CAPITOLO UNDICESIMO

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Venerdì 16 novembre
Caro diario,
mamma e papà si sono arrabbiati con me senza motivo,hanno detto che faccio schifo come figlia e che doveva nascere solo Jonathan.Hanno detto che io sono stata la loro disgrazia,la loro punizione mandata da Dio per aver avuto un figlio fuori dal vincolo del matrimonio.
Perché mi dicono questo?Cosa gli ho fatto per meritarmi questo trattamento?
Ho sempre avuto un'ottima media scolastica, non ho mai risposto male e ho sempre aiutato in casa.
Allora perché non mi trattano come trattano Jonathan?Non odio mio fratello,so che se fosse qui non permetterebbe loro di picchiarmi.
Qualche mese fa era venuto a farci una sorpresa,noi non sapevamo che stesse arrivando e quella sera trovò me per terra piena di lividi e mamma che mi teneva stretti in una morsa i capelli e mi intimava di stare zitta.Si era infuriato e si era chiuso in camera con me per farmi parlare,ma io ero rimasta zitta e ci siamo addormentati tutti e due con le lacrime sulle guance.
Ho la gola secca e mi brucia,mi fanno male le gambe e sento un buco qui,nel petto.
Un buco che piano piano mi sta risucchiando,io urlo ma nessuno mi sente,piango e nessuno asciuga le mie lacrime ,a nessuno importa di me neanche a Jonathan.
Adesso lui è lontano da me e ne sento la mancanza.Non mi invia più lettere e quelle poche volte in cui chiama,non mi ci fanno parlare.
Ho conosciuto Christopher, è un ragazzo molto bello e simpatico, mi vergogno a scriverlo ma devo ammettere che è sexy.
Ha i capelli corvini e gli occhi neri, più scuri della notte.Non avevo mai visto occhi come i suoi e devo dire che in loro vedo tanta forza e rabbia, ma vi leggo anche tristezza tanta tristezza.
Anche se lo conosco da poco tempo e con lui ho parlato poco, ho notato che è una persona simpatica e divertente anche dolce.Però delle volte mi fa paura e ho il timore che se la prenda con me.
Spero che tra di noi nasca un rapporto di amicizia, magari potrò riavere un amico.
Ma in fondo so già che andrà a finire, come tutte le volte si stancherà di me e della mia stupidità. Mi lascerà sola come fanno tutti.
Hanno ragione mamma e papà sono inutile,sarebbe meglio scomparire dalla faccia della Terra.
Con odio
                                         Emma.

Lacrime salate erano cadute su quei fogli e alcune parole si erano sbiadite,macchiando la carta bianca.
Emma era coricata sul suo letto e tremava.
Tremava perché aveva paura, tremava perché aveva male al corpo e tremava perché fuori grandinava.

Amava la pioggia ma odiava la grandine.
La rattristava ancora di più e le ricordava il giorno in cui suo fratello era salito su quel maledetto treno che l'avrebbe portato lontano da lei.

La ragazza chiuse gli occhi cercando di dormire ma la porta venne spalancata.
Suo padre chiuse la porta a chiave e si avvicinò al letto della figlia.

"Emma"disse vicino al viso della ragazza.
Quest'ultima si tirò a sedere e nel buio della notte, riuscì a scorgere l'azzurro degli occhi di suo padre.
"Papà?Hai bevuto?"
"Zitta e vieni qui"disse strattonandola per il braccio livido.
Era ubriaco, Emma sentiva l'odore nauseabondo dell'alcol.

"Lasciami"disse Emma cercando di liberarsi dalla presa forte del padre.
Clark Thompson era un uomo alto più di un metro e ottanta, robusto,con capelli castano scuro e occhi azzurro mare proprio come quelli della figlia minore.
Emma si rispecchiava molto in lui perché sapeva che si ubriacava perché era triste e solo.
Era sicura che la madre non amasse quell'uomo e che l'avesse abbandonato a se stesso e che lui, troppo fragile, si era lasciato andare seguendo i gesti violenti della moglie.

Emma odiava somigliarli così tanto.
"Papà mi fai male"mormorò la ragazza cercando nuovamente di liberarsi.
"Zitta ho detto"affermò l'uomo sbattendo la figlia sul letto.
Si fiondò su di lei e la immobilizzò sotto il corpo massiccio.

Emma spalancò gli occhi.
"C-cosa stai facendo?Lasciami,lasciami stare"
"Cazzo,chiudi quella boccaccia e lasciami divertire"
"Mamma"urlò Emma divincolandosi mentre quell'uomo,suo padre,sangue del suo sangue iniziava a toccarle un seno e a baciarle il collo.
"Sta dormendo un po',sai..."le strattonò via la canottiera e baciò il solco tra i seni prosperosi "i sonniferi fanno un effetto stupefacente".

"Ti prego papà,lasciami"disse Emma guardandolo negli occhi.
Lui la guardò per qualche istante e poi afferrandola per la lunga treccia le fece sbattere la testa contro la testiera del letto.
Dopo quel colpo Emma non provò neanche a ribellarsi perché lui avrebbe vinto.

Sentì il fruscio di vestiti tolti,il padre imprecare,una fitta lancinante e altre fitte successive.
Il respiro affannato del padre le risuonava nell'orecchio e le venne un conato di vomito.
Non riuscì neanche a piangere perché non capiva più niente.

Dopo aver soddisfatto i suoi bisogni, Clark uscì dalla stanza e dalla casa per andare in qualche bar, invece Emma rimase inerme sul letto con gli occhi chiusi.
Passò qualche istante e li riaprì poi tirò su le mutandine, andò all'armadio ed estrasse un paio di leggins e un maglione nero lungo.
Li infilò ed in poco tempo si trovò a correre in mezzo alla strada con uno zaino in spalla ed il cellulare in mano.

Le sue converse nere si scontravano gentilmente contro l'asfalto bagnato.
Emma si fermò per riprendere fiato e digitò il numero sul cellulare.

"Pronto?"rispose con voce assonnata Christopher.
"Christopher..."mormorò Emma.
"Emma stai bene?"chiese agitato il ragazzo.
"Posso venire a casa tua?"
"Certo,vuoi che ti venga a prendere?"
"No,tra pochi minuti sono li"
"Okay a dopo"
Emma non salutò neanche Chris ma percorse i pochi metri che la separavano dal ragazzo.
Quando arrivò davanti alla villetta non ebbe il tempo di suonare il campanello che questo si aprì.
Emma si diresse verso la porta d'ingresso e anch'essa si spalancò rivelando un Christopher in pantaloni del pigiama blu e senza maglietta.
Non dissero niente,era tutto evidente.
I lividi sul volto di Emma parlavano da se.
Chris fissò quegli occhi color del mare con preoccupazione e con compassione, le poggiò una mano sulla guancia e la ragazza chiuse gli occhi.
Poi si trovò improvvisamente tra due braccia muscolose e una voce dolce e roca le sussurrava all'orecchio 'mi dispiace'.

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