CAPITOLO 19

190 12 2
                                    

Stavo aspettando il suo bacio. Ero sicura che un lungo, tenero bacio dato con l'anima avrebbe cambiato tutto. Ci speravo, come quel lunedì sera avevo creduto che una volta sola con lui, tutto sarebbe stato diverso.
Prima, a cena, non aveva fatto altro che parlare dei suoi allenamenti. Mi aveva portata in un ristorante vegetariano, dove i piatti forti erano insalate e verdure di ogni genere.
"Ho pensato ti piacesse, qui. In fondo, si può dire che anche tu sia un'alteta".
"Sono un'alteta".
Probabilmente non si era preso la briga di ascoltarmi, perché un'ora e mezza più tardi, a teatro, stava ridendo come in pazzo alle battute di un attore sulle donne che fanno sport. Aveva riso molto di meno nello sketch successivo, in cui un'attrice aveva tenuto un lungo, esilarante monologo sul tema <<I maschi, questi sconosciuti>>.
Al termine dello spettacolo, mi aveva accompagnata a casa.
"Sto bene con te" mi disse.
Morivo dalla voglia di cronometrare la nostra 'buonanotte', sperando che fosse lunga almeno quanto quella di Jack e Katy.
"Mi piace parlare con te, Cristal" mi venne vicino, e i suoi occhi verdi brillavano alla luce del lampione.
Io sorrisi, in attesa.
"Sai ascoltare, e sei così bella" aggiunse timidamente. Mi stavo letteralmente sciogliendo.
Poi mi attirò a sé. "Cristal" sospirò.
Ecco, ci siamo! Il bacio! pensai.
E subito dopo pensai: non mi piace l'odore della sua pelle! Le sue labbra sfiorarono le mie, mentre le sue forti braccia mi attiravano a sé, chiudendomi come in una morsa. Fu allora che mi baciò. Un bacio lungo, interminabile, eterno. Troppo eterno, tanto che non vedevo l'ora che finisse. Era come baciare un bambolotto di plastica.
"Fatto? Bene, grazie" gli dissi, indietreggiando.
"Ci vediamo sabato prossimo" domandó, con il cuore in gola. "Possiamo tornare in quel ristorantino, e poi potresti venire ad assistere ai miei allenamenti. Ti va?".
"Ti telefono".

Jack e Katy se la spassavano alla grande, così almeno sembrava. Sabato erano stati fuori fin dopo mezzanotte, avevo saputo dalla madre di Katy, e la domenica si erano visti di nuovo. Pareva che la Coppia Ideale funzionasse, sfidando ogni previsione.
Io, invece, brancolavo nel buio. Insomma, sul mio futuro sentimentale gravava una calma piatta, di quelle che presto o tardi sfociano in tempesta. Di una sola cosa ero certa: avrei preferito che Joelle avesse seguito i miei genitori al congresso. Una settimana da sola, con i miei pensieri come unici compagni, sarebbe stato un toccasana per me. Mamma e papà mi avevano lasciato una lunghissima lista di numeri telefonici, le cosiddette emergenze. Per Joelle, naturalmente, nel caso fosse sorto qualche problema al suo pancione: come se fossi stata la sua baby sitter. È vero che durante la loro ultima conferenza la mia cara sorellona era riuscita a mandare a fuoco le tende della cucina e avevamo dovuto chiamare i pompieri. Ma ora che si apprestava a diventare mamma, ero stufa di dover recitare la parte di quella con la testa sulle spalle.
"Continui a sospirare" mi disse Joelle. "Come è andata ieri sera?".
"Bene"
"Bene...e basta?".
"Non è sufficiente?".
Joelle sprofondó in poltrona, allungando le gambe sulla sedia di fronte, le mani sul ventre, quasi a proteggere la sua creatura.
"La verità è che non sono innamorata di Luke".
"Luke? Oh, su questo non ho mai avuto dubbi. Luke! Puah! Dolcezza, dov'è finito il tuo buongusto?".
Guardai altrove. Joelle aveva il tipico sguardo da sorella non-mi-freghi-tanto-so-tutto, e avevo paura che avesse già intuito quello che io invece non osavo confessare neanche a me stessa.
Mi sorrise. "Piuttosto mi chiedo quanto ci metterai a capire chi è che desideri veramente".
Sospirai. "Sarà sempre troppo tardi".

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora