Capitolo 18

6 0 0
                                        

Abbiamo deciso di dormire dai suoi genitori, sperando che un ambiente familiare potesse aiutarci a mettere da parte le tensioni. Ma le cose tra noi rimangono fragili. Durante la notte, mentre ci stringiamo in un abbraccio, sembra che l'amore fluisca, ma quando il sole sorge, la magia svanisce e ci ritroviamo a litigare.

Oggi ho preso il computer, ho deciso di concentrarmi sul lavoro. Gli esami si avvicinano e c'è anche lo spettacolo di inizio anno da preparare. "Dovresti riposare," mi dice Alberto, con un tono che mi infastidisce.

"Non mi affatico," rispondendo, afferrando il telefono per iniziare a fare le mie telefonate.

"Il bello è che mi ha detto che non si affatica", commenta lui sarcastico, ma la sua voce tradisce anche una certa preoccupazione. "Mi dici cosa devo fare? Posso chiamarli io."

La sua offerta mi fa esplodere. "Non capisci che ho bisogno di aiuto? Non ho bisogno di essere trattata come un'ammalata!" La mia voce è carica di frustrazione, e un silenzio pesante si posa tra noi.

Alberto si ferma, visibilmente irritato. "Non sto cercando di farti sentire un'ammalata, ma voglio che tu stia bene." Ma il suo tono è impaziente, e questo non fa che aumentare la mia irritazione.

"E se non faccio nulla? Se mi siedo e aspetto? Non voglio restare ferma mentre il mondo va avanti!" Esclamo, il cuore che batte forte per l'ira e la paura.

«Non hai bisogno di dimostrare nulla a nessuno», ribatte lui, la sua voce si fa più alta. "Ma non puoi semplicemente ignorare i tuoi limiti!"

"Ma io non ho limiti, Alberto! È solo un momento difficile!" La mia risposta è carica di sfida, e il nostro sguardo si incrocia, ma c'è un abisso tra di noi.

La tensione nell'aria è palpabile mentre il silenzio tra noi si allunga. "Non posso più sopportarlo, Alberto! Devi andare via!" dico, la voce tremante ma decisa. Non riesco a trattenere l'ira, la frustrazione che ha accumulato in me come una tempesta pronta a scoppiare.

"Cosa stai dicendo?" rispondi lui, incredulo. "Stai davvero pensando di mandarmi via?" I suoi occhi cercano i miei, cercando una ragione nel mio dolore.

"Sì, lo sto dicendo!" sbotto. "Non voglio che tu sia qui a controllarmi ea farmi sentire una fallita! Ho bisogno di spazio, di respirare!"

Alberto sembra ferito, le parole che pronunciano lo colpiscono. "Non ti sto controllando, voglio solo aiutarti! Ma tu non vuoi ascoltare, sembri solo desiderare di affondare."

"Affondare?" rido amara. "Non puoi capire! Ogni volta che apri bocca, mi fai sentire ancora più impotente. Non ti rendi conto che mi stai soffocando?"

"Non ti sto soffocando, Melina! Sto cercando di prendermi cura di te e del nostro bambino!" La sua voce è alta, e il suo sguardo tradisce la frustrazione che prova.

"Sei stanco di me, lo so! Vuoi solo che io stia ferma come un'ammalata!" Dico, sentendo le lacrime scendere. "Ma io non sono così! Non voglio essere trattata come una malata, voglio riprendere in mano la mia vita!" Inizio ad alzare la voce, e sento che la pancia mi si indurisce, ma non dico nulla perché la rabbia non lascia posto ad altre emozioni.

"Non sto dicendo che sei un'ammalata! Ma è una situazione difficile e vuoi ignorarlo!" La sua voce si spezza, mostrando quanto sia provato.

"Non voglio discutere più! Ti prego, vai via!" urlo, il dolore continua a persistere, il mio cuore si spezza mentre pronuncia quelle parole. "Ho bisogno di stare sola, di capire le mie emozioni senza di te intorno."

Alberto fa un passo indietro, visibilmente ferito. "Se è così che la pensi, io... io non so cosa dire." Le sue parole escono a fatica, il dolore nei suoi occhi è palpabile.

Destini IncrociatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora