Capitolo 32

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Le giornate si susseguono lente, immersi in un dolore che sembra non avere fine. Dopo la separazione con Ignazio, torno a casa dei miei genitori. Non voglio vedere nessuno. Ogni mattina mi sveglio con gli occhi gonfi di pianto e il cuore pesante. Caterina e Aurora sono il mio unico conforto, ma anche loro percepiscono la mia tristezza.

Una sera, Piero viene a trovarmi. Mi conosce troppo bene per lasciarmi sola in un momento del genere. Bussa piano alla porta e, nonostante la mia voglia di isolarmi, gli permesso di entrare.

"Come stai?" mi chiede, sedendosi accanto a me sul divano con la delicatezza di chi conosce già la risposta ma vuole comunque ascoltarla.

Abbasso lo sguardo, incapacità di sostenere il suo. "Non lo so, Piero", rispondendo con un filo di voce. "Mi sento persa... come se avessi fallito in tutto."

Lui mi osserva, lasciando che il silenzio riempia lo spazio tra di noi per qualche istante. Poi scuote la testa, con quella calma che sembra sempre infondermi coraggio. "Non hai fallito, Melina. Stai solo vivendo un momento difficile. Ma ti conosco, sei più forte di quanto pensi. E anche se adesso ti sembra impossibile, ce la farai."

Scuoto la testa, con le lacrime che iniziano a offuscarmi la vista. «E se questa volta fosse diverso, Piero? E se non fossi abbastanza? Ho deluso le bimbe, Ignazio, me stessa... Ho distrutto tutto quello che avevamo costruito."

Piero si avvicina un po' di più, posando una mano gentile sulla mia. "Non puoi prenderti tutta la colpa sulle spalle. A volte le cose finiscono, non perché qualcuno ha sbagliato, ma perché devono andare così. Non è semplice, lo so, ma devi ricordarti che meriti di essere felice. E non hai deluso nessuno, soprattutto le bambine. Sai perché?"

Scuoto la testa, incapace di rispondere.

"Perché loro ti amano, Melina. Ti vedono come la loro roccia, la loro guida. E non importa quanto tu possa sentirti debole, per loro sei sempre forte.

Le sue parole scavano un piccolo spazio nel peso che sento sul petto, come un respiro di aria fresca. "Piero, io... non così nemmeno se riesco a guardare avanti. Mi sento come se stessi solo affondando di più ogni giorno."

Lui mi stringe la mano, con una determinazione che mi sorprende. "Allora permettimi di tirarti su. È per questo che sono qui. Non ti lascerò affondare, Melina. Hai persone intorno a te che vogliono aiutarti, che ti vogliono bene. Non chiuderti a tutto, perché il mondo non è finito qui."

Lo guardo, cercando di aggrapparmi alla sua fiducia, ma un nome mi sfugge dalle labbra quasi senza volerlo. "Alberto..."

Piero annuisce, come se se lo aspettasse. "Lui è una parte di te, Melina, anche se hai cercato di seppellirlo per tanto tempo. Sai... quando l'ho sentito qualche tempo fa, sembrava diverso. Più sereno, ma portava ancora i segni di quello che è successo tra di voi."

Mi stringo nelle spalle, quasi a proteggermi dai ricordi che il suo nome riporta. "L'ho ferito. Non c'è più nulla da salvare."

"Eppure", ribatte Piero con una nota di dolcezza, "se lo pensi ancora, se il suo nome è la prima cosa che ti viene in mente... forse c'è ancora qualcosa lì. Qualcosa che merita di essere capito."

La sua voce si abbassa, quasi in un sussurro. "Mi ha parlato della bambina. Non voleva che lo sapessi, ma penso che meriti di sapere."

La mia testa scatta verso di lui. "La bambina?"

Piero annuisce, il suo sguardo velato di tristezza. "Si è ammalata poco dopo che te ne sei andata. Non ce l'ha fatta, Melina. È mancata quando aveva pochi mesi.»

Il dolore che provo in quel momento è indescrivibile, un colpo diretto al cuore. Le lacrime iniziano a scendere senza controllo mentre porto le mani al viso, cercando di trattenere un singhiozzo che non posso fermare. "Non lo sapevo... non lo sapevo," ripeto tra i singhiozzi.

Piero mi abbraccia, permettendomi di sfogarmi. "Non voleva che lo sapessi. Ha pensato che fosse meglio così, che non ti meritassi altro dolore. Ma ha affrontato tutto da solo, Melina. Ed è stato difficile per lui. Come lo è stato per te."

Il mio respiro si spezza mentre le sue parole si fanno strada nella mia mente. Alberto. La bambina. La sofferenza che abbiamo condiviso, anche se a distanza. Dentro di me qualcosa si accende, un bisogno di capire, di affrontare quel passato che pensavo di aver chiuso per sempre. "Forse... forse dovrei parlargli."

Quella sera rimango sveglia a lungo, pensando ad Alberto. Alle nostre risate, ai momenti felici, ma anche a ciò che abbiamo perso. Mi chiedo se ci sia ancora qualcosa tra di noi, qualcosa che valga la pena esplorare.

Prendo il telefono...

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