CAPITOLO DODICESIMO

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Christopher fece entrare la ragazza e le intimò di sedersi in salotto.
Emma si sedette sul divano in pelle nera e lo sfregolio dei suoi leggins contro il divano, le ricordò il rumore fisso che faceva eco nella stanza mentre il padre abusava di lei.

Chiuse gli occhi mentre i momenti di quella serata le si ripeterono in mente come un film.
La madre che la chiamava furiosa, le urla del padre, il suono sordo delle loro mani che si scontravano contro il suo bel viso, gli strattoni che la fecero cadere a terra e poi lei nel letto con le lacrime che le rigavano le guance pallide per poi terminare tra le labbra rosee.
Il padre nella sua stanza, le sue mani grosse e ruvide che volevano sempre di più, le sue mani che le toglievano dal corpo gli indumenti e poi ricordò l'espressione di quell'uomo che continuava a farle del male,continuava a fare del male a quella che era la sua carne,il suo sangue, sua figlia.
Odiava quell'uomo che le aveva dato la vita e quell'uomo che per l'ennesima volta le aveva tolto l'innocenza.

Emma  riuscì a trattenere appena un conato di vomito, cadde sulle ginocchia ed iniziò a tremare con il respiro affannato.
La bionda ogni volta si auto convinceva di avere ancora la sua verginità da custodire per donare all'uomo che l'avrebbe amata e non al padre che era troppo egoista per posare quella stupida bottiglia.

Due mani le si posarono sulle spalle e un bacio le venne depositato tra i capelli.
"Vieni andiamo a dormire" le sussurrò all'orecchio Chris.
Lei annuì ma non riusciva a muoversi,era come paralizzata.

Il ragazzo le mise un braccio sotto le gambe e uno dietro la schiena, la sollevò e rimase stupito dalla leggerezza della ragazza.
Attraversarono il corridoio, Emma aveva la testa appoggiata al petto di Christopher e sentiva i muscoli nudi del petto muoversi.

Arrivati nella camera da letto per gli ospiti, il ragazzo dai capelli corvini poggiò Emma sulle lenzuola bianche del letto matrimoniale.
Non dissero niente, non c'era bisogno di parlare o meglio entrambi non sapevano cosa dire.

Dopo averla coperta, Christopher si avviò alla porta e spense la luce.
"Chris..."
Perse un battito quando sentì il suo nome pronunciato in quel modo uscire dalle labbra carnose di Emma.
"Si?"
"Grazie"
"Per cosa?"
"Per avermi risposto al cellulare e per farmi restare qui.È gentile da parte tua e poi non ci conosciamo neanche"

Chris si avviò al letto e si sedette vicino ad Emma che puntò i suoi occhi azzurri in quelli oscuri di lui.
"Non devi ringraziarmi ma domani voglio sapere quello che è successo,anche se posso solo immaginare chi ti ha ridotta in questo modo"
Le sfiorò il viso con un dito e lei chiuse gli occhi sospirando.

"Mi hai offeso dicendo che non ci conosciamo, e io che credevo di essere il tuo amico del cuore"scherzò Christopher facendo ridere leggermente Emma.

"Oh beh sarei onorata di avere un amico" disse ridendo "non è ho uno da anni"
"Anche io sarei onorato di avere una ragazza bella come te come amica"disse senza riflettere Christopher ed Emma arrossì.

"Non parli più?"
"No,è solo che stavo pensando" disse Emma tirandosi a sedere e poggiando la testa alla tastiera del letto.
"A cosa stavi pensando?"
"A niente"
"A niente?"
"Si"
"Vuoi che me ne vada?"
"Non voglio cacciarti ma vorrei riposare e penso che anche tu lo voglia"

Chris si alzò e stirò le braccia.
"Si in effetti sono stanco anche io.Buonanotte Emma"
"Buonanotte Christopher"
La porta venne chiusa ed entrambi restarono svegli tutta la notte a pensare.

Emma aveva paura di tornare a casa e aveva paura che se avesse chiuso gli occhi, avrebbe dovuto rivivere tutto da capo.
Christopher invece pensava alla ragazza che dormiva alla porta accanto e che si era presentata a casa sua con la faccia e probabilmente altre parti del corpo livide.
Come potevano fare una cosa del genere a loro figlia?
Ma poi ricordò che i suoi genitori l'avevano sbattuto fuori di casa e si rese conto che tutto era possibile e che la mente umana era una macchina imprevedibile.

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