CAPITOLO 1

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"Quante volte è successo? " borbottó mia sorella.
Aprii un occhio e guardai lungo il canyon che divideva i nostri due letti. Joelle aveva i capelli identici ai miei, rossi, ma esibiva un taglio che la faceva sembrare più giovane, troppo giovane per essere incinta. Sissignori, incinta: a casa dal primo anno di università e incinta. Io ho 17 anni, due anni meno di lei, ma ho più buonsenso di quanto ne avrà mai la mia sorellina a 47.
"Allora quante volte?"
"Quattro".
"Quattro!".
Erano le otto, e la riunione era fissata per le otto e mezza. Mi misi a rovistare tra gli abiti puliti, alla disperata ricerca di qualcosa da mettermi; non era questo il modo in cui avrei voluto cominciasse il mio lavoro estivo al Campo Raggio di Sole.
"Non dimenticarti di chiudere la lampo" mi gridó dietro Joelle mentre correvo fuori dal bagno tirandomi su i pantaloncini. Ci ero rimasta il tempo necessario per vedere, in un attimo di sosta davanti allo specchio, che i miei occhi castani sembravano stagni torbidi, e che i capelli erano diventati elettrici per l'umidità. Mi misi il casco e mi precipitai fuori.
Mentre pedalavo verso il campus, sudando sotto il sole implacabile, non riuscivo a togliermi dalla testa il sogno; e la realtà. L'ultima volta si era trattato di Tim e Katy, mentre al ballo studentesco erano Peter e Katy, e alla festa di primavera erano George e Katy, e per il torneo di basket...insomma, era sempre la stessa storia, cambiavano solo i protagonisti maschili, alias i ragazzi. Riempire lo spazio bianco: ogni volta che uscivo con qualcuno, subito ci usciva anche lei.
Chi poteva darle torto? Katy è delicata, ha gli occhi grigi da cerbiatta ed è bionda come un angelo. Ha la risata squillante, le gambe lunghe e il collo sottile di una ballerina. La mia timida compagna di banco alla scuola elementare si era in qualche modo trasformata in uno splendido cigno mentre io, beh, ero rimasta quella di sempre: sottile come un'acciuga, con una massa di capelli rossi perennemente scomposti, modello scopettone.
Ero assorta in questo ed altri filosofici pensieri quando mi ritrovai a saltellare giù dagli scalini che portavano al centro studentesco. Naturalmente persi il controllo della bicicletta, e per poco non centrai in pieno una ragazza e un ragazzo armato di chitarra.
Sfrecciai in mezzo a loro come un proiettile poi, rosa dal senso di colpa, tornai indietro a vedere se si erano fatti male. Tranquilli, non li avevo uccisi. Semplicemente, mi rivolsero uno di quegli sguardi lividi che parlano da soli. Della serie: "Sparisci, o ti strangoliamo con le nostre mani".
"Scusatemi. Mi dispiace moltissimo. Mi ero scordata l'ultima curva".
"Perché non passi dal viale? Ci sono anche le scale mobili. Potrebbe essere divertente, non credi?"disse la ragazza. Era nera, con gli zigomi alti e gli occhi scuri, grandi come fanali: bellissima! Il ragazzo, invece, mi fissava in un modo che non mi piaceva affatto, con quegli occhioni blu color tempesta e un mezzo sorrisetto stampato sulle labbra.
Abbassai lo sguardo sui miei pantaloncini: avevo dimenticato di tirare su la cerniera lampo.
"Sono in ritardo" mi giustificai.
"Non me ne importa niente" rispose lui.
Desisamente un uomo di poche parole.
Tagliai la corda il più rapidamente possibile (erano già le otto e tretacinque) per scoprire che la riunione era solo alle 9 e mezza. Le nove e mezza! Crollai esausta e affranta sul sedile della bicicletta.
Fortunatamente un meraviglioso profumo di uova e prosciutto proveniva dalla mensa, il che bastò a farmi ritrovare il buonumore nel giro di un paio di secondi. Entrai e mi misi in coda. Stavo giusto studiando il menù quando al mio orecchio giunse una voce che in un attimo mi fece dimenticare tutte le disavventure della mattinata. Era una voce che mi era ben nota, fin dal corso di storia che avevo frequentato l'anno passato. Una voce che conoscevo dagli allenamenti con la squadra di basket femminile. Una voce che io e Katy, come un'altro milione di ragazze, non avevamo mancato di registrare sul telefono il giorno che lo avevano intervistato alla televisione. Era la voce di Luke Hartley, il fusto più fusto che ci fosse nel raggio di mille miglia.
Si diceva che si stesse allenando per le Olimpiadi, ma tutto quello che sapevo di lui era che quando si faceva vedere al bar della scuola, i cuori delle ragazze ingranavano la quarta. Ma lui, imperturbabile, non usciva con nessuna. Era troppo preso dalla ginnastica per potersi dedicare all'esercito di pupe adorati che se lo mangiavano con gli occhi, pronte a scattare in attesa di un suo cenno.
"Hai già scelto?" Mi chiese un ragazzo in coda dietro di me. Pensai di aver rallentato la fila.
"Certo" risposi frettolosamente.
"E allora" disse "lasci prendere qualcosa anche a noi?".
Mi girai. Era il ragazzo con la chitarra che poco prima avevo rischiato di mettere sotto. Sorrideva. Sorrideva sempre, il tipo.
"Mi stavo chiedendo" aggiunse "se eri in ritardo per la colazione, o per lui". E fece un cenno nella direzione di Luke.
"Ho una riunione" replicai irritata. "Pensavo che fosse alle otto e mezza, e invece è un'ora dopo".
"Ma no!" disse, come se la cosa gli interessasse davvero.
"Ma sì! " lo scimmiottai. "Uova strapazzate, doppia salsiccia e patate fritte". Dissi alla signora della mensa e cercai di allontanarmi.
"Frittelle" ordinó lui, e poi si voltò ancora verso di me. "Andrai a sederti vicino a lui?".
"Affari miei! A te che te ne importa?" gli domandai. Ma che sfacciato! Neanche mi conosce e si permette di farsi i fatti miei!
"Niente" ammise. "Ma se fossi in te darei un'occhiata alla tua camicia. Almeno che tu non l'abbia fatto apposta..."
Per una volta, lo ascoltai. In effetti l'avevo abbottonata male, tanto che si vedeva il reggiseno rosso che mi aveva prestato mia sorella. Avvampando, corsi ai ripari.
Mentre mi riaggiustavo la camicia, il ragazzo guardò dall'altra parte con fare discreto. Ridacchiando, come sempre.
Fortunatamente Luke si era perso la patetica scena, preso com'era dalla montagna di cibo che troneggiava sul suo vassoio. Pare che qualche giorno prima si fosse lamentato perché alla mensa si rifiutavano di servire uova a basso contenuto di colesterolo. Balle, secondo me.
La gente in coda, intanto, cominciava a diventare impaziente.
"Immagino prenda il suo corpo molto sul serio" disse il ragazzo dietro di me facendo riferimento a Luke.
"Anche tu lo faresti, se lo avessi come il suo".
"Forse" disse, e cominciò a frugarsi nelle tasche.
Lo imitai. Due volte. Ma alla prima mi era già chiaro che ero completamente al verde.
"Prova a controllare nella calza" mi suggerí. "Quella rosa".
Non so perché lo ascoltai, ma in effetti aveva ragione lui: indossavo una calza bianca e una rosa. Di male in peggio!
Il ragazzo quando vide la mia faccia scoppió a ridere. Lo fulminai con lo sguardo. Si può essere più irritante?
"Pensi di avere il tempo, prima della riunione, di lavare i piatti in cucina?" domandó.
"Segneranno il debito" dissi, cercando di apparire tranquilla. In realtà ero tentata di farmi almeno le salsicce, prima che mi obbligassero a restituire tutto, causa mancato pagamento.
Quando arriviamo alla cassa, sorrisi alla ragazza: "Non ci crederai, ma..."
"Pago io per lei" finisce il ragazzo dietro di me.
"Di coppie strane ne ho viste" osservò brusca la cassiera. "Ma voi le battete tutte".
Presi il vassoio e mi diressi verso un tavolo a caso, chiedendomi cosa mai diavolo avesse voluto dire, la tipa. Intanto, il ragazzo mi stava alle calcagna.
"Vuoi sederti con me?" mi chiese.
"A questo punto, credo di non avere scelta".
"Non sei obbligata" rispose risentito. "Il mio era solo un invito". Si diresse verso un'altro tavolo, e prese posto, dandomi le spalle. Mi aveva appena salvata da una situazione imbarazzante, non era il caso di fare l'antipatica col lui, per quanto mi desse sui nervi.
Andai da lui."Posso sedermi?" gli chiesi, scesa a più miti consigli.
Lui esitó. Poi annuì.
Quando mi fui accomodata, lui spinse verso di me il sale e il pepe. "Mi chiamo Jack".
"Cristal" replicai.
Mi sorrise. I suoi occhi erano blu come i freddi mari del nord, mentre le ciglia erano lunghe e scure, come i suoi capelli.
Mi concentrai sulle uova, ma non potei fare a meno di sbirciare Luke, che in quel momento ci stava passando accanto armato di vassoio. Jack seguì il mio sguardo, poi mangiammo in silenzio per qualche minuto.
"Adori andare in giro con il casco?"mi chiese alla fine.
"Mi sono svegliata tardi e non ho fatto in tempo a legami i capelli. Quando il tempo è umido, diventano elettrici. Un vero schifo. Motivo per cui mi sono lasciata il casco in testa" gli spiegai semplicemente.
"Sono rossi?".
Lo guardai sorpresa.
"Hai le sopracciglia rosse" mi spiegò.
"Castani con riflessi ramati" lo corressi. Non mi piaceva immaginarmi con i capelli color carota.
"Posso vedere?".
"Cosa?".
"Posso vedere i tuoi capelli con riflessi ramati?".
Oh, questo era troppo. Persi le staffe.
"Hai già visto il reggiseno di mia sorella, la mia calza rosa, e la cerniera lampo abbassata" esclamai. "Non ti basta?".
Mi faceva sentire un fenomeno da baraccone!
Improvvisamente scese il silenzio attorno a noi. Luke, che sedeva qualche tavolo più in là, si voltò a guardarci, poi tornò alla sua colazione. Jack stava ridacchiando tenendosi il viso con le mani.
Ma quando mi slacciai il casco e me lo tolsi, smise di ridere. Rimase a guardarmi, come incantato. Ricambiai lo sguardo, tentando di domare quella specie di foresta che erano i miei capelli, quindi mi dedicai alle mie uova strapazzate. Non mi venne in mente niente di interessante da dire. Masticavo e intanto mi concentravo sulle spalle larghe di Luke Hartley, chiedendomi perché mai fosse lì.
"Il tuo amico Sbattiuova" disse Jack. "Sì sta allenando con la squadra di ginnasti? Ho sentito che sono i più forti nella regione".
"Cosa?" domandai. "Vorresti dire che Luke rimarrà qui tutta l'estate?"
Tutta l'estate con me? Che pensiero stupendo. Luke ed io nello stesso campus, e Katy lontana, in tournée con qualche compagnia di ballo. Ma più ci pensavo, più mi assaliva il senso di colpa.
"Stai arrossendo" osservò Jack.
Mi sfregai le guance. Finiamo di mangiare in silenzio. E a me andava benissimo così. A proposito, la sapete una cosa? Le vie del sogno sono infinite.

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora