Capitolo 34

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~Alaska~
Uscite dal sotterraneo ci ritroviamo lungo un buio e freddo corridoio. Il fiato ci si congela davanti al naso e i nostri respiri affannosi, accompagnati dai passi incerti, sono l'unica cosa udibile. Saliamo una scalinata pericolante con gli scalini in legno marciti e la ringhiera ricoperta da ragnatele e insetti morti da tempo. Nessuna di noi osa proferire parola ma procediamo la salita, prudenti e in allerta fino ad arrivare al piano superiore, dove un'arcata conduce in un enorme sala cupa, illuminata solo dalla luce filtrata dalle enormi vetrate impolverate. Al centro vi è un altare in pietra, circondato da quattro strane capsule cilindriche trasparenti. Qualcosa a proposito di quei curiosi oggetti mi lascia con un presentimento amaro. Qualsiasi cosa siano, non appartengono a questo tempo e forse neanche a questo pianeta. In fondo alla stanza si trova un enorme trono decorato da delle statue rappresentanti due serpenti che si intrecciano dietro allo schienale. I loro occhi ci fissano e le lingue biforcute sembrano potersi muovere da un momento all'altro.
"Ma guarda! Mamma orsa è venuta a cercare il suo cucciolo." Una voce maschile proveniente dall'alto attira la mia attenzione. Un uomo sta camminando lungo un androne circondato da archi reggendo tra le braccia Hazel, ancora avvolta nella sua coperta.
"Lasciala andare!" Urlo, facendo rimbombare l'eco per tutta la sala.
"Mi piacerebbe farlo, davvero. Ma poi come potrei mai realizzare il mio piano? Non vorrai che tutte quelle persone siano morte per nulla."
"Il tuo piano? A cosa può servirti una neonata? E perché hai imprigionato queste ragazze?"
"Loro non sono altro che un mero strumento per permettermi di finalizzare il mio scopo. Ma lei, oh lei non è certo una semplice neonata. Il suo potere è così forte che già lo sento fluire nel mio sangue!"
"Ma di cosa stai parlando?"
"Oh, avanti Alaska... sei una ragazza sveglia... dovresti esserci arrivata ormai."
L'uomo si piazza ad un centimetro dal mio viso e mi afferra le guance sogghignando.
"Viaggiare con il Dottore non ti ha insegnato proprio niente?"
Osservo le iridi dei suoi occhi, tinte di diverse tonalità di viola che si schiariscono in modo concentrico verso l'interno. Ma la pupilla è di un rosso intenso come sangue arterioso e mi fissa insistentemente.
"Cosa sai di lui?! Chi sei tu?" Ringhio, scostandomi rapidamente.
"È un po' che ti osservo, sai? Scorrazzavi nel tempo e nello spazio con l'ultimo signore del tempo ma poi ti sei fermata. E il motivo era la profezia di cui tu ignoravi l'esistenza. Ma io la conoscevo bene e ho aspettato, mi sono nascosto per tutti questi anni, pazientando e tramando, nell'attesa che finalmente l'Erede nasceste. Una creatura così potente che la notizia della sua esistenza ha raggiunto gli angoli più remoti dell'universo ancora prima che fosse concepita. Ma ora che è qui, niente potrà più fermarmi. Sarò così potente da non dovermi più sporcare le mani con il sangue di voi infidi umani."
"È come sospettavo, non è vero? Più uccidi e più diventi forte."
"Visto? Avevo detto che eri sveglia. Ora fammi il piacere ed entra in quella capsula insieme alle tue amichette. Non fatevi pregare, non voglio essere costretto ad usare la forza su delle fanciulle così graziose."
"Scordatelo. Non parteciperemo al tuo piano malato!" Esclamo.
L'uomo sbuffa e alza gli occhi al cielo.
"E va bene." Sospira. "L'hai voluto tu."
Schiocca le dita e un fascio di elettricità fuoriesce da ognuna delle capsule, scagliandosi contro il nostro petto e tirandoci all'interno di esse. Nonostante proviamo ad opporre resistenza, la forza con cui veniamo trascinate è troppa e più ci sforziamo di non avvicinarci e più il dolore inflittoci dal flusso elettrico aumenta fino al punto di diventare insopportabile. Presto ci ritroviamo rinchiuse all'interno delle cupole e una luce blu si accende da sopra di esse. L'uomo posa Hazel sull'altare e lei scoppia a piangere. Io tiro pugni alla parete di quella gabbia ma inutilmente.
"Cosa vuole farci?" Piange Bianca in preda al panico.
"Oh, è molto semplice tesoro. Risucchierò la vostra forza vitale e con essa la vostra magia, così che sarò abbastanza forte da assimilare i poteri della bambina quando la ucciderò."
"Bastardo!" Urlo. "Non ti azzardare ad avvicinarti a mia figlia. Stalle lontano!" Batto i pugni nella speranza di frantumare la capsula ma finisco solo per farmi sanguinare le nocche.
"Smettila di agitarti. Lo dico per te. Tanto è comunque inutile. Vi ucciderò tutte lo stesso." Esulta con una breve risata prima di ordinare alla macchina l'avvio della procedura.
Le quattro capsule si attivano e dalla parte alta viene calato un casco che ci si posiziona sul capo infilzandoci la pelle delle tempie con due sottili aghi. Posso sentire le altre ragazze urlare di dolore. Sembra che un fulmine ci stia penetrando nella testa. Altri due aghi fuoriesco dai lati, bucandoci il collo poco sopra le spalle. Il mio corpo diventa lentamente più debole mentre quello dell'uomo diventa sempre più potente. I nostri poteri confluiscono dentro di lui insieme alle nostre forze. Ben presto nessuna di noi è in grado di reggersi in piedi. Il mio corpo sta implorando di lasciarsi andare, di arrendersi ma io mi rifiuto.
Giselle si accascia svenuta. Il petto le si alza e abbassa sempre più lentamente e sempre meno. Provo a urlare ma non riesco ad emettere nessun suono. Hazel continua a piangere terrorizzata e il mio istinto è quello di spaccare tutto e andare a riprenderla ma i muscoli si rifiutano di muoversi e la mia magia è inutilizzabile. A stento riesco a tenere la testa sollevata. Anche Matilda ora è svenuta e Bianca boccheggia con il viso calcato sul vetro. La vista mi si oscura nell'istante in cui lui si avvicina ad Hazel posandole una mano aperta sul petto, così piccolo da poterne rimanere schiacciato. Il dolore è incommensurabile ormai e io lotto con tutte le mie forze per non svenire, perché sarebbe finita. Il pianto della mia bambina riecheggia nella mia testa e mi aggrappo a quel suono per non andarmene. Non posso lasciarla. Non qui, non ora. Ma sono così debole e stanca, mi sento sempre più lontana, da lei, dal mio fisico e da qualsiasi cosa mi circondi. Il battito sempre più flebile del mio cuore pulsa nella gola e la bocca si riempie del sapore metallico del sangue. Posso sentirlo, il momento in cui il mio corpo implora pietà, implora di essere liberato dallo straziante dolore. Il cuore rallenta, il respiro è sul punto di cessare. Macchie gialle e rosse si alternano al buio totale. Il pianto di Hazel non c'è più. La speranza di poterla salvare sta morendo insieme a me, finché qualcosa la riaccende. È lontana e debole ma posso sentirla, la riconosco. La sua voce. La melodia più dolce che abbia mai ascoltato. Non è un allucinazione, è vera ed è qui. Lui è qui.

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