Forks

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Il viaggio in macchina da Phoenix a Forks sembrava interminabile. La strada si snodava come un nastro grigio, e ogni miglio che passavamo sembrava portarmi sempre più lontano da casa. La mia casa. Non riuscivo a smettere di pensare al calore del sole di Phoenix, ai suoi cieli azzurri e ai suoi tramonti infuocati. Qui, l'aria era fredda e umida, e le nuvole grigie pendevano basse, come se volessero soffocare qualsiasi raggio di sole cercasse di farsi strada.

«Sarah, puoi passarmi la bottiglia d'acqua?» mi chiese mio padre, interrompendo i miei pensieri. Lo guardai. Era un uomo robusto, con i capelli brizzolati e gli occhi stanchi, ma il suo sorriso cercava di trasmettere una certa allegria. A volte mi sembrava che stesse cercando di convincere anche se stesso che tutto andava bene.

«Certo, papà,» risposi, allungando la mano verso il portaoggetti. Non volevo deluderlo, ma dentro di me una tempesta di emozioni si aggrappava come artigli. Avevo appena diciassette anni e stavo abbandonando la mia vita per trasferirmi in un posto di cui non sapevo nulla, se non che era conosciuto per le sue piogge incessanti. «Quanto manca?» chiesi, cercando di spezzare il silenzio opprimente.

«Dovremmo arrivare tra un paio d'ore. I paesaggi cambiano, non credi?» rispose lui, cercando di animare la conversazione. «Guarda, queste montagne sono bellissime.»

Scossi la testa. Erano solo colline grigie, coperte di alberi alti e scuri. Non c'era nulla di bello in esse. A Phoenix, ogni albero era un simbolo di vita, mentre qui tutto sembrava oppresso dalla mancanza di sole. L'auto rimbalzava leggermente sulla strada dissestata, e ogni colpo mi ricordava che eravamo sempre più lontani dalla mia vita precedente.

«Lo so, papà. È solo... diverso,» dissi, mentre il mio sguardo si posava sul paesaggio che scorreva accanto a noi. L'orizzonte sembrava sfumare in una nebbia fitta, e il cielo si rifletteva nelle pozzanghere che si formavano ai lati della strada. Era tutto così triste. La mia mente tornava spesso a Phoenix: i miei amici, la mia scuola, il calore del sole che mi scaldava la pelle. Qui, la mia pelle si sentiva sempre fredda, come se il clima avesse invaso il mio corpo.

Mio padre accese la radio, e la musica country riempì l'auto, cercando di allontanare il silenzio pesante. Le melodie raccontavano storie di amori perduti e di paesaggi lontani. Mi chiesi se ci fosse una canzone che parlasse di una ragazza che lasciava la sua vita per inseguire l'ignoto, ma non riuscivo a trovarne nessuna che risuonasse con la mia tristezza.

«Sai, Forks è un posto tranquillo,» continuò mio padre, senza rendersi conto di quanto fosse difficile per me. «Ci sono molte cose da fare, e ho sentito che la comunità è molto accogliente. Ti ci abituerai. È un ottimo posto per... ricominciare.»

Ricominciare. La parola rimbombava nella mia testa come un tamburo, ma io non volevo ricominciare. Volevo tornare. Volevo la mia vita. «Sì, papà, lo spero,» risposi, cercando di mascherare la mia frustrazione. Mi sforzai di ricordare perché stavamo facendo questo viaggio. La mia madre, finalmente libera di seguire il suo sogno di essere con il suo nuovo compagno, mi aveva praticamente scaricato su mio padre. E io, per quanto volessi supportarla, non potevo fare a meno di sentirmi trascurata.

Ci fermammo per una pausa e scesi dall'auto, allungando le gambe e respirando l'aria fresca e umida. L'odore della terra bagnata era diverso, pungente e strano. Mentre camminavo, notai un gruppo di alberi che si ergevano maestosi e silenziosi, come guardiani del luogo. Sentivo il peso del loro sguardo su di me, come se cercassero di capire chi fossi e perché fossi lì.

«Ti va di prendere un caffè?» chiese mio padre, avvicinandosi. «Non è un gran che, ma ci aiuterà a rimanere svegli.»

«Va bene,» risposi, anche se sapevo che non avrei mai potuto abituarmi al gusto del caffè. Entrammo in un piccolo bar, l'unico che avevamo trovato lungo la strada. L'interno era accogliente, con pareti di legno e un profumo di caffè appena fatto che riempiva l'aria. Mentre aspettavamo, guardai fuori dalla finestra, scrutando la pioggia che iniziava a cadere.

BITE ME - SajolieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora