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Passarono alcuni giorni dopo quella conversazione. Parigi mi avvolgeva con il suo fascino unico, ma il pensiero di Francesco era una costante che non riuscivo a ignorare. Nonostante il successo dello shooting e le nuove opportunità che mi si aprivano davanti, mi sentivo incompleta. Avevo tutto, ma non avevo lui.

Una mattina, mentre stavo preparando le valigie per trasferirmi temporaneamente in un appartamento affittato dal mio manager per un altro progetto, ricevetti una chiamata inaspettata.

«Vanessa,» la voce di Tony era carica di tensione. «Devi sapere una cosa.»

«Cosa succede?» chiesi, il cuore che già accelerava.

«Francesco è sparito. O meglio, si è preso una pausa. Ha cancellato il prossimo concerto e non risponde ai miei messaggi. Ha detto che aveva bisogno di tempo.»

Quelle parole mi colpirono come un fulmine. «Ma... perché? Sai dove potrebbe essere andato?»

Tony fece una pausa. «Non ne sono sicuro, ma sospetto che abbia a che fare con te. Non voglio metterti pressione, ma forse dovresti parlargli.»

Il nodo alla gola che avevo sentito per giorni diventò quasi insopportabile. Dopo aver riattaccato, rimasi immobile per un lungo momento, cercando di capire cosa fare. Alla fine, sapevo che non potevo restare lì a chiedermi cosa stesse succedendo.

Prenotai il primo volo per tornare a casa.

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Quando arrivai, era sera tardi. La città sembrava più tranquilla di quanto ricordassi, ma forse ero io a sentirmi diversa. Tony mi venne a prendere all'aeroporto, e durante il tragitto in macchina cercai di ottenere più informazioni.

«Hai parlato con lui?» chiesi.

«Non davvero,» rispose mio fratello, stringendo il volante. «È venuto a casa mia due giorni fa, ma non ha detto molto. Era... spento. Non è da lui, Vanessa.»

Non avevo mai visto Francesco così. Era sempre stato misterioso, sì, ma anche pieno di vita, di energia. La sua vulnerabilità mi spaventava.

Tony mi lasciò davanti casa di Francesco, senza fare domande. «Spero che tu riesca a parlargli,» disse, dandomi un sorriso incoraggiante.

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Il cancello della sua villa era socchiuso. Entrai con cautela, attraversando il giardino immerso nell'oscurità. La porta era chiusa, ma quando bussai, Francesco non tardò ad aprire.

Indossava una semplice maglietta nera e dei pantaloni sportivi, e i suoi occhi, solitamente vivaci, erano cerchiati di stanchezza. Mi guardò per un lungo momento, come se non riuscisse a credere che fossi lì.

«Vanessa...» disse piano, la sua voce incrinata dall'emozione.

«Ciao,» risposi, il cuore che batteva all'impazzata. «Possiamo parlare?»

Francesco fece un passo indietro, lasciandomi entrare. Il salotto era immerso in una luce soffusa, e c'erano fogli sparsi ovunque: testi di canzoni, schizzi, pensieri. Era un caos che rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo.

«Mi dispiace per come sono sparito,» iniziò, sedendosi sul divano. «Ma avevo bisogno di... mettere ordine nella mia testa.»

Mi avvicinai, sedendomi accanto a lui. «Tony mi ha detto che non stavi bene. Francesco, cosa succede davvero?»

Lui scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli. «Sono stanco, Vanessa. Stanco di fingere che tutto vada bene quando non è così. Ho raggiunto tutto quello che volevo, eppure... non mi sento felice. E poi tu...»

Si fermò, guardandomi con un'intensità che mi fece trattenere il respiro.

«Io cosa?» lo incitai, cercando di ignorare il battito accelerato del mio cuore.

«Tu sei entrata nella mia vita e hai cambiato tutto. Mi hai fatto capire che quello che ho non basta, che voglio di più. Voglio te, ma ho paura di non essere abbastanza. Ho paura che la mia vita ti faccia male.»

Quelle parole mi colpirono come una rivelazione. Non era solo la paura di perdermi, era la paura di non essere all'altezza.

Gli presi la mano, intrecciando le mie dita alle sue. «Francesco, non devi essere perfetto. Non devi avere tutte le risposte. Voglio stare con te, anche se significa affrontare tutto questo insieme.»

Lui mi guardò incredulo, come se non credesse alle mie parole. Poi, lentamente, un sorriso si formò sul suo viso, spezzando la tensione che lo aveva avvolto per giorni.

«Sei sicura?» chiese piano, con un filo di speranza nella voce.

Annuii. «Sì. Ma devi promettermi che non ti chiuderai più in questo modo. Se c'è qualcosa che non va, ne parleremo. Insieme.»

Francesco annuì, stringendomi la mano. «Prometto. E... grazie per essere tornata.»

Restammo lì, in silenzio, il caos intorno a noi sembrava svanire. Era un momento semplice, ma pieno di significato. Per la prima volta, sentii che stavamo costruendo qualcosa di reale, qualcosa che nessuna distanza o paura avrebbe potuto distruggere.

E in quel silenzio, capii che tornare a casa non significava rinunciare ai miei sogni. Significava trovare un modo per condividerli con qualcuno che era disposto a lottare al mio fianco.

tra le note del cuore - kid yugi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora