⋆ Chapter 67

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Il pomeriggio era stato piuttosto intenso. La conversazione con Trigno l'aveva messa in uno stato d'animo riflessivo, ma anche più leggera, come se avesse finalmente parlato di qualcosa che portava dentro da troppo tempo.

Mentre il vento gelido le scompigliava i capelli, sentì dei passi avvicinarsi. Si voltò e vide Deddé avvicinarsi a passo lento, un sorriso divertito stampato sul volto.

"Ti piace stare fuori a pensare, eh?" chiese lui, con un tono scherzoso.

Helena annuì. "A volte è l'unico posto dove posso sentirmi in pace."

Deddé si fermò accanto a lei, guardando le stelle. "Anche io. Sembra che tutto diventi più chiaro quando guardi il cielo. Ti fa sentire piccola e grande allo stesso tempo, non trovi?"

Helena lo guardò per un momento. Non si aspettava quella profondità da lui, ma non era la prima volta che si sorprendeva di quanto fosse riflessivo, nonostante la sua indole spensierata.

"È vero," rispose lei, sorridendo leggermente. "A volte ho bisogno di spazio per rimettere in ordine tutto quello che ho dentro."

"Capisco," disse Deddé, con un'aria che suggeriva che anche lui avesse delle cose da mettere a posto. "A volte sento che tutto sta cambiando così in fretta, e mi sento... perso, sai? Ho bisogno di staccare un attimo."

Helena si voltò verso di lui, notando un'ombra di tristezza nei suoi occhi, un lato che non aveva mai visto prima. "Sei ok?" chiese, più curiosa di quanto si aspettasse.

Deddé fece una smorfia, scrollando le spalle. "Sì... è solo che... non sempre è facile. Tutto il resto mi distrare, ma certe cose restano lì, dentro."

Helena lo guardò a lungo. Capiva bene cosa intendesse. A volte, quelle "cose" erano come ombre che non ti lasciavano mai, non importa quanto cercassi di andare avanti. Eppure, sentiva che Deddé non stava solo parlando di sé, ma anche di un mondo che, come lei, si trovava ad affrontare i suoi fantasmi.

"Anche io..." iniziò a dire Helena, ma si fermò, incerta sul voler davvero aprirsi di nuovo. Poi, senza pensarci troppo, aggiunse: "A volte mi sembra che tutti intorno a me abbiano trovato il loro posto, tranne me."

Deddé la guardò intensamente, come se cercasse di capire davvero cosa stesse cercando di dire. "Non devi correre," disse infine, con una voce più seria. "Non c'è una linea da seguire, un percorso prestabilito. A volte basta fermarsi, respirare e capire che non devi fare tutto da sola."

Helena rimase in silenzio per un attimo, riflettendo sulle sue parole. Non si aspettava che Deddé, di solito così spensierato, potesse dire qualcosa di così significativo. Ma era vero, le sembrava che il tempo le stesse scivolando tra le dita, mentre cercava di raggiungere qualcosa che ancora non sapeva bene cosa fosse.

"A volte," disse Helena dopo un lungo silenzio, "quando sento parlare o cantare in napoletano, mi sembra di essere più vicina a lui. A mio padre."

Deddé la guardò, come se quella rivelazione non fosse nuova per lui. "Capisco," rispose con una voce profonda. "Io... io sono cresciuto con quella lingua, con quelle storie. Ogni parola è come una mappa, un legame con chi c'era prima di me."

Helena annuì, le parole di Deddé sembravano risuonare con una verità che toccava anche il suo cuore. "È strano. Mio padre non c'è più, c'è in realtà é andato via quando mia madre ci ha detto che era incinta. Penso di non averlo mai conosciuto davvero, infondo ero piccola, ricordo veramente poco di lui. ma ogni volta che sento quel dialetto... è come se fosse ancora qui. E a volte non so come affrontarlo."

"Non è facile," ammise Deddé, il suo sguardo che rifletteva una comprensione profonda. "Io, invece, non riesco a smettere di usare il napoletano. Non riesco a separarmene. È la mia lingua, la mia casa. Per quanto vada in giro, quella parte di me non la perdo mai."

"Mi sento un po' persa, tra due mondi che non si toccano mai completamente. E quando sento parlare in dialetto, è come se... fosse una ferita che non si è mai chiusa." disse Helena, a voce bassa.

"Non è una ferita," disse Deddé con calma. "È una connessione. Non devi fuggirne. Quella parte di te è sempre con te, e anche se non puoi cambiare il passato, puoi scegliere come vivere nel presente."

Helena lo guardò, e per la prima volta in tanto tempo, sentì una sorta di pace. Forse non doveva avere tutte le risposte. Forse, quello che doveva fare, era semplicemente accettare che le sue radici, quelle napoletane e quelle spagnole, facevano parte di lei, e che, in qualche modo, avevano creato la persona che era oggi.

"Grazie," disse, con un sorriso che riscaldava il suo cuore

Deddé sorrise a sua volta, come se avesse capito che quella semplice parola significava più di quanto potesse sembrare. "Non c'è di che. A volte basta sentire che qualcun altro capisce, che non sei sola, per trovare la forza di andare avanti."

Helena annuì, sentendo un peso sollevarsi dal suo cuore. Il cielo sopra di loro era ora completamente scuro, punteggiato da migliaia di stelle che brillavano come occhi lontani, guardandoli dall'alto. La pace che sentiva non era totale, ma era qualcosa di più di quanto avesse provato da tempo. Un passo, un piccolo passo, ma in direzione giusta.

"Un giorno capirò come mettere tutto insieme," disse Helena, più a se stessa che a Deddé.

"Lo capirai," rispose lui, con una fiducia che traspariva dalla sua voce. "Magari non oggi, magari non domani. Ma arriverà. E quando succederà, sarai pronta."

Un silenzio complice si instaurò tra di loro, mentre entrambi guardavano il cielo, ognuno perdendosi nei propri pensieri. Poi, lentamente, Deddé si girò verso Helena e le chiese, con un sorriso che tradiva la sua naturale leggerezza: "E allora, che ne dici di una partita a carte? Non credo che il cielo abbia tutte le risposte per noi stasera."

Helena rise, sentendo il suo umore sollevarsi subito. "Non mi va di perdere."

"Non preoccuparti," disse Deddé con un sorriso smagliante, "ti darò un po' di vantaggio."

Si avviarono verso il tavolo dove avevano lasciato il mazzo di carte, ridendo insieme. Ma dentro, entrambi sapevano che, oltre alla partita, quella sera avevano trovato qualcosa di più. Un legame che li univa, un'intesa che non aveva bisogno di parole.

E forse, in fondo, quel legame sarebbe stato la chiave per aiutarli a superare ciò che il futuro aveva in serbo.

Questione Di Sguardi| TrignoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora