?". Un messaggio innocuo, normale, ma che in quel momento sembrava venire da un'altra realtà, una realtà dove le cose non facevano così male.
Non risposi subito. Non sapevo nemmeno se avrei dovuto rispondere. Cos'avrei potuto dirgli? Che stavo male? Che il mondo mi sembrava un posto terribile e che non riuscivo a vedere un futuro senza Angela? Non volevo appesantirlo con i miei problemi, non volevo che vedesse quanto fossi caduta in basso. Ma allo stesso tempo, il pensiero di ignorarlo mi faceva sentire ancora più sola di quanto già non mi sentissi.
Alla fine, scrissi solo un veloce: "Ciao. Sto bene". Era una bugia, ovviamente. Ma era quello che tutti si aspettavano da me. Holy non ci mise molto a rispondere: "Mi farebbe piacere vederti, se ti va".
Vedermi? Non sapevo se fossi pronta a uscire dalla mia bolla, ma c'era qualcosa nel suo messaggio che mi fece esitare. Forse la sua presenza sarebbe stata un diversivo, qualcosa per spezzare quel ciclo infernale in cui ero intrappolata. Alla fine, con un respiro profondo, risposi: "Si, mi va".
Quando Holy arrivò davanti alla mia porta il giorno dopo, mi sentii nervosa. Non lo vedevo da così tanto tempo, e mi chiedevo se sarebbe stato in grado di capire quanto fossi cambiata. Ero una versione spenta di me stessa, una versione che non avrebbe mai voluto mostrare a nessuno, specialmente a lui.
Quando aprii la porta, lui era lì, con il suo solito sorriso. I suoi occhi brillavano di una luce familiare, quella spensieratezza che lo aveva sempre contraddistinto. Ma c'era anche qualcos'altro nei suoi occhi, come se capisse esattamente quanto fossi a pezzi, senza che io dovessi dirlo.
"Hey," disse, con una voce morbida, quasi come se avesse paura di spaventarmi.
"Hey," risposi debolmente.
Ci fu un attimo di silenzio tra di noi, poi Holy allargò le braccia in un gesto che sembrava dire: "Posso abbracciarti?". Senza pensarci troppo, mi avvicinai e mi lasciai stringere tra le sue braccia. Non sapevo quanto avessi bisogno di quel contatto fino a quel momento. Holy mi teneva stretta, senza dire una parola, e per la prima volta dopo mesi mi sentii un po' meno sola.
Dopo qualche istante, mi lasciò andare e sorrise debolmente. "Andiamo a fare una passeggiata? È una bella giornata."
Non avevo nessuna voglia di uscire, ma qualcosa nella sua voce mi spinse a dire di sì. Uscimmo di casa e iniziammo a camminare senza una meta precisa. Holy parlava del più e del meno, cercando di tenermi occupata con storie divertenti e aggiornamenti sulla sua vita. Mi parlò dei ragazzi della riserva, di suo padre, delle cose assurde che capitavano anche nella spiaggia 'La Push'. Ogni tanto riuscivo a sorridere, ma era un sorriso stanco, come se non fosse veramente mio.
Mentre camminavamo, mi resi conto che Holy non mi stava facendo domande su come stavo, su Angela, o su tutto quello che era successo. Non cercava di scavare nel mio dolore, né di forzarmi a parlare di cose di cui non volevo parlare. Si limitava a esserci, e in quel momento, quello era tutto ciò di cui avevo bisogno. La sua presenza era una piccola luce in mezzo al buio in cui ero intrappolata.
"Ti ricordi quando eravamo piccoli e ci nascondevamo nel bosco?" chiese, interrompendo i miei pensieri.
Annuii, ricordando vagamente quei giorni spensierati, quando il mondo sembrava così semplice e le cose come il dolore e l'abbandono non esistevano.
"Sì, mi ricordo," risposi. "Era il nostro rifugio segreto."
Holy sorrise, con quel suo sorriso che era un po' una promessa che tutto sarebbe andato bene, anche se nessuno di noi due poteva davvero crederci.
"Sai," continuò, "mi piacerebbe tornare lì un giorno. Solo noi due, come una volta. Ti andrebbe?"
L'idea mi colpì. Tornare in quel luogo lontano nel tempo, in quel ricordo felice, sembrava quasi impossibile, ma allo stesso tempo, c'era qualcosa di confortante in quel pensiero.
"Forse," risposi. "Non lo so, Holy. Non mi sento ancora pronta."
"Non devi esserlo," disse lui con calma. "Non c'è fretta. Io ci sono, quando e se ne avrai voglia."
E in quel momento mi resi conto di quanto fosse importante avere qualcuno come lui accanto. Holy non cercava di spingermi a essere qualcosa che non ero. Non cercava di guarirmi o di risolvere i miei problemi. Semplicemente, stava lì, aspettando che io trovassi la mia strada, pronto a camminare accanto a me quando ne avessi avuto bisogno.
Le settimane passarono, e Holy continuava a essere una costante nella mia vita. Non c'erano pressioni, nessuna aspettativa. A volte uscivamo insieme per una passeggiata, altre volte restavamo semplicemente seduti in silenzio, senza bisogno di parole. Era una presenza calma e rassicurante, qualcosa di solido in mezzo al caos che mi circondava.
Ogni tanto mi parlava della sua famiglia, dei suoi sogni. Mi raccontava delle leggende della sua tribù, storie che avevano sempre un fascino oscuro ma affascinante. Era strano quanto quelle leggende, che una volta mi sembravano solo favole lontane, ora mi facessero pensare alla realtà nascosta che avevo scoperto con Angela. La differenza era che con Holy, tutto sembrava più umano, più vero.
Non riuscivo a scrollarmi di dosso il dolore per Angela, ma almeno non mi sentivo più completamente persa. Holy era lì, e ogni giorno che passava, il buio dentro di me sembrava un po' meno soffocante.
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BITE ME - Sajolie
FantasyLa storia è interamente ispirata a Twilight, ma le protagoniste sono proprio Sarah e Angela.