Capitolo 19

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~Alaska~
Ok, ok, oooook!! Stai calma! Devi stare calma e respirare. Respira. Cerco di alzarmi dalla panca e muovo qualche passo barcollando. Salgo le scale e apro la porta della nostra stanza. Controllo che non stia entrando nessuno, mi inginocchio sul pavimento e sollevo un'asse di legno scricchiolante. Al suo interno ci sono il libro d'incantesimi e il manipolatore del tempo. Me lo infilo al braccio sinistro e stringo la cinghia. Regolo la data:"23 Novembre 2015", il giorno in cui ho lasciato la mia vecchia vita, e l'indirizzo di casa di mia zia. Faccio un sospiro e premo il bottone.
Vengo scaraventata per terra e rotolo su un tappeto di foglie secche che, per fortuna, attutisce il colpo. Mi alzo e scrollo via il fogliame dal vestito e dai capelli. La testa mi gira e ci impiego un po' a mettere a fuoco. Mi trovo nel giardino, da dove posso vedere l'interno della casa, attraverso le finestre. La mia attenzione viene attirata da Lady che sta, probabilmente, cacciando un topolino o una lucertola. Il freddo autunnale, mi punge la pelle, riparata solo da un leggero vestito estivo. Saranno le cinque del pomeriggio, il sole è calato quasi del tutto e le luci di casa sono già accese. Entro dalla porta d'ingresso, seguita da Lady che mi passa tra le gambe correndo goffamente, facendomi incespicare.
"Alaska! Sei tu?" Chiede mia zia dalla cucina.
"Sì!"
"Dove sei stata? Hai bruciato lo stufato!" Stufato? Sono passati due anni, figuriamoci se mi ricordo dello stufato.
"Ehm, scusa! Ero... nel bosco."
Non risponde, per qui salgo in camera mia. Apro lentamente la porta e mi viene un tuffo al cuore. È tutto così... Così me. Le foto, le candele profumate alla cannella, le lucine intorno al letto, la valanga di cuscini che ricopre il piumone, la quantità industriale di libri sparsi ovunque... Non pensavo che questa stanza potesse mancarmi così tanto. Mi cambio velocemente. Indosso dei jeans skinny blu scuro, una camicetta a quadri rossi, bianchi e neri, un maglione bianco di lana che mi copre metà coscia e degli stivaletti beige. Mi trucco con un filo di eye-liner e mascara, prendo il cellulare, le chiavi, i soldi e metto tutto in una borsa dello stesso colore degli stivali.
Scendo veloce le scale e chiedo alla zia se posso usare la macchina. Lei mi squadra per qualche secondo e poi dice:"Hai qualcosa di diverso."
Non ci vediamo da due anni, sarò anche cambiata. "Ehm, ho cambiato fondotinta." Dico, cercando di essere il più convincente possibile.
"Mmmh, ok. Ma torna prima delle otto."
"Grazie!" Esulto. Cerco il mio cappotto ma non lo trovo. Poi mi ricordo di averlo lasciato sul TARDIS l'ultima volta. Pazienza. Corro in camera mia e ne prendo uno color caffè latte molto carino. Metto un cappellino porpora come la grossa sciarpa che avvolgo al collo. Finalmente esco. Apro il maggiolino azzurro confetto della zia e salgo. "Ok, vediamo se mi ricordo come si guida." Infilo la chiave, metto la cintura e parto, inizialmente un po' titubante ma, alla fine è come andare in bicicletta. Esco dal viale sterrato, costeggiato da campi terrosi e da alberi spogli e arrivo su una strada che porta dritta in città. Accendo la radio anche se non riesco ad ascoltarla. Sono troppo assorta dai miei pensieri, dalle mie preoccupazioni.
Raggiungo la città in circa mezz'ora, ma non ho nessuna voglia di rimanere imbottigliata nel traffico, quindi parcheggio e prendo la metro per raggiungere il centro. Il treno arriva leggermente in ritardo, ma io non ho alcuna fretta. Trovo un posto libero e mi siedo. Dopo due fermate entra una signora anziana, dai capelli lunghi e bianchi, una gobba piuttosto vistosa e la pelle molto raggrinzita. Nonostante ciò, i suoi occhi verdi brillano di una vitalità contrastante con il resto del suo aspetto. Per educazione mi alzo e la lascio sedere. Lei mi ringrazia, si siede e poi mi afferra una mano. Me la stringe tra le sue, mi guarda negli occhi provocandomi una sensazione strana, come di ineguatezza, e accenna un sorriso. Quando mi lascia, nella mia mano c'è qualcosa: un biglietto. "La magia si combatte con la magia, l'odio con l'amore, la fame di potere con l'umiltà. Quando sarà il momento, i fuochi vi indicheranno la strada. Forse non tutto è perduto. Il futuro di Albione è ancora una volta nelle vostre mani."
Guardo la donna, stranita e confusa:"Che cosa vuol dire?" Chiedo ma lei non mi risponde, è come se neanche esistessi, sta guardando da un'altra parte, nel vuoto. "Chi sei?"
Ora il suo sguardo si sposta lentamente verso di me. Mi scruta, mi osserva come se mi stesse leggendo. Schiude le labbra, prende un sospiro e si alza con uno sforzo che mi pare che si possa rompere da un momento all'altro. Finalmente pronuncia qualcosa: "È la mia fermata, signorina." Dice, spostandomi con un braccio e scendendo dal treno. Stringo i pugni, stropicciando il biglietto. Questo incontro mi ha lasciata ancora più confusa e spaventata.

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