Capitolo 23

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~Merlino~
"Come sta?" Domanda il Dottore quando lo raggiungo nella sala di controllo.
"Male." Rispondo. "Non mangia, non dorme... Non ha neanche voluto i pancakes di Clara."
"Era così quando l'ho incontrata per la prima volta."
"E cosa hai fatto?"
"Le ho mostrato l'universo."

~Alaska~
Me ne sto a deprimermi nella mia stanza al buio, senza alcuna intenzione di alzarmi dal letto, quando il TARDIS comincia a decollare.
"Se pensano che me ne uscirò da qui..." Borbotto. Ma neanche il tempo di girarmi dall'altra parte, che Merlino spalanca la porta facendo entrare un fascio di luce proveniente dal corridoio che mi fa bruciare gli occhi.
"La luce! Vuoi accecarmi!?" Ringhio.
"Forza, fuori dal letto!" Esclama lui, togliendomi le coperte e facendomi rabbrividire. Ma io mi rannicchio e mi rigiro dall'altra parte.
"Okay, se con le buone non ti alzi..." Dice lui afferrandomi e caricandomi sulla sua spalla.
"Ma che fai?!" Scalcio, urlo e gli do pugni sulla schiena, ma lui mi ignora completamente e mi trasporta fino alla sala di controllo.
"Non potete costringermi ad uscire." Strillo mentre cerco di appendermi da qualche parte, invano.
"Si che possiamo, lo stiamo facendo!" Ribatte il Dottore.
"Clara, diglielo tu."
"Scusami Alaska." Risponde "Hanno ragione loro."
Sbuffo e mi lascio penzolare mentre Merlino mi trascina fuori dal TARDIS.
"Sono in camicia da notte..." Borbotto.
Merlino mi posa a terra e il Dottore mi lancia un paio delle mie vecchie All Star blu. Sbuffo e me le infilo.
"Questa non è Las Vegas, Dottore." Si lamenta Clara "Seriamente? Hai sbagliato di nuovo!"
"Non ho sbagliato! È il TARDIS che ci ha portati qui."
"Beh, almeno questa volta non ci siamo vestiti per l'occasione per poi finire in un sottomarino russo con dentro un alieno assassino durante la guerra fredda." Dice tutto d'un fiato.
Mi guardo intorno. Il sole splende riscaldandomi le braccia. Ci troviamo in un enorme giardino in fiore. Una stradina sterrata, costeggiata da enormi cespugli di rose rosa, conduce ad un cancello in pietra. Varcato il cancello, una graziosa fontana bianca con una sirena scolpita occupa il centro del giardino verde. La stradina prosegue oltre la fontana fino a raggiungere una gigantesca villa. Dai due grossi balconi ricade una cascata di ciclamini che colora il muro bianco della casa. Una larga scalinata in pietra conduce all'ingresso, un imponente portone color mogano costeggiato da due colonne sulle quali una pianta rampicante dai fiori viola si aggrappa attorcigliandosi su se stessa.
"Dove siamo?" Chiedo.
"Inghilterra, fine 800." Risponde sicuro il Dottore.
"A chi appartiene questa villa?"
"Non lo so. Ma se il TARDIS ci ha portati qui un motivo ci sarà. Quindi, perché non lo scopriamo?" Afferra saldamente il batacchio ma prima di poter bussare una voce proveniente da dietro di noi ci fa voltare.
"Siete venuti a portare via mia sorella?" Una bambina ci fissa con due grossi occhi curiosi verde smeraldo. Se ne sta lì, con il naso all'insù e le manine dietro alla schiena in attesa di una nostra risposta. Porta i capelli legati in due spesse e lunghe trecce dorate che ricadono su un vestitino azzurro.
Una donna arriva correndo e appoggia la mano sulla spalla della bimba che non si scompone.
"Quante - volte - dovrò ripe- ter- ti di non - scap -pa -re!" La rimprovera la signora cercando di riprendere fiato.
Avrà una cinquantina di anni, indossa un lungo  vestito grigio e porta i capelli raccolti con un foulard.
Quando si ricompone ci domanda chi siamo.
"Io sono il Dottore e loro sono Merlino, Clara e Alaska."
"È un dottore? Allora forse potrà aiutarci." Esclama la donna spalancando la porta. "Ma devo avvertirla, la situazione è molto delicata." Sussurra come se temesse che qualcun altro potesse sentirla. "Io sono Avila, la tata delle bambine." Poi allunga la mano verso la bimba che l'afferra saltellando "Vieni Beatrix."
Entriamo nell'enorme casa. Un lungo tappeto rosso si distende fino all'imponente scala che conduce al piano superiore. Il pavimento e l'arredamento sono in legno di ciliegio.
Un maggiordomo si avvicina.
"Lui è Wilson, il maggiordomo." Ci spiega Avila, poi dà indicazioni all'uomo:"Wilson, lui è il dottore. Per favore, accompagna i nostri ospiti dalla paziente."
"Da questa parte." Dice il maggiordomo con voce profonda. Ha dei buffi baffi candidi e degli occhiali tondi appoggiati alla punta del lungo naso. Ci scorta al piano di sopra fino ad una stanza chiusa alla quale bussa:"Lady Moon, il dottore è qui."
Aspetta, Moon? Magari sono dei miei antenati.
"Fatelo entrare." Risponde una voce femminile.
La stanza è buia. Distesa su un letto a baldacchino vi è una ragazza sui 14-15 anni dai capelli rossi e lisci e gli occhi verdi. Intorno a lei delle domestiche le rimboccano le coperte e le bagnano la fronte con una pezza. La poveretta non sembra messa per niente bene. È pallida e ha la fronte imperlata di sudore. Lady Moon si avvicina. "Dottore, può aiutare mia figlia? Non dorme da giorni, è tormentata da incubi e dice di vedere delle ombre, come fantasmi. È terrorizzata. Da quando tutto ciò è iniziato, un paio di mesi fa, non sembra più la stessa." Spiega agitata.
Il Dottore si avvicina alla ragazza e si accoscia di fianco a lei.
"Ciao, sono il Dottore, sono qui per aiutarti. Come ti chiami?"
La ragazza si volta lentamente verso di lui: "Celia" sussurra "Celia Moon."
"Ok, Celia. Raccontami cosa sta succedendo."
"Pensano che sia pazza, che sia una visionaria."
"Chi lo pensa?"
"Gli altri dottori che sono venuti a visitarmi."
"È una fortuna che io non sia *gli altri dottori* allora. Che cosa ti spaventa."
"Le ombre."
"Che tipo di ombre."
"Ombre senza un corpo. Loro vengono la notte."
"E cosa fanno?"
"Sussurrano."
"Cosa sussurrano?"
"L'erede sta per arrivare."
Mentre Celia parla una sensazione opprimente si impossessa di me e mi sento terribilmente osservata. Mi guardo intorno ma tutti i presenti nella stanza sono concentrati sulla ragazza. La sensazione diventa sempre più forte e la testa comincia a girarmi, i suoni si fanno ovattati e un sibilo fastidioso risuona nelle mie orecchie.
"Alaska?" Il volto sfocato di Merlino è l'ultima cosa che vedo.
Mi risveglio in un salotto, su un morbido sofà vicino ad un camino scoppiettante. Il Dottore è seduto su una poltrona, Clara e Lady Moon su un altro sofà mentre Merlino cammina nervosamente avanti e indietro. Mi rendo conto di avere la sua giacca messa addosso, come coperta. Mi tiro su a fatica mettendomi seduta.
"Come ti senti?" Domanda il Dottore mentre Merlino si siede di fianco a me.
"Bene, credo."
Wilson entra nel salotto e con voce pacata annuncia:"Il pranzo sarà servito a momenti. Intanto i nostri ospiti possono recarsi nelle loro stanze per rinfrescarsi e" mi fissa con aria di disappunto e dice:"cambiarsi." Mi rendo conto di indossare ancora la mia camicia da notte e le All Star.
Il maggiordomo ci guida fino alle nostre stanze ma, per raggiungerle dobbiamo attraversare un lungo corridoio.
All'improvviso tutto sembra diventare più freddo e il sibilo che avevo sentito prima si ripresenta, questa volta però riesco a captare delle parole "L'erede è qui."
Mi immobilizzo rigida ascoltando la stessa frase che si ripete in continuazione ma sempre più vicina, sempre più vicina. Un brivido mi raggela il sangue. Il sibilo sembra essere proprio sul mio collo e poi si allontana dietro di me per sparire, infine, del tutto. Mi giro ma non c'è nessuno. Raggiungo a gran passo il gruppo e Wilson ci lascia davanti alle nostre stanze, congedandosi.

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