CAPITOLO TRENTADUESIMO

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Era passato un mese  dalla prima udienza.
Era stato un mese stressante e logorante.

Gli avvocati avevano obbligato Emma ed Anne a confessare tutto.
Tutte le violenze subite e quando Emma disse degli abusi sessuali ricevuti, la madre scoppiò a piangere giurando di non esserne a conoscenza.

La polizia trovò altre prove compromettenti, come il diario segreto di Emma e un quaderno in cui Anne scriveva di questi fatti.

Inconsapevolmente avevano creato delle prove che avrebbero incastrato Clark.

Il 15 gennaio 2012 avvenne l'ultima udienza, quella che avrebbe incriminato Clark Thompson e che lo avrebbe condannato a venticinque anni di carcere per violenza domestica e abusi sessuali.

Anne e il suo avvocato fecero il loro ingresso in aula, mentre Emma si fermò davanti alle porte del tribunale.

Era agitata e quello stupido tubino nero le impediva di respirare, le mancavano molto le sue felpe e i maglioni larghi.

Mancavano poco più di cinque minuti all'inizio dell'udienza e la bionda batteva nervosamente il piede a terra.
Era stretta nel suo cappotto nero e i fiocchi di neve le inumidivano la chioma bionda.

Guardò l'orologio. Tre minuti.

Spostò il suo sguardo a sinistra e a pochi metri di distanza vide due bambini giocare spensierati.
Si lanciavano palle di neve e ridevano come matti.
Il bambino buttò a terra la bambina e quando si rialzarono completamente ricoperti di polvere bianca, Emma sorrise ricordando uno dei pomeriggi passati a fare battaglie di neve con Chris.

Avevano passato tutto il pomeriggio nel giardino sul retro della casa del moro a stuzzicarsi.
Si buttavano a terra e si colpivano.
La sera erano rientrati in casa completamente fradici e si erano messi davanti al caminetto nel salone, Emma aveva preparato due cioccolate calde con dei marshmallow  dentro e avevano scherzato.

Mentre parlavano Chris la guardò serio negli occhi e le disse che la voleva dipingere.
"Dipingere? Sei matto?"domandò ridendo la bionda.
"Cosa c'è da ridere? Voglio dipingerti, voglio che tu faccia parte di uno dei miei quadri"

Emma sorrise e lo baciò sulla  guancia.

"Se mi permettesse di restarti accanto sempre, ti dipingerei ogni giorno. Dipingerei ogni minimo dettaglio del tuo viso, ogni lentiggine, ogni sfumatura che colora i tuoi occhi, ogni tua piccola imperfezione proprio per farti vedere quanto tu sia bella veramente. Sorridi ma so che non ti piaci, lo so da come ti vesti, da come guardi le ragazze della tua età mentre passano, da come ti guardi allo specchio. Mi metto sempre dietro alla porta e vedo come ti giri su ogni lato per cercare di cambiarti e l'altro giorno, in camera tua, l'ho vista quella pagina strappata su cui hai scritto ' Voglio essere Perfetta'. Anche se l'avevi messa sotto dei libri, io l'ho vista.
Credimi Emma, nessuna è perfetto perché la perfezione non è umana e non esiste. Ma tra tutte le cose umane ed imperfette tu sei sicuramente una delle più belle".

Emma deglutì e abbassò lo sguardo sulla tazza.

"Perché dici sempre queste cose carine?"mormorò la bionda.
"Perché sono vere, Emma. Non m'importa del tuo fisico, non m'importa della tua famiglia.
Mi importa solo quelle che hai qui dentro" disse Chris toccandole il cuore "Mi importa solo della vera Emma Thompson, non di quello che dice uno stupido specchio.
Lo specchio mente perché non fa vedere nulla di quello che c'è nella persona. Sei bella. Non importa quello che dicono gli altri. Sentiti orgogliosa di quello che sei, perché sei perfetta a modo tuo"

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