CAPITOLO DICIASETTESIMO

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Quando Emma uscì dal bagno trovò il biglietto di Chris ed essendo arrabbiata con se stessa, prese la sua roba e tornò a casa dove ricevette una buona dose di insulti da parte della madre mentre il padre la guardava con uno sguardo quasi inquietante e con una birra in mano.

Emma lanciò un'occhiata a Clark e si diresse velocemente verso le scale ma il padre la richiamò:"Emma vieni qui"
La ragazza ritornò davanti ai genitori e Clark le fece segno di sedersi.
Non appena la bionda si sedette, l'uomo si alzò andandole vicino.
"Sei stata con quello stronzo vero?"
"No papà " mentì.
"Non dirmi cazzate" urlò l'uomo battendo un pugno sul tavolo facendo sussultare la figlia e la moglie.
"Guarda" continuò indicandosi la faccia con il dito.
L'afferrò per i capelli d'orati e avvicinò il viso di Emma al suo.

"Guarda quello stronzo cosa mi ha fatto solo perché te lo scopi,puttana"
Clark lasciò la testa della bionda facendola quasi sbattere contro il tavolo di legno.
Si andò a sedere di fianco alla moglie e poggiandole le mani sulle spalle disse:"Sapevi di avere una figlia che si scopa uno stronzo?"
"No ma me lo aspettavo " rispose acida la madre, guardando Emma con disprezzo.
"Sai Emma cara,non capisco cos'abbiamo sbagliato con te. Jonathan è un così bravo ragazzo e guarda te. Sei un disastro.
Ora che hai fatto questa stronzata per non mangiare, ti sei ridotta peggio di prima"

Emma abbassò lo sguardo ferita da quelle parole e da quegli sguardi.
"Perché mi trattate in questo modo?" disse guardandoli con le lacrime agli occhi.
"In che modo ti trattiamo?"domandò il padre bevendo dalla bottiglia di birra.
"Come se fossi una vecchia pezza.Perché mi odiate?"

I genitori la guardarono sbigottiti e dopo essersi schiarita la voce, la madre disse :"Tesoro noi non ti odiamo. Semplicemente ti trattiamo come meriti"
"Ma io non vi ho mai fatto niente" disse facendo cadere una lacrima salata dall'occhio che percorse la gota e poi proseguì la sua corsa ,fino ad arrivare al collo e per poi bagnare la felpa.
"Tu sei nata,Emma. Ecco cos'hai fatto. Non eri in programma e per colpa tua sono successe troppe cose.
Ho dovuto lasciare il lavoro dei miei sogni, tuo padre ha iniziato a lavorare di più per mantenerti e poi mi stavi per far morire.
Sei sempre stata una bastarda.
Sei una figlia bastarda che non serve a nulla. Hai rovinato anche la vita a tuo fratello cara" disse acidamente la donna dai lunghi capelli biondi avvicinandosi con rabbia alla figlia.

Emma indietreggiò ferita.
"Non è vero.Jo mi vuole bene, me lo dice sempre"
"Ma fammi il favore!Hai sentito Clark?Jo, il nostro Jo le vuole bene! Non farmi ridere"
"Stai zitta lui mi vuole bene!"urlò rossa dalla rabbia.
La madre si drizzò, iniziò a camminare verso Emma con rabbia fino a farle toccare il muro con la schiena.
Le afferrò il collo con la mano e iniziò a stringere.

"Non usare mai più quel tono con me capito?"
Emma non rispose, aveva troppa paura.
"Capito?"urlò la donna facendola annuire.
"Comunque...Secondo te perché tuo fratello era arrabbiato il giorno del tuo sedicesimo compleanno quando abbiamo invitato i nonni qui?Perché lui non ha mai avuto una festa dei sedici anni per colpa tua.
Non ha mai potuto avere niente di quello che i tuoi nonni ti hanno regalato. Tu lo hai fatto escludere dalla famiglia e per colpa tua ora è in Iraq a rischiare la pelle, solo ed esclusivamente per colpa tua che hai rovinato tutto!"
La donna fece sbattere la testa della figlia contro il muro giallo fino a farle uscire dalle labbra rosse un urlo lancinante.
La lasciò accasciare a terra e le sferrò un calcio in pieno stomaco.

Emma si alzò a fatica e si trascinò in camera sua, tenendosi la pancia piatta con le mani.
Chiuse la porta ma poco dopo venne spalancata e richiusa.
La madre guardò quella ragazza bionda accasciata a terra con il respiro affannato e non provò neanche per un istante pietà.
La odiava perché aveva rovinato il suo futuro ed era convinta che a causa sua, il figlio se ne fosse andato.

Così senza preoccupazione ma con sola rabbia in corpo, iniziò a sfogare il suo rancore e il suo odio verso la figlia.
Le diede calci e pugni nello stomaco, li dove nessuno l'avrebbe visto.
Dopo mezz'ora si alzò, sistemò le pieghe formatosi sulla gonna nera e sull'uscio disse:"Prova a dirlo a qualcuno e giuro che ti ammazzo, soprattutto a quello stronzo che ti scopi".

Chiuse la porta e la lasciò li, rivolta a terra con poco fiato e poche forze.
Emma non trovò neanche la forza di alzarsi quando sentì il vomito partirle dallo stomaco, risalire la gola e poi arrivarle in bocca.
Rigettò tutto a terra e addosso a sé stessa.
Pianse.
Pianse mormorando il nome di Jonathan.
Pianse chiamando il nonno e pregandolo di portarla via con lui.
Pianse dicendo il nome di Christopher.
Pianse fino a finire le lacrime.

Non andò neanche a letto ma si addormentò lì, a terra e non appena chiuse gli occhi, sognò un uomo che la prendeva con delicatezza in braccio e la portava via da quella casa orribile.
Sognò che l'uomo dagli occhi neri le diede un bacio in fronte e le disse che l'avrebbe salvata.
Sognò quell'uomo che conosceva bene e che la faceva sentire viva.
Sognò Christopher Smith, il ragazzo dagli occhi neri come il buio di cui aveva paura ma quel nero era diverso, l'affascinava.
In fondo vedeva luce in quello sguardo color pece e sperò che quella luce illuminasse la sua misera vita.

SPAZIO AUTRICE
Scusatemi per il ritardo, ma non ho avuto molto tempo per aggiornare e sinceramente il capitolo non mi soddisfa molto.
Spero che vi piaccia nonostante sia corto e scritto poco bene.
Scusate ancora e vi chiedo per favore di votare e commentare.
Grazie mille

-Fab

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