La Push

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Il cielo sopra Forks era un tappeto grigio, come se le nuvole non volessero mai lasciar passare il sole. Quel giorno, tuttavia, una brezza fresca soffiava sulla costa e, sebbene il cielo fosse ancora coperto, l'aria sembrava più leggera mentre ci avvicinavamo a La Push. Le spiagge qui non erano fatte di sabbia bianca e mare azzurro, come quelle che immaginavo da bambina. Qui, le rocce appuntite, l'acqua gelida e il vento tagliente dominavano il paesaggio.

Mi strinsi nel mio giubbotto, cercando di proteggermi dall'aria salmastra che soffiava verso la costa, il suo odore pungente riempiva le narici e portava con sé una sorta di malinconia. Era una giornata diversa dalle altre, e non solo per il paesaggio: quella gita a La Push rappresentava una pausa dal mistero che circondava Angela e la sua famiglia. O almeno, così pensavo.

«Non è male, vero?» disse Holy, il mio amico d'infanzia, con un sorriso stampato in volto. Era cresciuto a Forks, e mentre io mi ero trasferita a Phoenix, lui era rimasto qui, tra la nebbia e il vento. Ora, ritrovarci dopo tanto tempo sembrava surreale.

«Non è male, no,» risposi, guardandomi attorno. «È diversa da qualsiasi altra spiaggia del sud...»

La costa di La Push aveva un suo fascino ruvido. Le rocce sporgevano dall'acqua come creature antiche, le onde si infrangevano contro di esse con forza, e qua e là tronchi d'albero sradicati erano accatastati sulla riva, come reliquie di una tempesta passata. Non c'era nessun altro in giro, e la solitudine di quel luogo mi colpì. Ma, in qualche modo, mi piaceva. Era selvaggio, primordiale.

Holy camminava accanto a me con passi lenti e misurati. «Ti ricordi di quando venivamo qui da piccoli?» mi chiese. «Pensavamo che queste rocce fossero castelli e che le onde fossero i draghi che li proteggevano.»

Sorrisi al ricordo. «Sì, vagamente, e tu eri sempre il cavaliere che cercava di salvarmi.»

Holy rise, il suo sorriso illuminava il suo viso abbronzato dal sole che, a differenza di me, sembrava non risentire del clima grigio di Forks. «Era un bel gioco. Mi manca, a volte.»

Ci fu un momento di silenzio tra di noi, rotto solo dal rumore incessante delle onde. Il mio pensiero tornò a Forks e a tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento. Angela, la sua famiglia misteriosa, i silenzi carichi di segreti. E poi, questa sensazione costante di essere osservata, come se ci fosse sempre qualcosa o qualcuno nell'ombra, appena oltre il mio campo visivo.

«A cosa pensi?» chiese Holy, interrompendo i miei pensieri.

Lo guardai, esitando un momento. Holy era sempre stato un amico fidato, ma c'erano cose che non sapevo come spiegare, nemmeno a lui. «Non lo so,» risposi alla fine. «Questo posto... mi dà una sensazione strana.»

Holy mi guardò con un'espressione seria. «Forse è solo perché non sei abituata. Forks può essere... diverso.»

Lo fissai per un attimo, il vento che mi scompigliava i capelli. «D'accordo, sputa il rospo. C'è qualcos'altro, vero?»

Holy si voltò verso il mare, le sue mani infilate nelle tasche della giacca. «Cosa intendi?»

«Non lo so,» dissi, cercando le parole. «Da quando sono tornata qui, mi sembra di... di non capire nulla. Ci sono cose che non mi tornano, persone che sembrano diverse. Strane.»

Holy si girò verso di me, il suo viso ora più serio. «Di chi stai parlando?»

Esitai, ma poi decisi di essere sincera. «Angela Ciancio e la sua famiglia. C'è qualcosa in loro che non riesco a spiegare. Sono... diversi.»

Per un attimo, Holy rimase in silenzio, come se stesse cercando di capire cosa dire. Poi abbassò lo sguardo e sospirò. «Forse non dovrei dirti queste cose,» iniziò, e la mia curiosità si accese immediatamente.

