Capitolo 35

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~Alaska~
Merlino e Artù sono partiti per una battuta di caccia e io mi sono ben vista dal seguirli. Preferisco certamente rimanere al castello con Hazel che inseguire e uccidere qualche povero animale indifeso.
Approfitto di qualche attimo di tranquillità per recarmi in città per una passeggiata con la bambina. A quanto pare adora la brezza primaverile e l'aria frizzantina di Camelot.
Avvolta nella sua candida coperta, osserva il mondo che la circonda con occhi curiosi e vivaci. Non riesco a trattenere un sorriso gioioso vedendo le sue paffute guance rosse e le piccole mani fare capolino dalla coperta.
Mi aggiro tra le bancarelle, soffermandomi a curiosare tra le stoffe morbide e delicate, dai colori sgargianti. Lascio scivolare tra le dita un delicato drappo perlato, pensando che potrei ricavarci un vestito per Hazel.
"Che ne pensi? Ti piace questo colore? Ti fa risaltare gli occhi." Domando alla bimba, accostandole la stoffa al viso.
Una voce famigliare mi distoglie dai miei pensieri, cogliendomi alla sprovvista e facendomi sobbalzare.
"Hazel ed io preferiamo quella blu."
Mi volto di scatto ed incrocio lo sguardo di colui che mi ha parlato.
"Dottore! Che ci fai qui?" Esclamo piacevolmente sorpresa.
"Guarda la nuova umana quanto si sta facendo carina. Vieni qui Hazel." Il Dottore allunga le braccia verso di noi, ignorando completamente la mia domanda. Gli lascio prendere Hazel in braccio e lui inizia a parlottare con lei.
Mi schiarisco la voce per attirare la sua attenzione: "Non hai ancora risposto alla mia domanda..."
Il suo viso diventa improvvisamente cupo e sussurra: "Andiamo nel TARDIS, ne parliamo lì."
Il suo tono di voce d'un tratto grave mi fa rabbrividire per un istante, ma un sorriso gli compare nuovamente sul volto quando riprende a parlare con la bambina, dirigendosi al TARDIS.

"Allora? Dove ci porti di bello?" Domando entusiasta, sperando in una meta rilassante.
"Mi dispiace, Alaska. Questa volta non sono venuto a trovarti per farti fare un viaggio. Ho un brutta notizia da darti." Il Dottore se ne sta appoggiato alla console del TARDIS con le braccia avvolte intorno ad Hazel, scrutandomi con sguardo serio.
"Beh? Va avanti!" Lo intimo, impaziente. Sono preoccupata. Perché il Dottore sarebbe venuto fin qui se non fosse successo qualcosa di grave?
"Si tratta di tua zia..."
"Mia zia? Che cos'è successo?"
"È morta."
"Morta?!" La notizia mi lascia spiazzata. Non sono sicura di come mi senta in questo istante. Emozioni contrastanti combattono dentro di me. I sentimenti negativi che mia zia provava nei miei confronti non mi hanno mai permesso di avvicinarmi a lei. Nonostante ciò, però, era parte della mia famiglia e si è presa cura di me e mio fratello quando i miei genitori sono venuti a mancare. Lei era l'ultima persona rimasta della mia famiglia.
Mi siedo frastornata sul sedile della macchina del tempo.
"Ho pensato che volessi partecipare al funerale. Ti ci posso portare, se vuoi." Prosegue il Dottore.
Acconsento con un lieve cenno del capo.
"Se sei pronta va a cambiarti."
"Si. Andiamo." Mormoro, prendendo tra le braccia Hazel, mentre mi dirigo verso l'armadio e il Dottore mette in moto il TARDIS. Quando questo atterra nel giardino della villa e io esco dalla porta, vengo innondata dai ricordi. Pochi di questi sono piacevoli ma, fino a qualche anno fa, questo posto era la casa in cui abitavo. Incamminandomi sul vialetto, verso la porta d'ingresso, provo una sensazione simile a quando si guardano i filmati della propria infanzia, o vecchie fotografie. Il ricordo è reale, quei momenti sono accaduti, ma ripensando al proprio presente sembrano quasi surreali, come se non fossero successi a te ma ad un'altra persona. Come se si fosse spettatori del proprio passato. Ed è così che mi sento ora.
Entrando in casa vengo travolta da un'atmosfera cupa e triste. Nel salone principale sono raggruppate una ventina di persone, quasi tutte a me sconosciute. I presenti sono radunati intorno alla bara aperta nella quale giace il corpo di mia zia. La vista del suo volto bianco e scavato mi sconcerta. I capelli le cadono leggeri sulle spalle magre, piegandosi in gonfi boccoli, come usava portarli nei giorni di festa, con la differenza che li ricordavo neri e lucenti. Ora invece sono incanutiti da ciocche argentate e hanno perso il loro splendore. Le sue mani scheletriche sono elegantemente posate sul ventre e la pelle contrasta inquietantemente con l'abito viola scuro che indossa.
Le persone intorno a lei le rivolgono gli ultimi saluti prima di accompagnarla in chiesa. Nella stanza riecheggiano i singhiozzi di alcune donne, probabilmente erano sue amiche.
Mi avvicino alla bara ornata da fiori bianchi e gialli e osservo il volto della zia. Ha un'espressione rilassata e pare dormiente. Non pensavo potessi essere triste per lei. Forse ero convinta di odiarla ma nel subconscio le ero grata per avermi ospitata in casa sua. La verità è che mi sento tremendamente in colpa per averla lasciata con così poco preavviso e non essermi guardata indietro.
Mentre la bara viene chiusa e caricata sul carro funebre e gli ospiti lasciano la casa per recarsi in chiesa, io decido di rimanere indietro per un instante.
Mi aggiro nella casa vuota e silenziosa come un fantasma. I ricordi di questo posto si affollano indesiderati nella mia mente. Non solo quelli di quando vivevo qui, ma soprattutto quelli di quando venivo in visita con la mia famiglia, i miei genitori e mio fratello. Di quando lo zio viveva ancora qui ed eravamo tutti più felici. Prima che tutto si spezzasse.
Credo che il Dottore abbia capito che sono sull'orlo di piangere e decide di portarmi fuori per raggiungere gli altri. Mi circonda le spalle con un braccio mentre con l'altro regge Hazel e mi guida fuori casa. Prima di uscire agguanto le chiavi della macchina.
"Voglio andare in macchina, come avrei fatto se fossi rimasta qui." Sentenzio.
"Scusami, forse è una cosa stupida e dovremmo andare col TARDIS." Sospiro subito dopo, abbassando lo sguardo.
"No, lo capisco." Dice il Dottore lasciando scivolare sulle sue labbra un lieve sorriso comprensivo.
"È una buona idea, andiamo in macchina." Conclude poi.

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