34) Klaus PoV

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Ero nascosto dietro un albero, con il volto parzialmente coperto da un cappuccio, cercando di restare il più invisibile possibile. Elizabeth era accanto a me, il suo respiro agitato tradiva la sua crescente curiosità. La scena che avevamo davanti non sembrava promettere nulla di buono. Noah ed un ragazzo con i capelli scuri stavano discutendo animatamente, e sebbene Ethan fosse lontano dai suoi occhi, c'era qualcosa di familiare in lui. Mi chiesi per un momento se Noah avesse davvero il controllo della situazione, ma poi il suo corpo rigido mi fece capire che c'era molto più di quello che vedevano i suoi occhi.

Elizabeth, che fino a quel momento stava cercando di rimanere silenziosa, iniziò a bombardarmi di domande. La sua curiosità ormai non riusciva a restare nascosta. Mi fissò, gli occhi pieni di preoccupazione.

<"Chi è con Noah? Che sta succedendo? Perché discutono così?"> chiese, la voce tremante. Non avevo intenzione di dirle la verità. Non era il momento. La sua inquietudine era palpabile e non volevo alimentarla. Ma dovevo tenere la bocca chiusa.

Non sapevo come rispondere. Non le avrei mai parlato di Ethan. Non ancora. Quella persona con Noah era la causa di tutto ciò che stava accadendo. Non c'era bisogno che lei sapesse, almeno non adesso.

<"Non è compito mio dirti tutto, Elizabeth,"> risposi con un tono secco. Non era maleducato, ma era deciso. Sapevo che non avrebbe capito, ma non potevo fare altro. C'era troppa storia, troppe ferite tra Noah ed Ethan che dovevano essere affrontate da loro soli. La verità sarebbe venuta fuori a tempo debito, ma non era ora.

Elizabeth mi guardò, il suo volto confuso e arrabbiato. Aveva mille domande, ma sapevo che non avrei potuto rispondere. Si aspettava spiegazioni, eppure non c'era nulla che avrei potuto dirle senza farla soffrire.

Non riusciva ad accettare il fatto che non sapevo di più, o almeno che non volevo dirglielo. Ma non era un problema che lei doveva affrontare.

Nel frattempo, Noah ed Ethan si scambiavano parole dure, una tensione palpabile tra loro. Avvertivo l'atmosfera che si faceva più densa, un'esplosione imminente. Elizabeth, comunque, era troppo concentrata sui due per ascoltarmi, le sue domande non cessavano.

<"Perché non mi dici cosa sta succedendo? Chi è?"> continuò a insistere, ma la risposta non cambiò.

<"Non è il momento."> Fu tutto quello che le dissi.

Mentre osservavo, il mio cuore pesava. Quello che stava accadendo tra Noah e Ethan, era qualcosa che nemmeno lui sapeva come affrontare. C'era un passato che nessuno dei due avrebbe potuto cambiare, ma forse, forse avrebbero avuto la possibilità di andare avanti. Ma non sapevo se sarebbe bastato.

NOAH POV

Ethan mi guardava con quel suo sguardo che un tempo avrei definito familiare, ma ora sembrava tutto diverso. La rabbia e il disprezzo che trasparivano dai suoi occhi erano inconfondibili, ma qualcosa di più oscuro si nascondeva sotto la superficie. Un qualcosa che non riuscivo a cogliere del tutto, ma che mi faceva sentire come se fosse più di una semplice vendetta. Mi sentivo come un pezzo di carne su un tagliere, pronto ad essere macellato, ma senza capire davvero come.

<"Non ti frega nulla di come mi sono sentito, Noah?"> disse Ethan, la sua voce bassa, quasi minacciosa. Non era solo rabbia quella che sentivo. C'era qualcosa di più calcolato nelle sue parole.

Mi vennero in mente i momenti che avevamo passato insieme. Quando eravamo più giovani, quando credevo che l'amicizia fosse tutto. Ma ora? Ora tutto sembrava sfumato, come se nulla fosse mai stato reale.

Ethan si fece avanti, e i suoi occhi non mi lasciavano mai. <"Mi hai abbandonato quando avevo bisogno di te. E quando ti ho cercato, tu eri troppo impegnato a festeggiare la tua vita. Hai ignorato il mio dolore, Noah. E ora, che sei nel mezzo del tuo casino, mi vieni a parlare di 'mi dispiace'. Non basta più.">

Ogni singola parola che usciva dalla sua bocca mi colpiva come un pugno. Avevo ignorato il suo dolore, avevo voltato le spalle a un amico che stava soffrendo come mai prima. Ma ora, vedendo il suo atteggiamento, c'era qualcosa che mi faceva pensare che non fosse solo la rabbia a muoverlo. C'era altro. Una rabbia, sì, ma anche un piano, un piano ben orchestrato.

<"E cosa vuoi da me, Ethan?"> chiesi, non più capace di nascondere il nervosismo che si stava facendo strada dentro di me. <"Mi stai dicendo che mi odi per quello che ho fatto. Ma cosa speri di ottenere?">

Lui sorrise, un sorriso freddo che mi fece gelare il sangue nelle vene. Non mi rispose subito, ma mi fissò intensamente, come se stesse cercando di leggere ogni mio pensiero. E poi, quando parlò, la sua voce era diversa, come se stesse recitando una parte. <"Voglio solo che tu sappia cosa significa perdere qualcuno che pensavi fosse tuo amico. Voglio solo che tu soffra come ho sofferto io.">

Il suo tono, freddo e deciso, mi fece capire che non si trattava solo di un litigio tra vecchi amici. C'era un piano dietro, qualcosa che mi stava sfuggendo, ma non riuscivo a mettere insieme i pezzi. Sapevo che qualcosa non andava, ma ancora non avevo capito cosa.

Poi arrivò il colpo di scena, come un macigno che mi schiacciò il cuore: il suo piano era già in atto. La casa bruciata. La denuncia. Quello non era solo un attacco al mio passato, ma qualcosa di più grande. Mi stava distruggendo, e lui lo sapeva bene.

Ethan mi osservava, il suo sguardo pieno di una soddisfazione quasi inquietante. <"Ti piace come sta andando la tua vita, Noah? Pensi davvero che tutto possa andare per il meglio? La tua vita è solo un castello di carte pronto a crollare.">

La sua voce, ancora più tagliente, mi fece capire che non si trattava solo di un vecchio rancore. Ethan aveva un piano preciso, e io ero al centro di tutto.

Il flashback mi tornò in mente come un colpo al cuore. Avevo ignorato lui, ignorato la sua sofferenza. Ora, lui aveva pianificato la mia caduta. E ogni singola mossa che avevo fatto da allora era stata una reazione a ciò che avevo fatto a lui. Ogni singola mossa aveva portato a questo incontro. Ma cosa avrei potuto fare per fermarlo?

Ethan sorrise di nuovo, ma questa volta il sorriso sembrava più un avvertimento che un gesto di soddisfazione. <"Ti ho dato una chance, Noah. Ma non credo che tu capisca ancora cosa sta per succedere."> La sua voce si abbassò, quasi un sussurro minaccioso. <"Non basta dire 'mi dispiace' per rimediare. E non basta cercare di fermarmi. Ora sei mio, Noah. E non c'è niente che tu possa fare per cambiare il corso delle cose.">

Mentre quelle parole rimbombavano nella mia testa, capii. Il piano di Ethan non era solo vendetta. Era un attacco diretto alla mia vita, e mi stavo rendendo conto troppo tardi. Ora era troppo tardi per fermarlo.

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