«Cosa intendi?» lo incalzai, avvicinandomi a lui.

Holy si spostò verso un tronco caduto sulla spiaggia e si sedette. Io lo seguii, sedendomi accanto a lui, pronta a sentire ciò che aveva da dirmi. «Sai... ci sono delle storie, delle leggende qui a La Push,» iniziò, la sua voce bassa, come se stesse confidandomi un segreto.

«Leggende?» ripetei, il mio interesse immediatamente catturato.

Holy annuì. «Sì. Storie che i nostri nonni ci raccontavano quando eravamo piccoli. Storie di creature che vivono tra noi, nascoste agli occhi della gente normale.»

Sorrisi leggermente, pensando che stesse per raccontarmi qualche favola spaventosa per bambini. «Tipo mostri sotto il letto?»

Holy scosse la testa, il suo viso serio. «No, non esattamente. Sto parlando di licantropi e... vampiri.»

La parola "vampiri" mi colpì come un fulmine. Per un attimo, il mondo sembrò fermarsi. Vampiri? Holy stava scherzando, vero? Lo guardai negli occhi, cercando di capire se stesse prendendomi in giro, ma il suo viso era perfettamente serio.

«Vampiri?» ripetei, cercando di capire se avesse davvero detto quella parola.

Holy annuì lentamente. «Sì. Secondo la leggenda, ci sono licantropi, persone che possono trasformarsi in lupi giganti per proteggere il loro territorio. E poi ci sono i vampiri, le loro nemesi. Creature immortali che si nutrono di sangue.»

Il mio cuore accelerò. Non potevo crederci. Era solo una leggenda, certo, ma in qualche modo sentivo che quella parola, "vampiri", portava con sé qualcosa di più. Le immagini di Angela e della sua famiglia, la loro bellezza inquietante, i loro movimenti aggraziati e quasi inumani, mi riempirono la mente.

«È solo una storia, giusto?» chiesi, cercando di non sembrare troppo coinvolta.

Holy mi guardò a lungo, prima di rispondere. «Sì, è una leggenda. Ma sai... a volte le leggende hanno un fondo di verità.»

Rimasi in silenzio, cercando di processare tutto. Vampiri. Angela. Era solo una coincidenza, o c'era qualcosa di più? Cercai di scacciare quei pensieri, ma erano già radicati nella mia mente.

Holy si alzò, guardando l'orizzonte. «C'è di più, ma non posso raccontarti tutto. Alcune cose... dovrai scoprirle da sola.»

Non sapevo cosa dire. Le parole di Holy mi lasciarono con più domande che risposte, e mentre tornavamo verso il resto del gruppo, il mio pensiero rimase fisso su Angela e su quella leggenda.

Le onde continuavano a infrangersi sulle rocce, e il vento mi sferzava il viso. La sensazione di essere osservata si intensificò, come se qualcuno o qualcosa mi stesse seguendo. Mi strinsi nel giubbotto, cercando calore, ma dentro di me sapevo che qualcosa era cambiato. Quella leggenda non era solo una storia per bambini. C'era qualcosa di vero, qualcosa che mi riguardava da vicino.

Il sole stava ormai calando quando tornai alla macchina, con il suono delle onde che continuava a risuonare nelle mie orecchie. La spiaggia di La Push era ormai deserta, il gruppo di ragazzi si era disperso, ma io ero ancora immersa nei miei pensieri.

Mentre ci allontanavamo, il cielo si faceva sempre più scuro, e la strada che ci riportava a Forks era avvolta dalla nebbia. Il silenzio tra me e Holy era pesante, come se entrambi sapessimo che c'erano troppe cose non dette. Ma quelle parole - "vampiri" e "licantropi" - continuavano a rimbombare nella mia mente, come un'eco impossibile da ignorare.

Non potevo negare che la mia curiosità fosse stata accesa. Non potevo ignorare più i segnali che avevo notato: la pelle gelida di Angela, i suoi occhi che cambiavano colore, la sua incredibile forza. Avevo bisogno di sapere. E sapevo che, presto, avrei trovato delle risposte.

BITE ME - SajolieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora