Capitolo 11

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~Alaska~

Sono in viaggio da ore. Sto seguendo le indicazioni di Gaius per trovare Galvano. Purtroppo però, mi tocca girarmi tutte le taverne della zona. Sono già stata in tre di queste, ma niente. Raggiungo la successiva. È isolata praticamente da tutto. Si trova in una prateria circondata da folti alberi. Smonto da cavallo e lo lego vicino all'abbeveratoio, accanto ad altri due. Gli do una pacca sul collo ed entro. L'odore di birra è così forte da farmi pizzicare il naso. Vengo alla taverna solo qualche volta con Merlino, alla sera. Solitamente in quel periodo della giornata, l'ambiente è rilassato. Ci sono solo cavalieri e lavoratori che vogliono svagarsi dopo il lavoro. Di giorno però, le taverne sono popolate da perdigiorno ubriachi e inclini alle risse. Chiudo la porta e mi giro. Mi rendo conto che una sfilza di omaccioni si è voltata verso di me in silenzio e mi segue con lo sguardo mentre raggiungo il bancone. Percepisco i loro sorrisini irritanti, le loro occhiatacce e, talvolta qualche fischio. Arrivata al banco, mi tolgo il cappuccio e il locandiere, un uomo alto, grosso e sudato, mi squadra con i suoi piccoli occhi neri e mi chiede: "Cosa ci fa una ragazzina come te in un posto del genere? Sei forse in cerca di brighe?" E scoppia in una sonora risata. Impassibile domando: "Sto cercando un certo Galvano. Sapete dirmi dove trovarlo?" L'uomo smette di ridere e si sporge vicino al mio viso, tanto vicino che posso sentire il suo fiato sulle guance. Corruga le sopracciglia e indica un tavolo nascosto, nel fondo del locale, dove due uomini si stanno sfidando a braccio di ferro. Ringrazio e mi dirigo verso di loro, seguita dalla voce del gestore che dice:"Non so perché una ragazzina stia cercando quell'uomo, ad ogni modo stacci attenta... Non è affidabile." Mi chiedo se la persona di cui sta parlando sia la stessa che cerco io. Arrivo davanti al tavolo ed entrambi gli uomini interrompono quello che stavano facendo e mi fissano in silenzio. Uno dei due prende un sorso dalla pinta di birra che ha in mano. "Ehm, chi di voi è Galvano?" Chiedo, cercando di nascondere la mia titubanza.
Uno dei due uomini, dai capelli lunghi quasi fino alla spalla, marroni e una leggera barba che contorna il viso, alza un angolo della bocca accennando un sorriso e dice: "Dipende, chi mi sta cercando?"
"Sono qui per conto di Merlino."
L'uomo si alza di scatto e domanda: "È accaduto qualcosa?"
"Preferirei parlarne fuori." Rispondo.
Usciamo e comincio a raccontare: "Il mio nome è Alaska, sono un'amica di Merlino." Dico. "Galvano." Risponde lui. Poi continuo:"Merlino è stato ferito da una freccia avvelenata e... sta morendo. Mi sto dirigendo al lago di Isidore, la quale acqua potrà guarirlo. Gaius non voleva mandarmi da sola, perché il lago è protetto da una bestia mitologica molto pericolosa. Così mi ha mandato a cercarti. Mi aiuterai?"
"Merlino non ha mai esitato ad aiutarmi. È ora che ricambi il favore." Dice. Sleghiamo i cavalli e saliamo. "Prima però, dobbiamo cercare un'altra persona." Aggiungo.
"Chi?"
"Lancillotto. Lo conosci?"
"No."
"Gaius dice che lo troveremo ad Engend."
"Non è molto lontano da qui, seguimi." Così dicendo, parte al galoppo e io lo seguo.
Dopo almeno mezzora di viaggio giungiamo ad un piccolo villaggio. Le case in pietra, sono abitate da contadini e mugnai. Ovunque ci sono capre, asini e galline. Scendiamo da cavallo e ci incamminiamo nel paesino. Due bambini che giocano, ci passano in mezzo, rincorrendosi e ridendo. Sembra uno di quei luoghi dove tutti si conoscono. Dove la vita si basa sulla semplicità e sull'aiuto reciproco. Mi avvicino ad una ragazza che sta portando un cesto di mele. É magra, ha i capelli biondo platino legati in una lunga treccia e gli occhi azzurro ghiaccio. È vestita con un abito grigio rattoppato più volte con pezzi di stoffa di diverse tonalità di marrone. Legato al suo petto c'è un neonato che dorme serenamente. "Salve, sa dove posso trovare Lacillotto?" Chiedo gentilmente. Lei indica una capanna in pietra in fondo alla strada. Ringrazio e raggiungo la casa, seguita da Galvano. Busso e subito un ragazzo apre la porta. È alto, dalla carnagione chiara e i capelli e gli occhi neri. "È lei Lancillotto?" Chiedo.
"In persona. Come posso aiutarvi?"Risponde calmo.
"Il mio nome è Alaska e lui è Galvano. Siamo degli amici di Merlino."
"Entrate." Dice lui, prendendo i cavalli per le redini e legandoli sotto ad una specie di tettoia, accanto al suo. Ci fa segno di accomodarci davanti al fuoco e mette su il tè. "Cosa vi ha portato fin qui?" Chiede lui.
"Merlino... Ecco lui sta morendo." Rispondo.
"Cosa? Come è successo?"
"È stato ferito da una freccia avvelenata mentre era a caccia con il principe. Se non raggiungiamo in tempo il lago di Isidore morirà."
"Ho sentito di quel lago. Si dice che le sue acque siano magiche e che guariscano qualsiasi male."
Annuisco fissando il fuoco che scoppietta nel camino.
"Ho sentito anche che è protetto da una bestia spietata."
"È per questo che sono venuta a chiedere il vostro aiuto." Dico mentre Lancillotto ci passa un bicchiere colmo di tè caldo. "Gaius mi ha parlato di te e Galvano. Mi aiuterai?"
Annuisce. "Sarà meglio partire subito. Lasciatemi prendere le mie cose." Così dicendo sparisce dietro una tenda.
Io sorseggio il mio tè. Era proprio ciò di cui avevo bisogno. Mi rendo conto che Galvano mi sta osservando. "Che c'è?" Chiedo timidamente.
"Da quanto tempo conosci Merlino?" Domanda lui.
"Da quasi un anno. Perché?"
Fa spallucce e prende un sorso dal suo bicchiere.
Lancillotto esce con una spada e uno zaino. "Sono pronto, possiamo andare." Dice spegnendo il fuoco. Usciamo e una folata di vento mi scompiglia i capelli. Mi avvolgo nel mio mantello e tiro su il cappuccio. In silenzio montiamo a cavallo e partiamo al galoppo verso il tramonto.

All'imbrunire decidiamo di accamparci nel bosco.  Io raccolgo la legna, Lancillotto accende il fuoco e Galvano da da mangiare ai cavalli. Preparo la cena e, mentre mangiamo, chiacchieriamo. Parliamo un po' di noi ma soprattutto di Merlino. Di come lo abbiamo conosciuto e della bella persona che è. Decidiamo di fare i turni di guardia e Lancillotto comincia. Galvano si addormenta praticamente subito, ronfando fragorosamente. Io non riesco a dormire nonostante il sonno. Penso a lui. So che non è colpa mia, ma se non ce la facesse non mi darei pace. Una lacrima mi attraversa il viso bagnandomi il naso. Mi metto seduta vicino al fuoco per scaldarmi le mani. Lancillotto mi guarda e mi chiede:"Stai bene?" Non rispondo. Così lui si siede accanto a me e mi dice:"Non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene." Annuisco. Lo so. Andrà tutto bene. Quindi perchè piango? Ho un groppo in gola. Non devo pensare al peggio. Mi accuccio accanto al fuoco e cerco di addormentarmi.

La mattina vengo svegliata da un raggio di sole che mi colpisce il viso. Strizzo gli occhi e mi tiro su. La prima cosa che faccio è nutrire i cavalli. Poi tiro fuori del pane e del latte e sveglio i miei compagni di viaggio. Dopo colazione ci avviamo nuovamente. Cavalchiamo per almeno mezza mattina fino ad arrivare in una zona dove la foresta si apre, lasciando un anello libero da alberi. Nella zona spoglia si trova il lago, dall'acqua calma e blu scuro. Smonto da cavallo e mi accascio sul bordo per prendere un po' d'acqua con una boccetta. Non faccio in tempo a toccare la superficie del lago che sento un guizzo provenire più o meno dal centro. "Avete visto qualcosa?" Chiedo.
Entrambi scuotono la testa. Probabilmente è solo un pesce. Immergo la boccetta ma qualcosa mi afferra il polso. Tiro un urlo acuto. Lancillotto e Galvano, vedendo che qualcosa mi sta tirando, mi afferrano per il bacino. Un altra mano spunta dall'acqua e mi afferra una spalla. È verdognola-bluastra e ha delle unghie lunghe che mi infilzano la pelle facendomi sanguinare. In un men che non si dica mi ritrovo in acqua. Riesco a scorgere l'essere che mi sta trascinando. Credo che sia una specie di sirena. Non riesco a vedere la sua faccia ma ha il corpo molto lungo e sottile da qui partono due braccia altrettanto sottili, come le gambe che sembrano due rametti nodosi. All'estremità delle gambe ci sono due pinne. Cerco di liberarmi strattonandola, ma lei si volta verso di me urlando. Ha gli occhi gialli, simili a quelli dei gatti. La faccia è lunga e schiacciata e la bocca smisuratamente larga. Non ha il naso in quanto respira grazie a delle branchie situate sotto il mento. Con la mano libera mi graffia il volto. Rimango disorientata. La mia testa pulsa per la mancanza d'ossigeno e la mia visuale si scurisce sempre di più finche tutto diventa nero. Sento qualcuno che mi afferra dalle ascelle e mi trascina su. Intanto l'urlo della creatura risuona nelle mie orecchie. La sento strillare poi il silenzio.

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